Nucleare: si riaccende il dibattito

Il governo sembra non avere dubbi: l’Italia tornerà al nucleare. Eppure molti sono gli inconvenienti di natura economica, pratica ed ecologica. Analizziamo le considerazioni dell’ASPO-Italia.

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di Virginia Greco


A 20 anni dal referendum che bandì le centrali nucleari dal territorio italiano, il dibattito sull’energia nucleare è tornato fortemente in auge negli ultimi tempi, in seguito alla prospettiva paventata dall’attuale Governo di reintrodurre tale fonte nel carnet di quelle impiegate nel nostro Paese.

Ovviamente ciò ha suscitato forti polemiche e arroccamenti sull’una o l’altra posizione, prevalentemente sulla base di etichette politiche, che vedono storicamente l’energia nucleare come fonte di “destra” e quelle rinnovabili come baluardo della “sinistra”. Atteggiamento questo – in generale – errato e miope per ambo le parti. La questione è alquanto delicata, essendo fondamentale per il futuro dell’Italia e del mondo in generale, e va analizzata con accortezza.

Analogamente incauto e scorretto è stato il comportamento del Governo che, un mese fa, ha presentato un emendamento (all’art.15 del disegno di legge AC 1441), tramite il quale il nucleare viene equiparato alle fonti rinnovabili nella scala di precedenza tra le fonti energetiche che possono essere connesse alla rete elettrica nazionale.

La faccenda è stata notata da pochi, ma Massimo Varriale, esperto di energia del WWF, ha provveduto a darne l’allarme tramite un comunicato stampa e durante altre manifestazioni a cui si è trovato a partecipare. Secondo Varriale, si tratterebbe di “un tentativo di porre l’energia nucleare in quella posizione privilegiata che dovrebbe essere destinata alle fonti pulite e ad alta efficienza”. Inoltre c’è il rischio di ingenerare confusione, cioè di indurre a credere che il nucleare sia una fonte rinnovabile: cosa falsa, visto che dipende dall’approvvigionamento di uranio, il quale è una risorsa limitata ed esauribile, come i combustibili di origine fossile.

A seguito del recente accendersi delle discussioni in questo ambito, ASPO-Italia, sezione italiana dell’omonima associazione internazionale che studia l’esaurimento delle risorse petrolifere, ha redatto un documento in cui vengono illustrati in maniera sintetica, ma efficace, i punti salienti sui quali si deve concentrare la riflessione, nel momento in cui si voglia valutare l’opportunità di ricorrere al nucleare per garantirsi un futuro energetico. Ovviamente, sebbene le questioni chiave siano uguali per ogni paese del mondo, l’attenzione è focalizzata sull’Italia.

- Costi. Si riferisce spesso che l’impiego del nucleare comporti costi molto inferiori rispetto ad altre tecnologie; di fatto, ciò è il risultato di una valutazione incompleta, che non tiene opportunamente in conto i costi legati alla costruzione, messa in opera, manutenzione, smantellamento (a fine ciclo) e realizzazione di sistemi di sicurezza e di protezione. Se si prende in considerazione tutto ciò, ci si rende conto che il nucleare non è affatto competitivo in termini economici come potrebbe sembrare.

- Resa energetica. Esiste un parametro, detto EROEI (Energy Return On Energy Invested), usato per valutare il rapporto tra l’energia prodotta dalla singola centrale durante la sua vita attiva e tutti i costi connessi, vale a dire – in pratica – la sua resa energetica. Il valore di tale parametro per le centrali nucleari è piuttosto accettabile, ma non è superiore a quello degli impianti ad energie rinnovabili al momento esistenti.

- Disponibilità di combustibile. Le risorse di uranio note al momento non sarebbero in grado di sostenere un incremento massiccio di produzione di energia tramite tecnologia nucleare, se non per un decennio. Esistono possibilità che in futuro si possano sfruttare risorse di uranio oggi non utilizzabili (a patto di investire nello sviluppo di tecnologie avanzate), ma le quantità non sarebbero comunque cospicue. L’uranio, in definitiva, è una fonte esauribile e non rinnovabile, esattamente come i combustibili fossili.


- Scorie radioattive. La questione più spinosa è senza dubbio quella dello smaltimento dei “rifiuti” generati durante la produzione di energia nucleare (tramite processo di fusione): essi sono altamente radioattivi (per cui molto dannosi) e il loro decadimento avviene nell’arco di migliaia di anni. L’eventuale moltiplicazione delle centrali nucleari dovrebbe, dunque, essere accompagnata dalla predisposizione di siti capienti e sicuri per lo stoccaggio di elevatissime quantità di scorie.

- Sicurezza. Sebbene le centrali nucleari siano al momento alquanto affidabili sul piano della sicurezza, non si può prescindere dal fatto che un eventuale incidente (per quanto la probabilità che avvenga sia molto scarsa), provocherebbe danni enormemente maggiori di quelli causati da qualunque altra risorsa energetica, incluso il carbone – che è il più nocivo. Inoltre, le centrali nucleari rappresentano un possibile (e facile) bersaglio per eventuali attacchi militari e terroristici; di conseguenza, bisognerebbe pensare anche ad eccellenti sistemi di sicurezza per limitare i rischi su questo piano.

- Flessibilità. Tanto le centrali nucleari quanto quelle che impiegano fonti rinnovabili non si adattano ancora bene alla rete elettrica: le prime perché devono funzionare sempre a massimo regime, mentre la richiesta è variabile a seconda dei periodi e delle ore; le seconde perché, al contrario, fluttuano troppo. Di conseguenza, occorre in ogni caso sviluppare una tecnologia che consenta in qualche modo l’immagazzinamento dell’energia prodotta in eccesso e la sua introduzione nella rete all’occorrenza.

- Tempistiche. La costruzione e la massa in opera di nuove centrali nucleari è un processo che richiede molto tempo: difficilmente esse riescono ad entrare in funzione prima di dieci anni dal momento in cui si è deciso di realizzarle. E’ evidente, dunque, che non si può guardare al nucleare come soluzione per far fronte alla crisi attuale.

Naturalmente le opposte fazioni tendono ad esaltare o minimizzare alcuni aspetti dell’analisi in favore o sfavore di altri.

Ad ogni modo, il bilancio complessivo effettuato porta i membri della ASPO a ritenere che l’investimento nel campo del nucleare non sia particolarmente redditizio, paragonato alle difficoltà e ai costi che comporta. Per l’Italia, afferma il loro testo, sarebbe alquanto più intelligente adoperarsi per sviluppare ulteriormente e rendere più vantaggiosa la produzione di energia da fonti pulite, le quali sono disponibili in abbondanza nel nostro paese e sono rinnovabili.

Speriamo che chi è al Governo se ne accorga presto e non faccia del nucleare una lotta ideologica di appartenenza politica, che nulla ha a che vedere con le valutazioni scientifiche ed economiche oggettive.

4 Novembre 2008 - Scrivi un commento
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