“Quello che salta all’occhio è che le minacce arrivino proprio ora che Albena sta trovando degli accordi con i sindaci locali”, dice l’esperto per l’Europa orientale di Greenpeace, Jan Haverkamp: “I sindaci stavano giusto iniziando ad agire contro la centrale di Belene”.
Ad inizio dicembre, infatti, molti di loro si sono rivolti alla principale impresa elettrica tedesca, la RWE (tra le maggiori d’Europa), chiedendo di non finanziare il progetto. Pur avendo saputo delle minacce agli attivisti, l’impresa non ha intenzione di ritirare l’investimento da un miliardo e mezzo di euro nella costruzione della centrale.
Inoltre, la regione in cui sorge a Belene è a rischio di terremoti. Proprio per questo e per la mancanza di fondi la realizzazione di un progetto nucleare in quest’area era stata già interrotta con la fine dell’Unione Sovietica.
Per permettere l’entrata nell’UE, nel 2007 sono stati disattivati quattro dei sei reattori dell’unica centrale bulgara. Ed è stato proprio per compensare questa rinuncia che è stato riabilitato il progetto di Belene.
Il rischio sismico nella regione è alto: l’ente di scienze geografiche tedesco BGR, prevede terremoti di grado 8,5 sulla scala Richter. La protesta dell’organizzazione politico-ambientale tedesca Campact insiste sul pericolo dei terremoti. L’undici dicembre, un centinaio di attivisti muniti di cartelli gialli bloccavano l’entrata al centro RWE di Essen. I cartelloni dicevano: “Giù le mani da Belene. Nessun reattore su terreno instabile”. 18.000 “cartoline” firmate da oppositori di tutto il mondo chiedevano di sospendere il finanziamento. Così la decisione dell’azienda è stata rinviata, i manifestanti hanno guadagnato tempo e stanno programmando ulteriori dimostrazioni e raccolte di firme.Ma anche se RWE non finanzierà il progetto, il problema rimane: la centrale di Belene è già in costruzione e nel 2011 dovrebbe entrare in funzione. Starebbe anche ai bulgari protestare, ma ora persone come Petko e Albena temono per la propria vita.
1 Gennaio 2009 - Scrivi un commento