La consapevolezza è trendy

Sembra che lo scambio, la solidarietà, il riuso e le buone pratiche in generale siano diventate di gran moda, tanto da ricevere l'attenzione di una rivista di mode e tendenze. Un controsenso? Uno snaturamento? O forse l'opportunità per un nuovo inizio?

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di Francesco Bevilacqua

Bologna trendy magazine moda
Esiste a Bologna una rivista chiamata Bologna Trendy Magazine, che esce ogni mese come allegato del quotidiano Il Resto del Carlino
Esiste a Bologna una rivista chiamata Bologna Trendy Magazine, che esce ogni mese come allegato del quotidiano Il Resto del Carlino. Ammetto che non mi ha mai interessato tanto: le copertine con immagini di vetrine di negozi illuminate, ragazze vestite con capi firmati e attori e attrici in pose ammiccanti non mi hanno mai invitato ad aprire e sfogliare il mensile. D’altra parte la descrizione della pubblicazione che si può leggere nella seconda pagina di ogni numero non lascia spazio a interpretazioni: «Bologna Trendy è il primo periodico della città per diffusione e lettura del segmento divertimento e tempo libero. Il mensile, che presentandosi con accresciuta qualità e completezza, si collocherà in un contesto editoriale unico, tanto da essere considerato un mezzo chiaro ed autorevole, uno strumento di orientamento completo che si rivolge a un più vasto pubblico che si affaccia al mondo del divertimento: nightlife, cinema, musica, video, stile; dell’avanguardia, della trasgressione, moda, design, ecc.».

Una lettura leggera, un po’ frivola, in cui di sicuro l’ultima cosa che uno si immagina di trovare è un articolo sulla sostenibilità e sul consumo consapevole. Invece è proprio quello che mi è accaduto qualche giorno fa, quando incuriosito, in attesa al bar, mi sono messo a sfogliare la rivista.

In particolare ha attirato la mia attenzione un articolo intitolato È l’ora dello scambio, a firma di Fabiana Salsi. L’abstract recitava: «L’ultima (contro) tendenza della società del profitto? Lo swap, ovvero il baratto. Un vestito per un accessorio, una lezione d’inglese per un’ora di babysitter o una casa in periferia in cambio di un attico a Manhattan, perché no?». Già da queste prime parole mi è sembrato di intravedere fra le righe dei discorsi conosciuti, anche se apparentemente fuori contesto fra quella pagine.

I love swapping marina matorana
Copertina del libro I love Swapping di Marina Martorana
Proseguendo nella lettura, ho scoperto che esistono gli swap party, feste in cui la gente si scambia oggetti, principalmente capi d’abbigliamento, cogliendo al tempo stesso l’occasione per liberarsi di qualcosa che non usa più ed entrare in possesso di qualcos’altro che invece desidera o di cui ha bisogno. Questa pratica è ben spiegata nel libro della giornalista Marina Martorana, intitolato appunto I love Swapping.

Un altro tipo di scambio di cui si parla nell’articolo è quello di case: invece di andare in albergo o in qualche villaggio turistico, persone di città diverse o addirittura di altre nazioni si scambiano la casa per le vacanze, con la possibilità di utilizzare anche quello che si trova dentro, «dalla canna da pesca alla racchetta da tennis». Viene poi messo in evidenza come questo scambio non si basi tanto su contratti e comodati quanto piuttosto su «un rapporto di solidarietà e fiducia reciproca».

La familiarità con questi argomenti mi è stata poi confermata quando, alla fine della breve lettura, mi sono imbattuto in un box intitolato «Così funziona sotto le due torri», in cui erano citate esperienze e iniziative ispirate a questa filosofia, dalle Banche del Tempo al Last Minute Market di Andrea Segrè, passando per le Transition Towns di Monteveglio e Granarolo (entrambi comuni in provincia di Bologna).

Non lo nascondo: è stata una piacevolissima sorpresa trovare in una sede così insospettabile ampi ed espliciti riferimenti a una filosofia generale e iniziative particolari appartenenti a un mondo ben lontano da quello dello shopping e delle serate alla moda. Proprio per questa ragione, dopo questo inaspettato incontro, penso sia lecito soffermarsi su qualche riflessione foriera, a parer mio, di un velato ottimismo.

swap party capi abbigliamento
Esistono gli swap party, feste in cui la gente si scambia oggetti, principalmente capi d’abbigliamento
Che la società stia veramente cambiando? Una volta concetti come il benessere della comunità, la reciprocità, la sottrazione al modello consumista, lo scambio disinteressato erano ad appannaggio di predicatori nel deserto, spesso considerati utopisti o addirittura visionari. Oggi invece sembra che tali buone pratiche stiano addirittura diventando di moda, trendy è proprio il caso di dire! Poco male se gli oggetti dello scambio di cui si parla sono delle scarpe Chanel tacco 12 o una villa con piscina in California.

Sono sicuro che chi da anni si batte non tanto perché pratiche di questo genere diventino parte integrante della prassi sociale ma anche solo perché se ne parli, perché la gente le conosca e le possa confrontare col modello consumista, sarà sicuramente contento che esse abbiano fatto breccia anche in ambienti un tempo lontani anni luce da questo tipo di consapevolezza. Ciò che conta è in fondo la filosofia, la cognizione del fatto che quello che non è più utile a noi può servire a qualcun altro o che anche il tempo, la conoscenza e l’abilità manuale sono valori importanti nella vita.

Non credo che sia l’inizio di una rivoluzione, né mi aspetto che fra pochi mesi boutique d’alta moda, outlet e megastore chiudano i battenti per lasciare il posto a botteghe e negozi di artigianato locale. Questo però potrebbe essere il primo, piccolo passo di un lungo cammino che se affrontato con calma, senza rigidità ideologiche e con la voglia di aprire gli occhi e diffondere consapevolezza potrà portare molto lontano.

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14 Dicembre 2009 - Scrivi un commento
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