Le api in pericolo affameranno il Pianeta

Persi in Italia 200.000 alveari. In un mondo che non sa riconoscere il valore delle piccole cose e tutelarle siamo tutti a rischio di estinzione.

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di Daniela Mazzoli


Non so quanti abbiano visto, uscito di recente, il bellissimo film d’animazione ‘Bee Movie’. Raccontava la storia di un’ape e del suo mondo nell’alveare, della perfetta organizzazione sociale che regola la vita di questi piccoli esseri tanto utili all’uomo e spesso ignorati, sottovalutati, sfruttati.

Nel racconto si ipotizza anche che le api, offese e furiose perché gli uomini rubano e fanno commercio del nettare che loro con tanta fatica producono, si mettono in sciopero e decidono di non lavorare più. Succede che il disastro si estende ben oltre la mancanza di miele e diventa in breve tempo disastro ecologico di proporzioni mondiali.

Se le api non impollinano, le piante non producono più frutto, l’erba non cresce, gli animali non mangiano, gli uomini non hanno di che nutrirsi. Bene, la realtà non ha superato ma sta lentamente raggiungendo la più angosciosa delle fantasie.

È di questi giorni, infatti, l’allarmante notizia che 200 mila alveari in Italia –ma anche nel resto d’Europa e negli Stati Uniti la situazione è preoccupante- sono andati persi, distrutti, svuotati. Le api muoiono: colpa delle variazioni climatiche, dell’inquinamento, dei veleni umani. Povere creature!

Così laboriose –era l’aggettivo più usato a scuola quando si parlava delle api- e così maltrattate. Ma veniamo ai danni per noi, se proprio non riusciamo ad avere altro obiettivo che il personale benessere… Si stimano danni per l’economia nazionale pari a 250 milioni di euro!

Sono a rischio anche alcune varietà di frutta e di carne: mele, pere, mandorle, agrumi, pesche, kiwi, castagne, ciliegie, albicocche, susine, meloni, cocomeri, pomodori, zucchine, soia, girasole, erba medica, trifoglio e tutti gli animali la cui alimentazione dipende da questi prodotti.

I delicati equilibri dell’ecosistema dipendono non tanto dalle grandi aziende, dai grandi produttori, dalle multinazionali (se non, sempre, in senso negativo) ma da piccoli insetti trascurabili che lavorano senza percepire salario né pensione. Lavorano e basta.

Lavorano con un apporto al mondo agricolo di 1.600 milioni di euro l’anno, più o meno 1.240 euro al alveare. L’uomo, che sa dimostrare la propria giusta gratitudine per il bene che riceve, pare non sia in grado di farle star bene all’interno degli alveari-lager in cui le alleva.

Pare che le tenga in cattive condizioni igieniche e che da queste cattive condizioni igieniche derivi la presenza di un acaro terribile che attacca e distrugge le nidiate di nuove api. Così, colpa dei fattori esterni e dei nemici interni, nel giro di qualche decina d’anni le api potrebbero trovarsi a rischio estinzione.

Le api sono uno specchio in cui sarà opportuno guardare per capire in che direzione sta procedendo a passo sostenuto il nostro futuro. Muoiono perché l’acqua è inquinata, perché il pascolo non è buono, perché il territorio è avvelenato.

I prati non sono più quelli di una volta… Ma ci sono anche i fitofarmaci che vengono loro somministrati a far danno e l’elettromagnetismo in crescita esponenziale. Se l’ambiente risulta velenoso e mortifero per loro perché non dovrebbe esserlo ugualmente per noi?

Dei disastri ecologici prodotti dall’immondizia si sta lentamente prendendo coscienza grazie agli avvenimenti nel napoletano ma è solo la punta dell’icerberg, quella. Anche l’immondizia entra a far parte del ciclo di produzione, finisce in ciò che beviamo e mangiamo.

Sarà il caso di pensarci bene e di organizzarsi per invertire il senso di marcia. Non si potrà pensare ancora troppo a lungo al profitto come unico scopo dell’esistenza. Non si potrà far altro che guadagnare a scapito di qualcosa o di qualcuno. Le api, che non hanno altri mezzi, per adesso si limitano a morire. Non possono far altro. Nel film della Dreamworks le cose finivano bene e la natura tornava a fiorire. Speriamo che gli sceneggiatori della realtà sappiano costruire un finale altrettanto buono.

29 Gennaio 2008 - Scrivi un commento
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