Fu lui, per primo, nel 1988 a parlare di fronte al Congresso degli Stati Uniti dei pericoli climatici derivanti dall'impatto umano sull'ecosistema. Dunque nessuno più indicato di lui per presenziare la Aurelio Peccei Lecture 2010, dedicata quest'anno a “L'impatto umano sul sistema climatico”.
La sala conferenze del Palazzo de Carolis si riempie in fretta, qualcuno resta in fondo a scattare foto e prendere appunti frettolosi. Hansen, ad osservarlo, non ha l'aspetto austero che ti aspetteresti da uno scienziato, ma al contrario un viso espressivo, giovanile.
Esordisce. “Il fatto che a Copenhagen non si sia raggiunto un accordo è dovuto alla mancanza di partecipazione da parte delle persone. C'è una grossa falla, enorme, fra i dati che la comunità scientifica possiede e l'informazione che giunge fino ai cittadini”. Il discorso si fa concitato. “Non possiamo aspettare che siano i politici a decidere per noi, perché quando loro lo faranno potrebbe essere troppo tardi, potremmo avere già superato il punto di non ritorno”.
Poi indossa gli abiti di scienziato ed inizia ad illustrare gli aspetti più tecnici. La terra è un enorme sistema inerziale con tempi di reazione lunghi. Ciò comporta che gli effetti dei gas serra che immettiamo oggi nell'atmosfera andranno ad influire sul clima non di oggi ma di domani, un domani che sta qualche anno più avanti. Ciò significa, indirettamente, che potremmo anche aver già superato i cosiddetto punto di non ritorno, senza saperlo.
Insomma pare che il pianeta intero si stia accorgendo dei cambiamenti in atto, tranne l'uomo, che inconsapevole continua nella sua gioiosa e spensierata opera di distruzione. E dire che di segnali, la terra gliene sta fornendo parecchi: gli incendi sempre più frequenti, l'innalzamento del livello degli oceani. Eppure niente, più questa grida forte di smetterla una volta per tutte, più l'uomo si tappa le orecchie, magari alzando un po' il volume della tv.
“Il problema sono i combustibili fossili. Se bruciassimo tutti quelli ancora presenti raggiungeremmo un livello di Co2 di 900 ppm, le acque si innalzerebbero di 75 metri e ci troveremmo in quello scenario apocalittico chiamato no-ice-world, la Terra senza ghiacci.”
Come agire dunque? Hansen propone una soluzione: “Abbiamo visto che tutti gli accordi fino ad ora raggiunti hanno miseramente fallito. Prima del Protocollo di Kyoto le emissioni aumentavano dell'un per cento ogni dieci anni; nel decennio successivo all'accordo le emissioni sono aumentate del tre per cento. Perché? Semplicemente perché i combustibili fossili sono ad oggi ancora la risorsa più economica per produrre energia e dunque è normale che siano i più usati, in una economia di mercato. L'unica cosa da fare è far sì che essi non siano più convenienti”.
Ad applicare questa tassa dovrebbero essere inizialmente Stati Uniti e Cina. Un accordo fra le due più grandi potenze mondiali farebbe di conseguenza adeguare tutte le altre.
La soluzione non sembra comunque così facile, lo ammette lo stesso Hansen. “I governi sono influenzati dalle lobby e ragionano a breve termine, ma anche noi dobbiamo esercitare la nostra pressione. Dobbiamo renderci conto che siamo responsabili verso i nostri figli e nipoti del mondo che affidiamo loro”.
La conferenza sembra avviarsi a conclusione, per il meglio. Ma la domanda di un giornalista dà il via ad un finale inaspettato, che forse neppure gli organizzatori avevano preso in considerazione. Cosa ne pensa del nucleare?
Il climatologo sembra inizialmente titubante poi risponde. “Da scienziato devo dire che il nucleare è una buona soluzione. Ho ricevuto molte critiche per questa mia posizione e più volte mi hanno chiesto di rinnegarla, ma per correttezza vi devo dire che quella nucleare è l'unica energia ad oggi in grado di sostituire completamente quella prodotta dai combustibili fossili. Perché le energie rinnovabili raggiungano un tasso di penetrazione sufficiente ci vorranno anni, mentre noi dobbiamo agire subito, dunque ben venga il nucleare”.
“Ci sono centrali di quarta generazione che sono sicurissime e ottimizzano la produzione energetica. Inoltre con le quantità di uranio presenti sui fondali oceanici si potrebbe produrre energia sufficiente per qualche migliaio di anno”.
Lei ha parlato dell'energia nucleare come dell'unica in grado di soddisfare il nostro fabbisogno energetico crescente e delle regole del mercato come strumento di regolazione. Non crede che, in un pianeta di 7 miliardi di persone, e con nuovi paesi in via di sviluppo, sia piuttosto necessaria una riduzione dei consumi ed un cambio di mentalità un po' più radicale se vogliamo veramente salvarci?
“Il numero di abitanti mondiali è già di per se un problema. Però lo si può risolvere, e più facilmente di quanto si possa pensare. Ci sono paesi, anche in via di sviluppo, che hanno applicato politiche demografiche efficaci al punto da ridurre a zero la crescita. Ogni problema ha la sua soluzione. Per il problema delle emissioni il nucleare è una buona soluzione, visto che dobbiamo agire subito. Poi ogni paese è libero di non volerlo sul proprio territorio però è giusto che sappiate che Cina e Giappone già hanno deciso di adottarlo, e altre nazioni lo faranno. Se invece mi parla del fatto che è impossibile concepire una crescita all'infinito, allora sì, siamo perfettamente d'accordo. Lo dissi già negli anni '80 quando nessuno metteva in discussione il modello consumista”.
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