Ci si chiede oggi di essere complici della ricerca di un equilibrio: equilibrio a favore di chi ha il potere finanziario, a scapito delle nostre masse popolari. No, non possiamo essere complici. Non possiamo accompagnare nelle loro azioni assassine quelli che succhiano il sangue dei nostri popoli e vivono del sudore dei nostri popoli. Sentiamo parlare di “club”: Club di Roma, Club di Parigi, Club di dappertutto. Sentiamo parlare di Gruppo dei Cinque, dei Sette, dei Dieci, magari dei Cento o che so io. È normale che anche noi creiamo il nostro club e il nostro gruppo. Solo così potremo dire, oggi, che rifiutando di pagare non avremo intenzioni bellicose. Al contrario: intenzioni fraterne. Del resto, le masse popolari in Europa non sono contro le masse popolari in Africa. Ma quelli che vogliono sfruttare l’Africa sono gli stessi che sfruttano l’Europa: abbiamo un nemico comune.
È normale oggi che si preferisca riconoscere che i più grandi ladri sono i più ricchi. Un povero, quando ruba, non commette che un peccatuccio: per sopravvivere, per necessità. I ricchi: sono loro che rubano al fisco, alle dogane. Sono loro che sfruttano il popolo. Quando diciamo che il debito non sarà pagato non vuol dire che siamo contro la morale, la dignità, il rispetto della parola. Noi pensiamo di non avere la stessa morale degli altri: tra il ricco e il povero non c’è la stessa morale. La Bibbia, il Corano, non possono servire nello stesso modo chi sfrutta il popolo e chi è sfruttato: c’è bisogno che ci siano due edizioni della Bibbia e due edizioni del Corano.
E vorrei terminare dicendo che ogni volta che un paese africano compra un’arma, è contro un africano. Non è contro un europeo o un asiatico: è contro un africano. Perciò, sulla scia della risoluzione del problema del debito, dobbiamo trovare una soluzione al problema delle armi. Io sono un militare e porto un’arma, ma vorrei che ci disarmassimo. Allora, cari fratelli, col sostegno di tutti, potremo fare la pace a casa nostra. Potremo usare le sue immense potenzialità per sviluppare l’Africa, perché il nostro suolo e il nostro sottosuolo sono ricchi. Abbiamo abbastanza braccia, e un mercato immenso: da nord a sud, da est a ovest.
Il Burkina Faso è venuto a esporre qui la Cotonnade, prodotta e tessuta in Burkina Faso, cucita in Burkina Faso per vestire i burkinabé. La mia delegazione e io stesso siamo vestiti dai nostri tessitori, dai nostri contadini. Non c’è un solo filo che venga dall’Europa o dall’America. Non faccio una sfilata di moda, voglio solo dire che dobbiamo accettare di vivere africano: è il loro modo di vivere liberi e di vivere degni. Patria o morte, vinceremo.
La mia, ripeto, non è una provocazione. Col sostegno di tutti, di cui ho molto bisogno, potremo evitare di pagare, consacrando le nostre magre risorse allo sviluppo. Vorrei che la nostra conferenza adottasse la necessità di dire chiaramente che non possiamo pagare il debito. Non in uno spirito bellicoso: questo, per evitare che ci facciamo assassinare individualmente: se il Burkina Faso, da solo, si rifiuta di pagare il debito, io non sarò più qui alla prossima conferenza..."
Thomas Sankara, 29 luglio 1987
Articolo tratto da www.libreidee.org
11 Giugno 2010 - Scrivi un commento