Ricominciare a imparare: l'esperienza della Scuola della Seconda Opportunità

Si chiama SSO e sta per "Scuola della seconda opportunità", quella che entra in gioco quando la scuola dell’obbligo non ha funzionato, per offrire una seconda chance ai ragazzi dai 16 ai 18 anni di età, che hanno abbandonato o stanno per lasciare l’istituzione scolastica.

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di Lucia Cuffaro

disagio giovanile
Chi precocemente esce dai processi di formazione rischia di scivolare ai margini della comunità di cui fa parte
In un sistema sociale in cui l’accesso al sapere e alle competenze lavorative sono fondamentali per il benessere sociale ed economico, chi precocemente esce dai processi di formazione, strumenti indispensabili per una vita autonoma e partecipativa, rischia di scivolare ai margini della comunità di cui fa parte, entrando così in dinamiche di esclusione.

Da anni si cerca di affrontare il fenomeno dell’insuccesso scolastico e del conseguente abbandono precoce della scuola, grazie a percorsi di intervento, che generino un’occasione di riscatto per giovani che rischiano di non conseguire nemmeno la licenza media, titolo minimo indispensabile nel nostro Paese per accedere a ogni circuito formativo professionalizzante.

Ne sono un concreto esempio le "Scuole della seconda occasione", istituzioni educative sperimentali create nell’ambito degli interventi di lotta alla dispersione scolastica, che si propongono di accompagnare i ragazzi al conseguimento della licenza media e al reinserimento in percorsi d’istruzione e di formazione.

Per ora sono sorte solo in alcune città italiane, grazie al lavoro e all'attenzione di insegnati, amministratori locali, associazioni e uffici territoriali del ministero della Pubblica Istruzione. A Torino è nato nel 1989 “Provaci ancora Sam!” il primo progetto italiano, che ha già coinvolto 8300 ragazzi e 25 scuole. Analoghe iniziative sono state create a Trento (“Progetti Ponte”), Verona e Reggio Emilia (“Icaro... ma non troppo”), e Napoli (“Chance - Maestri di strada”).

A Roma la SSO, “La scuola della Seconda Opportunità” (per contati: tel. 3482120917 info.progettosso@gmail.com) ha appena compiuto i suoi primi 10 anni di vita. Opera sul territorio romano attraverso i Centri territoriali permanenti (CTP), istituiti dal Ministero della Pubblica Istruzione per l’Educazione degli Adulti (EDA), per lo sviluppo dell'occupabilità, dell’esercizio attivo della cittadinanza, dell’integrazione sociale e dell’autorealizzazione.

Le sedi si trovano nel IV Municipio in via Perazzi 30, nel V Municipio in via Cortina 70 e nel VI in via Policastro 45, all’interno della Scuola media statale Luigi Di Liegro, che dall’1 settembre 2009 si è unita alla Lucio Lombardo Radice, nella scuola secondaria di 1° grado, per ora denominata “via Tedeschi” e diretta da Simonetta Caravita, che sin dall’inizio ha fortemente promosso e contribuito all’iniziativa.

Il programma, sostenuto dal Comune di Roma e dal finanziamento della Provincia d Roma (fondi Fse), è destinato ad adolescenti, italiani e stranieri, dai 16 anni ai 18 anni (ovvero l’età limite dell’obbligo scolastico), che hanno accumulato bocciature e sono in procinto di abbandonare la scuola o l’abbiano già lasciata, con un’ottica rivolta alla prevenzione e all’effettivo recupero nelle situazioni svantaggiate.

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Una scuola SSO a Roma, in via Cortina
Di fronte a un indizio di dispersione, come nel caso di assenze prolungate nel tempo, lo studente è orientato dagli insegnanti a frequentare la SSO per il recupero degli anni scolastici e la conseguente formazione professionale. In altri casi il distacco dalla scuola non si consuma con l'abbandono e le assenze, ma con la disaffezione, il disinteresse e la noia e disturbi comportamentali che manifestano difficoltà d'apprendimento spesso legate a problemi famigliari o di comprensione linguistica; la metà degli studenti della Scuola della seconda Opportunità sono, infatti, stranieri.

