Casa passiva con il bollino PHI

Nella periferia di Perugia la prima casa passiva italiana che riceve la certificazione di conformità agli standard previsti dal PHI (Istituto per le case passive). Una sperimentazione di successo che conferma le grandi potenzialità di eco-sostenibilità di un simile modello ingegneristico-architettonico.

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di Virginia Greco

casa
La "casa passiva" è un’ abitazione che assicura una temperatura adeguata degli ambienti interni, in ogni stagione, senza ricorrere ad un impianto di riscaldamento convenzionale
Non è la prima casa passiva in Italia, ma è l’unica nel nostro Paese ad essere certificata secondo i più elevati standard internazionali in materia. Sorgerà a Perugia, ai piedi del colle Trinità (area boscosa vicina al confine con il Comune di Corciano), grazie al progetto dell’architetto Francesco Masciarelli.

Essa permetterà consumi energetici fino a 15/20 volte inferiori a quelli ci un’abitazione tradizionale, senza sacrificare il comfort: la temperatura interna sarà infatti mantenuta costante durante tutto l’arco della giornata e la freschezza dell’aria garantita grazie ad un ricambio continuo.

“Non è un semplice esercizio d’innovazione tecnologica ed architettonica”, spiega l’architetto perugino, “ma una vera abitazione in cui poter vivere con la propria famiglia e sperimentare in prima persona una migliore qualità della vita”.

La “casa passiva”, secondo la definizione coniata dai tedeschi, primi dopo gli svedesi a realizzarla, è un’ abitazione che assicura una temperatura adeguata degli ambienti interni, in ogni stagione, senza ricorrere ad un impianto di riscaldamento convenzionale, ossia con caldaia e diffusori di calore del tipo dei termosifoni.

Il calore apportato dal sole durante le ore diurne, quello generato dagli elettrodomestici e dagli stessi abitanti dell’edificio sono “trattenuti” opportunamente, in modo da ridurre al minimo l’esigenza di riscaldamento aggiuntivo durante la stagione fredda. In estate, invece, un controllo del calore solare in ingresso trasmesso dalle finestre e una buona areazione consentono un sufficiente rinfrescamento dell’aria.

Per ottenere un simile controllo della temperatura degli ambienti occorre in primo luogo garantire un elevato isolamento termico dell’edificio, tanto nelle strutture opache (pareti, copertura e solaio contro-terra), quanto in quelle trasparenti (vetrate e finestre). Per entrambe si utilizzano strutture multiple, ossia con intercapedine; per le finestre, la soluzione più efficiente è quella a triplo vetro (di cui quello interno deve intrappolare il calore mentre quello esterno permettere il passaggio del sole). Anche i telai delle vetrate devono essere realizzati a multicamera.


Il calore apportato dal sole durante le ore diurne, quello generato dagli elettrodomestici e dagli stessi abitanti dell’edificio sono “trattenuti” opportunamente
In linea di principio si possono utilizzare tutti i materiali: legno, fibra di legno, mattoni, materiali riciclabili. Naturalmente cruciale è la progettazione della struttura e la messa in posa dei materiali. Anche gli orientamenti rispetto ai punti cardinali e gli ombreggiamenti (dovuti a vegetazione o presenza di altri edifici) sono da tenere in considerazione.

La temperatura degli ambienti interni viene mantenuta costante, pur garantendo un continuo ricambio dell’aria, in virtù di dispositivi per ventilazione meccanica forzata. Si ha un doppio sistema di tubature, con un circuito di uscita ed uno di entrata. Il primo porta verso l’esterno l’aria presente nell’edificio, che sarà viziata, ma anche calda comparata con quella esterna. Il circuito di ingresso invece porta verso l’interno aria pulita. I due circuiti si incontrano (ma i flussi non entrano in contatto) in uno “scambiatore”, qui in pratica l’aria interna cede buona parte del proprio calore a quella proveniente dall’esterno. In tal modo si ha un ricambio dell’aria senza raffreddamento degli ambienti.

In genere, poi, la tubatura che porta l’aria “fresca” prima di entrare nell’edificio passa nel sottosuolo: qui subisce un primo riscaldamento in virtù del calore proprio della terra (si tratta della geotermia a bassa entalpia).

Per i periodi più freddi si può prevedere un ulteriore riscaldamento: esso consumerà comunque molto poco perché la potenza richiesta è bassa. In genere si usa una pompa di calore, ma è possibile ricorrere anche a piccole stufe elettriche a resistenza (da accendere per esempio tre volte al giorno per mezz’ora), e stufe a pellet. L’energia per alimentare questi sistemi è generalmente ricavata da impianti a pannelli solari.

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Nella periferia di Perugia la prima casa passiva italiana che riceve la certificazione di conformità agli standard previsti dal PHI (Istituto per le case passive)
Le case passive sono nate in Svezia, per poi diffondesi soprattutto in Germania, Austria e Olanda. Di recente sono approdate anche in Italia (concentrate per lo più nel nord del Paese). A differenza di quanto avvenuto nelle esperienze precedenti, l’edificio progettato dall’architetto Masciarelli ha ricevuto la certificazione di conformità da parte del PHI (PassivHaus Institute), ente tedesco che ha definito gli standard a cui le costruzioni devono adeguarsi per potersi definire “passive” e quindi a zero emissioni di CO2.

La casa perugina ha superato brillantemente anche la verifica del cosiddetto “blower door test”, con il quale si va a misurare quanto calore (e quindi energia) venga dispersa a causa di spifferi o imperfezioni costruttive: il valore rilevato è una perdita di 0,46 volumi d’aria all’ora, ben il 25 % minore del valore massimo consentito dallo standard. Per edifici ordinari si considera normale un valore di 4 volumi/ora, vale a dire che ogni ora viene dispersa verso l’esterno una quantità d’aria pari a quattro volte il volume dell’intera costruzione.

Le soluzioni strutturali adottate in questi esempi virtuosi sono estendibili anche a strutture più grandi e complesse, come interi condomini.

“Non solo le abitazioni provate”, sottolinea Francesco Masciarelli, “bensì soprattutto edifici pubblici e scuole non dovrebbero più prescindere da una progettualità edilizia di questo tipo; ci sono in cantiere anche progetti di recupero di strutture esistenti da trasformare in edifici passivi”.

I costi di realizzazione non sono al momento competitivi, soprattutto in Italia a causa della scarsa diffusione, ma il risparmio in bolletta sull’energia è presto evidente, per cui il recupero economico è veloce.

Se questo nuovo concetto di edificazione si espandesse su larga scala, i benefici che l’ambiente ne trarrebbe sarebbero elevatissimi.

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14 Gennaio 2010 - Scrivi un commento
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