Per condire le nostre pietanze o per friggere patatine e quant’altro, gli italiani consumano annualmente 1.400.000 tonnellate di oli vegetali: circa 600-700 mila tonnellate di olio di oliva ed altrettante di olio di semi.
Date queste cifre, sorge un problema di smaltimento. E non solo di calorie in eccesso.
La maggior parte di noi, infatti, è solita versare nel lavandino della cucina – o in altri scarichi della casa – l’olio utilizzato per friggere, ignorando le ripercussioni di questa nostra abitudine sul Pianeta.
Si è calcolato che, attraverso le reti fognarie, finiscono nell’ambiente ben 800.000 tonnellate di olio fritto.
L’olio da cucina esausto è un rifiuto che, se disperso nell’ambiente, comporta gravi danni:
- nel sottosuolo forma uno strato sottile attorno alle particelle di terra e impedisce alle piante l’assunzione delle sostanze nutritive;
- quando raggiunge pozzi di acqua potabile li rende inutilizzabili: l’olio mescolato all’acqua ne altera il gusto rendendola imbevibile;
- se raggiunge uno specchio d’acqua superficiale, ad esempio un lago o uno stagno, può formare una sottile pellicola impermeabile che impedisce l’ossigenazione e quindi compromette l’esistenza della flora e della fauna;
- disperso in mare forma un velo sottilissimo che impedisce la penetrazione in profondità dei raggi solari con gravi conseguenze per l’ambiente marino.
Come evitare, dunque, questi danni?
La soluzione è quella di recuperare l’olio esausto. Tale pratica, però, coinvolge quasi esclusivamente i grandi utilizzatori come ristoranti, fast food e mense. Il problema riguarda, quindi, prevalentemente i privati.
Tra questi l’abitudine da sradicare è proprio quella di versare l’olio fritto negli scarichi. Quali sono, però, le alternative a questa prassi?
Innanzitutto, dopo averlo fatto raffreddare, l’olio fritto può essere versato in un recipiente che, una volta piena pieno, verrà portato alla più vicina isola ecologica o ad un ristorante in zona da cui poi sarà prelevato per essere riutilizzato. Infatti, se versare l'olio esausto negli scarichi rappresenta una prassi sbagliata, altrettanto dannoso è gettarlo nei cassonetti dell'indifferenziata: qui il recipiente potrebbe rompersi e l'olio dispendersi. Le isole ecologiche, invece, sono aree attrezzate per la raccolta differenziata dei rifiuti, disponibili in molti comuni italiani. A Roma, ad esempio, queste vengono gestite dall'AMA: nel sito dell'azienda è possibile reperire tutte le informazioni in proposito. Ovviamente, recarsi in un'isola ecologica dopo ogni pasto a base di fritto è un'impresa impossibile anche per i più volenterosi! Quello che si potrebbe fare è, però, raccogliere l'olio in un grande recipiente (ad esempio un fustino da 5 litri di detersivo): in tal modo ci dedicheremo all'operazione di smaltimento solo pochissime volte in un anno.
In Italia ad occuparsi del trasporto, dello stoccaggio, del trattamento e del recupero di oli e grassi esausti è il CONOE (Consorzio Obbligatorio Nazionale di raccolta e trattamento oli e grassi vegetali e animali esausti).
Grazie al contributo volontario delle imprese di raccolta e di rigenerazione l’attività del CONOE si è notevolmente sviluppata, raggiungendo una capacità di raccolta e di trattamento del prodotto intorno alle 45.000 tonnellate per anno. In sette anni, dal 2001 al 2008, la capacità di raccolta si è incrementata di quasi il 90%.
Oltre ad evitare i danni ambientali, l’opera di recupero dell’olio esausto, consente notevoli vantaggi economici. Tramite processi di trattamento e riciclo, dall’olio si ottengono infatti svariati prodotti, quali: lubrificanti vegetali per macchine agricole, per biodiesel e glicerina per saponificazione. I saponi, peraltro, possono essere realizzati anche in casa da chiunque sia dotato di buona volontà, rispetto dell’ambiente e desiderio di risparmiare.
12 Maggio 2009 - Scrivi un commento
Gianfranco Peano