I ragazzi possono essere segnalati non solo dalle agenzie scolastiche, ma da altre strutture del territorio come le Asl, i servizi sociali, il Tribunale dei minori, le case famiglia, ecc. Tra le cause legate alla dispersione scolastica, bisogna, infatti, considerare fattori relativi al contesto culturale di riferimento, come la provenienza da zone periferiche, dove è più tangibile il disagio sociale.

L’istituto non rappresenta quindi un’alternativa alla scuola tradizionale, ma uno strumento a essa interno, che permette di considerare il sistema scolastico pubblico come un luogo privilegiato per sperimentare diverse modalità di relazione, accoglienza e recupero. Non si tratta, infatti, di una “scuola facilitata”. Le regole da rispettare sono quelle di un istituto scolastico comune, bisogna frequentare regolarmente le lezioni arrivando puntuali, aver cura delle strutture e delle dotazioni d’insegnamento, instaurare con compagni e docenti un buon rapporto basato su comprensione, rispetto e collaborazione, dimostrare tolleranza per le diversità, studiare assiduamente chiedendo aiuto se ci si trova in difficoltà.

I ragazzi sono inizialmente accolti da insegnanti e educatori, in modo che si possa formare un rapporto individuale e diretto. Successivamente vengono fatti lavorare in coppia, in modo tale che acquisiscano i concetti dell’integrazione paritaria. In una terza fase il lavoro si sposta in gruppi di 3-5 persone, fino ad arrivare a gruppi più numerosi. Gli studenti attraverso questo percorso formativo ricevono una preparazione di base e lezioni teorico-pratiche, che permettono loro di conseguire competenze da rivendere nel mondo del lavoro, grazie agli stage nei centri di impiego e in alcuni istituti professionali, scelti sulla base di aspirazioni individuali.

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Obiettivo del progetto non è quindi solo quello di portare i ragazzi alla licenza media, ma soprattutto quello di aiutarli a recuperare la voglia di immaginare un futuro migliore
Obiettivo del progetto non è quindi solo quello di portare i ragazzi alla licenza media, ma soprattutto quello di aiutarli a recuperare la voglia di immaginare un futuro migliore, dando loro strumenti per poterlo progettare. Per questo è fondamentale il costante supporto di un’equipe di psicologi e tutor che segue lo studente durante tutto il percorso, coinvolgendo nei suoi successi o difficoltà anche il nucleo familiare o il gruppo di riferimento (casa famiglia, servizi sociali, etc.). Un tutoring motivazionale che prosegue anche negli anni dell’inserimento lavorativo, che è costantemente monitorato e valutato metodologicamente dalla cattedra di Psicologia dell’educazione dell’Università Sapienza di Roma.

Nella maggior parte dei casi (circa il 75%) i ragazzi coinvolti sono riusciti a ritrovare la voglia per terminare il percorso scolastico precedentemente interrotto e per iniziare una carriera professionale più appagante. Si tratta di un caso che è ancora purtroppo isolato nel Lazio, ma che ha rappresentato un’esperienza veramente positiva per alcuni giovani, che possono ora vedere nella scuola non più soltanto un’esperienza di fallimento e sconfitta, bensì anche una possibile opportunità di realizzazione e riscatto.

PER SAPERNE DI PIU' SULL'ARGOMENTO
Malascuola

Negli ultimi due decenni si sono succeduti tanti ministri dell'istruzione, determinati a cambiare la scuola...
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20 Maggio 2010 - Scrivi un commento
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Un lettore ha commentato questo articolo:
20/5/10 18:29, Daphne ha scritto:
Grazie Lucia è stato un piacere leggere di noi!!!!
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