A distanza di tempo ricordo l’episodio perché mi fu chiaro quanto diversa potesse essere la mentalità riguardo ai problemi dell’ambiente: una scelta che a noi italiani sembrava faticosa e “strana”, agli occhi della ragazza tedesca era semplicemente “dovere” .
Per chi, come me, lavora in una grande azienda, è evidente lo spreco quotidiano di immense quantità di carta: gli stessi documenti vengono stampati e ristampati ogni volta che vi si apporta il minimo cambiamento; si ricorre alla carta solo per leggere più comodamente un testo; alle riunioni si distribuiscono copie cartacee a tutti, anzichè limitarsi ad inviare la presentazione per e-mail ai partecipanti; presso le stampanti giacciono centinaia di stampe, che molti dimenticano di andare a ritirare e che finiscono nel cestino senza aver svolto alcuna funzione.
Da questi, come dagli altri infiniti esempi che si potrebbero portare, emerge come ciò che fa la differenza sia proprio la mentalità.
Oggi si parla molto dei prodotti biodegradabili al 100%, realizzati con riso, mais e barbabietole, in tutto e per tutto equivalenti a quelli in pastica: biobicchieri, piatti, posate, tovaglie, tovaglioli, detergenti, guanti, sacchetti, teli, pattumiere, vaschette, pannolini, cancelleria, giochi, ecc. Così come si può optare per carta e cartone riciclati. Scegliere questi oggetti invece di quelli più inquinanti è un passo importante, ma perchè non verificare prima se sia possibile evitare la via dell’usa e getta?
Dunque l’abitudine allo spreco che sembra così radicata, tanto che gli usi di venti-trent’anni fa ci sembrano preistoria, è in realtà frutto di cambiamenti abbastanza recenti. È noto che alla comodità ci si abitua immediatamente, mentre per imparare a convivere con i disagi occorre tempo e pazienza. E tuttavia in molti Paesi del Nord Europa – in particolare Germania, Svezia, Norvegia, Danimarca, Svizzera - in cui il singolo è per tradizione secolare portato a pensare a se stesso come parte di una comunità, di una grande nazione, i provvedimenti per la salvaguardia dell’ambiente sono entrati nell’uso quotidiano assai più rapidamente che non Italia.
Qual è allora la mentalità così radicata sulla quale la possibilità di abusare dei prodotti inquinanti e superflui ha attecchito immediatamente e con forza? È l’atteggiamento individualista della maggioranza degli italiani, ciechi di fronte a qualsiasi sfacelo che non bussi direttamente alla porta della propria casa. L’abitudine allo spreco del denaro pubblico, alla devastazione di qualsiasi spazio di uso comune – dalle toilette ai parchi, dalle spiagge alle aree pic-nic -, la noncuranza per quello che troverà chi verrà dopo di me, si riflette nel rapporto che la gran parte della nostra popolazione ha nei confronti dei problemi dell’ambiente. Perchè dovrei sacrificarmi “proprio io” , soprattutto se gli altri non lo fanno (ma in effetti anche se lo facessero)?
La svolta è quindi urgente quanto necessaria e deve partire dallo sforzo di volontà di chi ha una consapevolezza superiore agli altri e forse anche una maggiore coscienza. Perchè il cambiamento di mentalità è sempre il più lento, ma, quando avviene, determina le trasformazioni più sostanziali.
Su questo argomento lascio come spunto di riflessione uno stralcio dal saggio “Le mentalità: una storia ambigua”, di Jacques Le Goff, uno dei più noti studiosi della “storia delle mentalità”, corrente storica che prese avvio in Francia con la Scuola delle Annales negli anni ’30 del Novecento:
“Il livello della storia delle mentalità è quello del quotidiano e dell’automatico, è ciò che sfugge ai soggetti individuali della storia, perchè esprime il contenuto impersonale del loro pensiero, è ciò che hanno in comune Cesare e l’ultimo soldato delle sue legioni, san Luigi e il contadino del suo regno[...].
L’inerzia, forza storica fondamentale, è propria piuttosto degli spiriti che della materia, poichè quest’ultima è spesso più pronta di quelli. Gli uomini si servono delle macchine che inventano conservando la mentalità dell’epoca precedente a queste macchine. Gli automobilisti usano un vocabolario da cavalieri[...]. La mentalità è ciò che cambia più lentamente. Storia delle mentalità, storia della lentezza nella storia. [...]
La coesistenza di parecchie mentalità in una stessa epoca e in uno stesso spirito è uno dei dati delicati, ma essenziali della storia delle mentalità. [...]
Altrettanto difficile è cogliere le trasformazioni delle mentalità. Quando viene meno una mentalità, quando ne appare un’altra? Non è facile vedere la novità in questo regno delle permanenze e delle resistenze. [...]
La storia delle mentalità è nondimeno una storia delle trasformazioni, e la più determinante.”
30 Marzo 2008 - Scrivi un commento