Uranio impoverito, facciamo il punto con Stefano Montanari

Dopo la sentenza di un tribunale di Firenze che ha condannato il governo a pagare un risarcimento di mezzo milione di euro a un ex militare malato di tumore dopo una missione in Somalia, abbiamo intervistato Stefano Montanari per capire quali siano gli effetti dell'uranio impoverito e quali le possibili soluzioni.

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di Salvina Elisa Cutuli


Stefano Montanari, la sentenza di un tribunale di Firenze ha deciso un maxi risarcimento a favore di un ex militare malato di tumore dopo una missione in Somalia per presunta contaminazione da uranio impoverito. È una decisione storica? Cosa può significare?

"Io non ho competenza legale. Tutto ciò che posso dire è un tristissimo “io l’avevo detto.” Esistono evidenze di tale importanza e di tale inconfutabilità che sarà sempre più difficile tenere nascoste, anche se i mezzi di cosiddetta informazione combattono una quasi eroica guerra per farci sapere solo ciò che non disturba certi affari".

Si sente spesso parlare di uranio impoverito ma non si conoscono bene gli effetti che comporta. Potrebbe descriverli?

"In realtà, dell’uranio impoverito si conoscono perfettamente gli effetti, e a riprova di quanto dico esiste un documento militare americano che risale al 1978 e di cui io parlo ampiamente nei miei libri "Il Girone delle Polveri Sottili" e "Nanopathology", quest’ultimo scritto insieme con mia moglie Antonietta Gatti. Quel documento venne tenuto lontano dagli occhi del pubblico, però esisteva. Già allora, più di trent’anni fa, relazionando a proposito di una serie di esperimenti sulle armi allora sperimentali all’uranio impoverito, gli americani avevano documentato come l’esplosione ad altissima temperatura provochi la formazione di nanoparticelle costituite principalmente dal materiale colpito dal proiettile ed avevano intuito chiaramente, pur senza averne evidenza medica diretta, la pericolosità potenziale sulla salute di quei frammenti invisibili.


Proiettili all'uranio impoverito
L’uranio impoverito è ciò che resta di quel metallo dopo essere stato usato per scopi energetici. In pratica si tratta di uno scarto che non solo non ha alcun valore ma che è imbarazzante perché, radioattivo com’è (non molto, ma abbastanza da imbarazzare) non si sa dove metterlo. Uno degli usi è quello di farne i puntali di certi proiettili, dato che si tratta di un ottimo penetratore di corazze ed è piroforico. Il che significa che quando va a sbattere da qualche parte in presenza di aria, esplode ad oltre 3.000 °C di temperatura: un calore sufficiente per far vaporizzare il bersaglio. Questo vapore si ricondensa entro pochi secondi sotto forma di polveri sottilissime, molto più fini delle PM10 e può restare sospeso in aria per molti anni. Da qui la sua possibilità di venire inalato. Una parte di quelle particelle, poi, cade al suolo e ricopre frutta e verdura che diventano cibo per noi e per gli animali, venendo così introdotta nel nostro organismo. Inalate o ingerite non fa differenza sostanziale: in entrambi i casi quelle polveri inorganiche, non biodegradabili e non biocompatibili vengono sequestrate per sempre dall’organismo dove sono causa di innumerevoli malattie chiamate nanopatologie. L’elenco sarebbe lungo: dalle affezioni cardiovascolari come ictus, infarto cardiaco e tromboembolia polmonare a varie forme di cancro, da malattie del sistema nervoso come morbo di Alzheimer e morbo di Parkinson alla stanchezza cronica, da malattie di tipo endocrino come diabete e tiroiditi fino a malformazioni fetali spesso incompatibili con la vita. Questa è la nostra scoperta, una scoperta che le istituzioni hanno tentato per anni di tenere nascosta, e che oggi sta balzando in evidenza nonostante tutto".

La malattia riportata dall’ex militare italiano sarebbe il Linfoma di Hodgkin. Esiste un nesso tra questa malattia e l'esposizione all'uranio impoverito?


