La riduzione del prezzo al consumatore è di fatto impedita dagli elevati costi della materia prima. Le celle fotovoltaiche attuali sono realizzate in silicio e la corrente elettrica generata all’interno di esse viene raccolta da un conduttore metallico trasparente fatto di ossido di indio e stagno (ITO). A causa della grossa richiesta per le più svariate applicazioni elettroniche, tanto il silicio quanto tale conduttore hanno visto il loro prezzo crescere vertiginosamente. Quindi se da un lato è opportuno stimolare la diffusione dei pannelli, l’aumento stesso della richiesta diventa controproducente, perché favorisce il lievitare dei prezzi.
E’ evidente dunque che, per superare questa empasse, è necessario poter realizzare le celle con materiali differenti, di approvvigionamento più semplice e, di conseguenza, più economici.
Un’innovativa tecnologia per i materiali plastici, che potrebbe aprire le porte alla realizzazione di pannelli a basso costo, è stata presentata lo scorso marzo sulla rivista specializzata in ingegneria chimica della “National Academy of Science”.
Nei laboratori della statunitense Princeton University, un gruppo di ingegneri chimici guidato dalla professoressa Yueh-Lin Loo, è riuscito a mettere a punto una plastica trasparente, malleabile e conduttrice di elettricità: caratteristiche che la rendono particolarmente adatta all’impiego nelle celle fotovoltaiche.
Di fatto è tanto che chimici ed ingegneri lavorano sui polimeri plastici cercando di adattarli ad applicazioni elettroniche, ma essi si sono sempre scontrati con la difficoltà di mantenere intatte le proprietà del materiale durante la sua lavorazione. “I polimeri in grado di condurre corrente elettrica sono noti da tempo, ma processarli in modo da realizzare qualcosa di utile senza degradare la loro capacità conduttiva è sempre stato un grosso problema” afferma Yueh-Lin Loo.
Compreso e analizzato a fondo il problema, gli ingegneri guidati da Loo sono riusciti a sviluppare un processo di manifattura che consenta la lavorazione del polimero salvaguardandone le sue proprietà originarie. Essi - infatti - si sono accorti che trattandola con un acido specifico dopo la fase di modellazione, la struttura della plastica si “rilassa” e non impedisce più il passaggio della corrente. “Una volta risolto il problema, possiamo dare alla plastica conduttiva qualunque forma ci torni utile, mantenendo intatte le sue preziose qualità”, ossia la trasparenza, la malleabilità e, appunto, la conduttività elettrica.
Questi polimeri plastici hanno dunque tutte le carte in regola per andare a sostituire il costoso ossido di cui sopra, l’ITO, quale materiale conduttivo primario all’interno delle celle fotovoltaiche. Grazie a ciò sarà possibile abbattere enormemente i costi dei pannelli. Si stima che si potrebbero ottenere dei dispositivi, della stessa efficienza di quegli attuali, con un risparmio che può raggiungere l’80%. La durata sarà però un po’ inferiore, compresa tra i 15 e i 20 anni.
Si prevedono di fatto anche altre applicazioni elettroniche interessanti. Il polimero trattato con l’acido è stato infatti utilizzato per realizzare un transistore (in plastica, appunto) che, come noto, è il componente di base di tutta l’elettronica. Gli ingegneri del team di Loo sono riusciti a produrre gli elettrodi del transistore con una sorta di processo di stampa che permette di depositare il polimero plastico su una superficie nella forma (il pattern) desiderata. Questa tecnica potrebbe essere riportata su scala molto superiore, in modo da rendere possibili processi di produzione di massa.
La plastica potrebbe presto andare a sostituire anche costosi metalli che sono oggi utilizzati in vari dispositivi elettronici di nuova generazione, come gli schermi flessibili.
E’ evidente che sensori biomedicali di tal tipo potrebbero rendere enormemente più semplice la diagnosi di alcune malattie ed avere un largo impiego soprattutto nei paesi poveri, in cui sono assenti strutture ospedaliere adeguate. Non ci sarebbe bisogno di alcun complesso e costoso macchinario di diagnostica per rilevare la presenza di alcune infezioni.
Non resta quindi che attendere l’industrializzazione della tecnologia messa a punto dal team guidato da Yueh-Lin Loo e seguire l’evoluzione delle sue molteplici applicazioni.
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