WWF

Un pianeta in affanno

Acqua, cibo, energia. La terra mostra gli inequivocabili segni dell'impronta umana.

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Nel 2006 il WWF aveva presentato il suo bilancio periodico sullo stato del pianeta, e segnalava il ritmo impressionate con cui si era avviato il degrado degli ecosistemi naturali, un ritmo senza precedenti nella storia della specie umana. Nel “Living Planet Report 2006” gli esperti, dopo due anni di studi, avevano analizzato lo stato naturale del pianeta ed il ritmo di consumo delle risorse (quali il terreno fertile, l’acqua, le risorse forestali, le specie animali, comprese le risorse ittiche).

Lo scenario che si profilava indicava che la popolazione umana entro il 2050 avrebbe raggiunto un ritmo di consumo pari a due volte la capacità del pianeta Terra, insostenibile visto che il pianeta Terra è un sistema biologico chiuso. Il Living Planet Report confermava anche una parallela e continua perdita di biodiversità, così come analizzato nelle precedenti edizioni. Il WWF sta lavorando per aggiornare il nuovo rapporto Living Planet che sarà reso pubblico il prossimo ottobre ed i dati sin qui raccolti purtroppo confermano gli andamenti negativi della nostra pressione sulle risorse naturali.

I segnali che arrivano dalla terra confermano quanto previsto e ci riconducono ad un pensiero rispetto al ruolo dell’uomo sul pianeta, un pensiero ancora più importante visto l’anniversario che si celebra oggi dell’Earth Day.

I segnali di stress ci sono tutti e ci colpiscono direttamente, non fanno sconti: povertà e cibo, crisi energetica e cambiamenti climatici, scarsità di acqua che dalle aree più povere del pianeta si estendono ad aree storicamente fertili, a culle della civiltà quali il nostro mediterraneo.

Le 3 grandi emergenze, energia, cibo e acqua portano tutte le stesse conseguenze sul benessere e la capacità di sostentamento delle popolazioni umane, ed hanno tutte la stessa ‘madre’, ovvero la terra. La buona gestione del pianeta è il presupposto per garantire che queste risorse siano disponibili per tutti. La capacità di prendersi cura del proprio territorio e conformare le nostre abitudini ad un uso prudente e responsabile delle risorse limitate a disposizione sono presupposti fondamentali per recuperare lo stretto, imprescindibile legame tra uomo e terra.

Sono questi bilanci globali e questi segnali di crisi a spingere il WWF a richiamare la centralità dei temi ambientali non solo nei nostri comportamenti quotidiani di cittadini, ma anche nelle decisioni collettive che i governi dei singoli paesi sono chiamati a prendere.

Ecco perché il WWF ha scelto di lanciare anche quest’anno con la Campagna GenerAzione Clima la nuova sfida: un taglio del 30% delle emissioni entro il 2020 in Italia come nel resto d’Europa. L’obiettivo, promosso a livello internazionale dal WWF, concorrerebbe alla salvaguardia del 20-30% delle specie che sono a rischio di estinzione a causa del cambiamento climatico e alla riduzione degli impatti sull’uomo.

Uno degli indicatori del Living Planet Report del WWF era proprio l’Impronta Ecologica, ovvero, la misura della domanda in termini di consumo di risorse naturali da parte dell’umanità. Il ‘peso’ dell’impatto-umano sulla Terra è più che triplicato nel periodo tra il 1961 e il 2003. L’Impronta Ecologica calcola anche la biocapacità delle nazioni, cioè, quanto delle risorse naturali consumate dalle popolazioni delle singole nazioni deriva dal paese stesso. Questo rapporto mostrava che la nostra impronta ha già superato nel 2003 del 25% la capacità bioproduttiva dei sistemi naturali da noi utilizzati per il nostro sostentamento. Nel rapporto precedente (quello pubblicato nel 2004 e basato sui dati del 2001) era del 21%. In particolare, l’Impronta relativa alla CO2, derivante dall’uso di combustibili fossili, è stata quella con il maggiore ritmo di crescita dell’intera Impronta globale: il nostro ‘contributo’ di CO2 in atmosfera è cresciuto di nove volte dal 1961 al 2003.

L’Italia ha un’impronta ecologica (sui dati 2003) di 4.2 ettari globali pro capite con una biocapacità di 1 ettaro globale pro capite, dimostrando quindi un deficit ecologico di 3.1 ettaro globale pro capite. Nella classifica mondiale è al 29 posto, ma in coda rispetto al resto dei paesi europei. E’ di tutta evidenza che anche il nostro paese necessita di avviarsi rapidamente su una strada di sostenibilità del proprio sviluppo integrando le politiche economiche con quelle ambientali. Solo tenendo in conto la natura saremo in grado di fornire il giusto valore al nostro “benessere” e di procedere a politiche energetiche, dei trasporti, di uso del territorio capaci di rispettare il nostro straordinario Bel Paese, facendo fruttare al massimo i suoi elementi di qualità.

Siamo in un debito ecologico estremamente preoccupante, considerato che i calcoli dell’impronta ecologica sono per difetto. Consumiamo le risorse più velocemente di quanto la Terra sia capace di rigenerarle e di quanto la Terra sia capace di “metabolizzare” i nostri scarti – ha dichiarato Michele Candotti, direttore generale del WWF Italia. E questo porta a conseguenze estreme ed anche molto imprevedibili. E’ tempo di assumere scelte radicali per quanto riguarda il mutamento dei nostri modelli di produzione e consumo.

Siamo tutti consapevoli che i cambiamenti necessari per ridurre il nostro impatto sui sistemi naturali non saranno facili ma si basano su straordinarie qualità umane: la capacità di innovazione, la capacità di adattamento, la capacità di reagire alle sfide. E’ da come impostiamo oggi la costruzione delle città, da come affrontiamo la pianificazione energetica, da come costruiamo le nostre abitazioni, da come tuteliamo e ripristiniamo la biodiversità, che dipenderà il nostro futuro”.

21 Aprile 2008 - Scrivi un commento
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