Tute e maschere limitano, ma non eliminano gli effetti dell'uranio impoverito
"Noi abbiamo indagato più di mille casi patologici, oltre cento dei quali di militari non solo italiani. Ciò che posso dire è che a livello dei tumori, linfoma di tipo Hodgkin e di tipo non Hodgkin compresi, ci abbiamo trovato le polveri da inquinamento bellico: una presenza estranea che non ci dovrebbe stare. Abbiamo anche eseguito esperimenti in vivo che dimostrano al di là di ogni possibile dubbio la capacità delle nanopolveri inorganiche non biodegradabili d’indurre cancro".

Quali sono le proprietà di questo metallo?

"In realtà non è l’uranio a produrre direttamente quei tumori. In nessuno del centinaio abbondante di casi militari investigati abbiamo trovato quel metallo o tracce di radioattività. Il motivo è semplice: l’uranio ha un peso specifico altissimo, oltre 19 volte quello dell’acqua, e ne basta un volume minimo per indurre la vaporizzazione di tonnellate di bersaglio. Le polveri che si formano, dunque, contengono quantità talmente infime d’uranio che lo rendono una sorta di ago in un pagliaio. Dell’uranio si sfrutta militarmente la capacità di penetrazione unita alla piroforicità di cui dicevo prima. Se si considera il tungsteno che certo radioattivo non è, le cose sono potenzialmente peggiori perché questo esplode intorno ai 5.000 gradi e fa un guaio ancora più grosso. La fortuna che abbiamo noi è che il tungsteno costa caro e non è un buon penetratore".

In questo caso specifico il Ministero della Difesa non ha disposto l'adozione di adeguate misure protettive per i partecipanti alla missione in Somalia. Un giusto atteggiamento limita al minimo le possibilità di contaminazione da uranio impoverito?

"Limitare le conseguenze è possibile. Eliminarle, no. Tute e maschere adatte possono essere utilissime, ma il problema vero è che quelle polveri sono indistruttibili e fra mille anni esisteranno ancora esattamente come nel momento in cui sono state prodotte. L’unico “vantaggio”, se di vantaggio si tratta, è che queste si saranno diluite in un ambiente più vasto. Comunque, come sempre, se si conosce il problema ci si può difendere, ma se si fa gli struzzi…"

Secondo Arturo Parisi, ex-ministro della Difesa, sarebbero 37 i morti in 10 anni per contaminazione da uranio impoverito, mentre Domenico Leggiero, dell’Osservatorio militare, dice di possedere un documento in cui si parla di «2.536 militari affetti da patologie tumorali, di cui 164 deceduti». Poiché non c’è alcuna certezza sulla causa delle patologie il ministro intendeva istituire un apposito centro di studio e cercare di verificare il nesso causa-effetto (uranio-malattie). Cosa pensa di questo centro?


Arturo Parisi, ex Ministro della difesa
"Io non sono certo in grado di fare la conta, ma le stime dell’ex-ministro sono palesemente errate per difetto. Basterebbe fare un salto al nostro laboratorio per rendersene conto. Una commissione senatoriale esiste e mia moglie ne fa parte (a titolo gratuito), ma istituire un centro di studio con scienziati che non siano in qualche modo “influenzati”, e il significato è “che non siano corrotti”, potrebbe avere grande utilità".

Per concludere?

"Se qualcuno avesse letto i miei libri non resterebbe sorpreso delle notizie che trapelano ora. Per esempio, non si meraviglierebbe del fatto che il ministro della difesa abbia stanziato 30 milioni di Euro per le vittime da uranio impoverito e da nanoparticelle. Né si meraviglierà di come tra qualche anno sarà impossibile nascondere gli effetti degli inceneritori che sono per tanti versi analoghi a quelli indotti dalle bombe all’uranio impoverito. Credetemi, però: io non sono affatto contento di avere ragione".

14 Gennaio 2009 - Scrivi un commento
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