Impossibile riassumere la varietà multiforme dei suoi interventi, si può tentare - con queste righe - di determinare un denominatore comune che lo ha reso uno tra i critici più anticonformisti della società industriale. Goldsmith ha colto come dogma fondamentale della civilizzazione moderna lo sviluppo economico o “progresso”, che si rivela essere, in realtà, la sistematica sostituzione della tecnosfera o mondo surrogato - la fonte dei benefici artificiali - all’ecosfera o mondo reale - fonte dei benefici naturali.
Porre in dubbio l’efficacia di questo processo fatale è una eresia per la “religione” del progresso. Per l’“industria dello sviluppo” è sacrilego sostenere, ad esempio, che la modernizzazione dell’agricoltura nei Paesi del Terzo Mondo è la causa principale della malnutrizione e della carestia in quei Paesi (vedi La Fao e la fame, 1993); o che la medicina moderna non è riuscita a prevenire un aumento dell’incidenza globale di quasi tutte le malattie, fatta eccezione per il vaiolo. Così come nessun “credente” accetterà che la sistematica distruzione sociale e ambientale cui stiamo assistendo sia causata da questo “sacro” processo. Essa sarà invece imputata a deficienze o difficoltà nella sua realizzazione. In questo modo, la visione del mondo del “modernismo” ci impedisce di comprendere il nostro rapporto con il mondo reale, quello in cui viviamo, e di adattarci ad esso in modo da massimizzare il nostro benessere e la nostra reale ricchezza. La visione del mondo del modernismo e, in particolare, i paradigmi della scienza e dell’economia servono invece a razionalizzare lo sviluppo economico o “progresso”, che ci sta portando alla distruzione del mondo naturale.
Come è possibile che l’obiettività scientifica si comporti in modo tanto poco oggettivo?
Semplice, la scienza non è oggettiva, e questo è stato ben argomentato da alcuni dei maggiori filosofi della scienza contemporanea, come Thomas Khun, Imre Lakatos o Paul Feyerabend. Una ragione per cui gli scienziati accettano il paradigma della scienza e, quindi, la visione del mondo del modernismo, è che esso razionalizza le politiche che hanno fatto nascere il mondo moderno in cui essi credono. È molto difficile per una persona evitare di considerare il mondo in cui vive - l’unico che ha mai conosciuto - come la condizione normale della vita umana su questo pianeta.
Ecco allora lo studio delle antiche società tradizionali, la loro sostanziale similitudine simbolica nella diversità delle culture e degli ambienti abitati. Esse ponevano in evidenza due principi fondamentali che stanno alla base di una visione del mondo ecologica. Il primo è che il mondo vivente - o “ecosfera” - è la fonte di tutti i benefici e quindi di tutta la ricchezza, dispensati, però, solo se ne conserviamo l’ordine cruciale. Da questo primo principio ne segue il secondo: l’obiettivo primario del modello di comportamento di una società ecologica deve essere quello di preservare l’ordine cruciale del mondo naturale o del cosmo (omeostasi). In molte culture tradizionali ritroviamo una parola per tale modello di comportamento: gli indiani dell’epoca vedica lo chiamavano rta; nell’Avesta è chiamato a_a; gli antichi egiziani lo chiamavano maat; un altro termine indù, in seguito mutuato dai buddhisti, è dharma; i cinesi lo chiamavano Tao.
Se seguire la Via significa mantenere l’ordine cruciale del cosmo, si può ritenere che una società lo faccia quando il suo modello di comportamento, o di autogoverno, sia omeotelico. L’omearchia è il concetto chiave dell’intera visione olistica di Goldsmith ed indica il controllo di sistemi naturali differenziati da parte della gerarchia di sistemi più ampi, di cui essi fanno parte. Quando, al contrario, è eterotelico (il controllo delle parti di un sistema da parte di un agente esterno/estraneo alla gerarchia), si deve ritenere che la società segua l’anti-Via, quella che minaccia l’ordine del cosmo e provoca inevitabilmente la rottura degli equilibri.
Le unità di attività omeotelica sono le unità sociali naturali entro le quali gli esseri umani si sono evoluti: la famiglia, la comunità e la cultura che la sostanzia. Quando si disintegrano sotto l’impatto dello sviluppo economico, queste unità sono sostituite da istituzioni - politiche, economiche e sociali - il cui comportamento è sempre più eterotelico rispetto all’obiettivo di mantenere l’ordine cruciale della società e della gerarchia naturale.
Così l’educazione non svolge più la sua funzione di socializzare i giovani in un contesto comunitario, i modelli d’insediamento non rispecchiano più la struttura sociale e quella del cosmo, la tecnologia e le attività economiche cessano di essere “parte” dei rapporti sociali e vanno rapidamente fuori controllo divenendo i principali fattori di disgregazione sociale e distruzione ecologica. La religiosità diventa universale e ultramondana e non sacralizza più il mondo naturale e la struttura sociale, lasciandoli esposti al disincanto e, quindi, allo sfruttamento.
La civiltà industriale ha chiaramente deciso di scostarsi sistematicamente dalla Via. Il suo obiettivo primario è lo sviluppo economico o progresso, un’impresa altamente eterotelica che si può realizzare soltanto sconvolgendo metodicamente l’ordine cruciale dell’ecosfera per sostituirlo con un’organizzazione completamente artificiale, la tecnosfera, che trae le proprie risorse dall’ecosfera e in essa scarica i propri rifiuti, sempre più voluminosi e tossici.
Attualmente, con il processo avanzato di globalizzazione, stiamo rapidamente raggiungendo un disclimax ecosferico planetario, in cui l’uomo riuscirà effettivamente a cancellare tre miliardi di anni di evoluzione per regalarsi un mondo impoverito e degradato sempre meno capace di sostenere forme di vita complesse tra cui l’uomo stesso.
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