La Tanzania torna sul piede di guerra chiedendo, dopo quindici anni, di rendere nuovamente legale il commercio dell’avorio, ponendo un tetto massimo di 90 tonnellate.
Se ne discuterà a Doha, in Qatar, dove dal 13 al 25 marzo si riunirà il CITES, la Convenzione sul commercio internazionale delle specie minacciate.
La richiesta del governo tanzaniano, che ha tutto il sapore di una manovra per rimpinguare le casse del Paese, ha suscitato la reazione contraria degli animalisti, come era ovvio che fosse, ma anche degli albergatori i quali paventano un deterioramento dell’immagine e soprattutto il rischio di vedere minato il settore turistico, arteria principale dell’economia. La Tanzania, infatti, ha sul suo territorio nazionale un numero consistente di parchi e riserve naturali (il Serengeti National Park, la riserva naturale di Ngorongoro, il Tarangire National Park, il Lake Manyara National Park, la riserva del Selous, il Kilimanjaro National Park, il Ruaha National Park ed il Mikumi National Park) che con i loro Safari tengono praticamente in piedi l’economia nazionale.
Il governo tanzaniano difende la sua proposta giustificandola col fatto che una riapertura legale del commercio porterebbe ad un maggiore controllo delle attività illecite e del bracconaggio che, ammettono, è un sistema ramificato che passa per la corruzione della polizia che alla dogana, chiude un occhio sui container carichi di avorio.
A confermare la Tanzania come uno dei fulcri fondamentali da cui parte il traffico illecito di avorio ci sono i report della comunità alberghiera ed i censimenti secondo i quali nel 2006 c'erano 74.000 elefanti nel Selous, mentre nel 2009, secondo il direttore del Wildlife Division, Erasmus Tarimo, a capo dell'ente preposto alla tutela e salvaguardia della flora e della fauna, che agisce sotto le dipendenze del ministero dall'Ambiente e del Turismo, di elefanti ne sarebbero rimasti circa 40.000. A conti fatti, 30.000 esemplari in meno: il 20% su scala nazionale, il 42% solo nel Parco del Selous. Un dato, questo, che cozza contro le statistiche fornite al CITES dal Governo tanzaniano secondo il quale la popolazione dei pachidermi sarebbe in crescita del 5% annuo.
Tra l’altro, i delegati dei 23 governi dell’African Elephant Coalition (AEC) insistono perché la Commissione Europea, il Parlamento e gli Stati membri dell’UE si oppongano alla nuova asta. Nel 2007 quando CITES autorizzò l’ultima vendita, si era raggiunto l’accordo per cui non ci sarebbero state simili vendite eccezionali per almeno nove anni, ma l’ultima asta autorizzata nel 2008, ha evidenziato come anche un’intesa di questo tipo possa essere disattesa, se gli interessi vertono su questioni economiche e non sul rispetto della biodiversità.
L’augurio è che durante il summit del CITES in Qatar il rischio di una riapertura del mercato dell’avorio sia scongiurato. Diversamente, la follia del bracconaggio senza controlli e senza limiti prenderà il sopravvento e degli elefanti non resterà altro che un film della Disney e qualche tatuaggio.
Partecipa alla petizione di "Avaaz" per proteggere dai cacciatori di avorio gli elefanti in pericolo.
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