Anche gli afflussi di neve prenatalizi hanno colto impreparata l’Italia, soprattutto Milano, bloccando treni e traffico. Non lasciamoci illudere però: il riscaldamento climatico sussiste e una delle nuove ‘specie’ a rischio è la neve stessa.
Se una volta bastava trovarsi a mille metri sopra il livello del mare per avere la neve assicurata, negli ultimi 25 anni la sua soglia minima sulle Alpi è salita di 150 metri. Si tratta di un valore “molto forte per un periodo così breve”, valuta Reinhold Steinacker, direttore dell’Istituto per Meteorologia e Geofisica all’università di Vienna.
Paesini turistici al di sotto dei 1.500 metri non hanno più futuro come attrazioni per sport invernali, affermano gli scienziati dell’Istituto per Ricerca di Neve e Lavine (SLF) a Davos. “Se il riscaldamento globale può venir limitato a 2°C - e questo per le Alpi significherebbe un surplus di circa 4-5°C - dobbiamo effettivamente calcolare che l’altezza minima per sport invernali salirà di 500 metri”, afferma Christoph Marty del gruppo di ricerca Permafrost e climatologia della neve al SLF. Marty considera che questo avverrà al più tardi nel 2100.
Ma non si tratta solo di un problema europeo: la scomparsa dei ghiacciai dell’Himalaya causerà una carenza d’acqua per centinaia di milioni di cinesi, indiani e nepalesi (WWF). Lo stesso vale per il Kilimangiaro che secondo l’esperto Lonnie Thompson della Ohio State University sarà privo di ghiaccio tra soli 10 anni.
I ghiacciai delle Alpi hanno invece una speranza di vita più lunga: secondo alcune stime perderanno tre quarti del loro ghiaccio entro il 2100, ma le conseguenze degli scioglimenti iniziano già a farsi sentire.
Quali sono le possibili soluzioni?
D’estate alcuni ghiacciai alpini vengono ricoperti di copertoni sintetici bianchi, che riflettono il sole. Questo metodo viene ad esempio applicato al ghiacciaio della più alta vetta tedesca (la Zugspitze), il quale negli ultimi 24 anni si è ristretto di 400 metri. Ma quanto è efficace ricoprire i ghiacciai per proteggerli dal sole?
Un’altra possibile soluzione del problema, che però interessa solo gli sportivi, consiste nella produzione di neve artificiale. Quel che è cambiato, oltre alla quantità di neve, è l’atteggiamento degli sportivi: “Una volta si andava a sciare quando era caduta la neve. Oggi la gente vuole andare in pista appena inizia la stagione”, spiega Peter Huber, direttore dell’associazione di seggiovie e skilift tedesca.
Per mantenere un così alto numero di turisti con simili esigenze non si può far altro che sparare neve artificiale. Quest’ultima, tuttavia, comporta innanzitutto un consumo di acqua ed energia immenso. Nell’inverno 2007 sono stati ricoperti di neve artificiale 240km quadrati di piste alpine, con un consumo di 95 milioni di metri cubi d’acqua (il consumo annuo di una città da 1,5 milioni di abitanti).
Inoltre la neve artificiale, essendo più compatta di quella naturale, danneggia le piante alpine, le quali ricevono meno ossigeno e meno protezione contro l’aria gelida.
Harald Kunstmann dell’Istituto per Meteorologia e ricerca climatica a Garmisch Patenkirchen ammonisce contro il “voler sciare ad ogni costo”: “L’impiego di acqua ed energia non ci permetterà di ricomprare l’inverno che stiamo perdendo”.
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io non sono una sciatrice appassionata, e nel mio articolo non intendevo certo difendere chi vede la scomparsa della neve solo come un problema sciistico/sportivo. Ho solo cercato di illustrare alcune delle conseguenze che si presenteranno e che coinvolgeranno anche chi dice che il riscaldamento globale non gli importa: forse se si rendono conto che non potranno piu sciare cambieranno idea.