Al capezzale dei ghiacciai italiani

I dati dell'estate 2008 confermano la tendenza negativa che potrebbe portare la gran parte dei ghiacciai alpini a scomparire entro i prossimi vent'anni.

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di Miriam Giudici


L'allarme è presente da tempo, e anche il bilancio dell'estate del 2008 conferma le preoccupazioni degli esperti: i ghiacciai italiani sono in costante arretramento, e seguendo le tendenze attuali potrebbero essere destinati a sparire nel giro di vent'anni.

Lo hanno reso noto la Società Meteorologica Italiana, presieduta da Luca Mercalli, e il Comitato Glaciologico Italiano di Claudio Smiraglia, che hanno commentato i dati raccolti su due grandi ghiacciai ai due estremi dell'arco alpino: il ghiacciaio dei Forni, nel gruppo Ortles-Cevedale, e il Ciardoney sul Gran Paradiso.

Al termine dell'anno glaciologico – che inizia in ottobre con le prime nevicate e termina a settembre, quando si effettuano le campagne di rilevamento – la quasi totalità dei ghiacciai italiani risulta in arretramento: questo perché il fronte, la parte più bassa, si scioglie a una velocità maggiore rispetto a quella dell'avanzamento della massa “alta”, che dovrebbe crescere con le nevicate invernali e scendere a valle.

Da tempo, però, l'avanzamento non riesce a compensare la fusione dei ghiacci nella parte inferiore, e i margini dei ghiacciai arretrano “nell'ordine dei 20-40 metri”, dice Smiraglia, e si assottigliano in media di 1,5 metri l'anno.

I motivi? Riscaldamento climatico e sconvolgimenti nel ritmo delle precipitazioni: la neve cade scarsa, e tardi, e non fa in tempo a compattarsi, gelare, e ad aumentare la massa dei ghiacciai. “L'innevamento c'è stato”, dice Luca Mercalli “ma è andato perduto”. E così il 2008 è stato, per i ghiacci delle nostre alpi “una nuova batosta”.


E non c'è solo un problema di dimensioni: anche ad alta quota, non solo sui fronti inferiori, si formano spaccature, crepacci, canali d'acqua, e il ghiaccio collassa. Lo si può osservare sui più famosi ghiacciai delle Alpi italiane, dal Monte Bianco, al Monte Rosa, al Bernina.

Sotto i 3500 metri di quota la situazione è particolarmente pesante, ed è per questo che si prevede che, con le tendenze attuali, i ghiacciai più bassi spariranno, come è già accaduto sui Pirenei.

I nostri ghiacciai, dunque, sono gravemente malati: la questione è seria, poiché da questi sensibilissimi sistemi ambientali dipende in larga misura la disponibilità di risorse idriche per i prossimi anni.

Esistono misure per contenere il problema? Posto che la battaglia contro il vero nemico, il riscaldamento globale, è titanica e richiede campagne a livello mondiale, anche in ambito locale si sono testati alcuni esperimenti per tamponare la perdita della massa glaciale.


Il Monte Bianco
Quest'anno il Centro Glaciologico Italiano ha tentato la copertura, con materiale geotessile, di alcune parti del ghiacciaio valtellinese del Dosdè Orientale. Si è partiti dall'osservazione che, in natura, i grandi ghiacciai himalayani e alcuni ghiacciai alpini (come quello del Miage sul Monte Bianco) che sono coperti da uno strato di detriti sono meno soggetti al fenomeno dell'ablazione (termine tecnico che designa la fusione); e si è deciso di mettere a punto un particolare tessuto – il geotessile chiamato Ice Protector, appunto – che assorbe i raggi UV e funge da barriera termica fra il ghiacciaio e l'atmosfera circostante.

Si tratta di tecnologie molto recenti, per ora utilizzate soprattutto su piccola scala con lo scopo di preservare alcuni ghiacciai per lo sci estivo, ma stanno iniziando a pervenire i primi risultati positivi.

Le ricerche continuano, in una lotta contro il tempo che, però, non potrà essere vinta se non intervenendo con decisione sul problema del riscaldamento globale nella sua totalità.

16 Settembre 2008 - Scrivi un commento
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