A dicembre 2009 risultavano ancora inadempienti 21 comuni su 206, pertanto la regione Lombardia, in un primo momento, aveva scelto di sollecitare i sindaci ad approvare e/o sottoscrivere (a seconda dei casi) gli atti di adesione all’A.ATO entro fine anno. Ma di fronte all’adesione di soli due Comuni e all’ostinato rifiuto delle altre 19 comunità, ha deciso di passare alle vie di fatto, esercitando i poteri sostitutivi e nominando, a fine gennaio 2010, un commissario ad acta con il compito di firmare al posto dei sindaci “ribelli”.
Ma la risposta dei Comuni non si è fatta attendere. A Sirmione il Consiglio comunale ha incaricato il sindaco, Alessandro Mattinzoli, di fare ricorso al Tar di Brescia contro la deliberazione regionali n. VIII/11097 del 27 gennaio 2010. A differenza degli altri comuni che si affacciano sul Lago di Garda, i cui servizi idrici sono stati affidati dall’A.ATO al consorzio pubblico Garda Uno S.p.A, “il SII di Sirmione è gestito, dalla captazione alla fonte alla fatturazione, dalla Sirmione Servizi S.r.l, costituita dal Comune al 60% e dalla stessa Garda Uno al 40%” come ci conferma il sindaco.
“Otto anni fa circa” prosegue Mattinzoli, “il nostro Comune ha iniziato una graduale ma costante sostituzione di tutte le tubature, accompagnata dalla sostituzione periodica di tutti i filtri. Se questa gestione venisse affidata ad enti estranei alla realtà locale - siano essi pubblici o privati - la comunità perderebbe il controllo diretto sulla propria acqua. Dalle analisi dell’ASL risulta che la nostra acqua potabile è di buona qualità ed io personalmente bevo acqua del rubinetto”. E aggiunge: “Per l’importanza che riveste per noi la gestione dell’acqua, sia in termini di qualità sia in termini di tariffe, abbiamo comunicato all’A.ATO di voler mantenere la nostra società di gestione e di essere pronti a dare battaglia”.
Dello stesso parere è Pietro Bisinella, sindaco di Leno, comune della campagna bresciana, ricco di fonti e risorgive naturali. A Leno il servizio idrico è in house, cioè gestito al 100% dal comune in tutte le sue fasi. “Se la gestione dei servizi idrici da parte dell’A.ATO dovesse rispondere allo spirito di aiutare i comuni più piccoli nelle fasi di depurazione, sistemazione delle reti fognarie ecc. attraverso economie di scala e contenimento delle tariffe, non avremmo obiezioni. Ma il decreto Ronchi complica le cose” prosegue Bisinella “prevedendo l’ingresso dei privati nella gestione dei SII con una quota minima (e non massima) del 40%. Se la gestione dell’acqua deve dare un eventuale utile, ne devono beneficiare la comunità e l’ambiente; se invece la gestione è funzionale agli interessi dei privati, allora non siamo d’accordo. La gestione in house ci consente di avere un controllo diretto sulla qualità della nostra acqua. Le analisi vengono fatte dall’ASL ogni 15 giorni e ne confermano l’ottima qualità, tanto che durante le sedute del Consiglio comunale si beve acqua di rubinetto”.
Mattinzoli aggiunge che “il commissariamento ad acta sarebbe una contraddizione in termini giuridici. La Legge Finanziaria 2010 stabilisce che a fine anno devono essere aboliti tutti i consorzi di funzione fra gli enti locali, ATO compresi. L’adesione all’A.ATO, quindi, anche se fatta da un commissario nominato dalla regione Lombardia, sarebbe del tutto illogica. A questo proposito siamo già stati contattati da una decina di comuni “ribelli” sia per avere informazioni sull’iter giudiziario intrapreso sia per portare avanti eventuali azioni comuni in difesa dell’acqua pubblica”.
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