di Miriam Giudici
E sempre il WWF, nell'Anno Internazionale della Biodiversità, lancia una campagna mondiale perché ai più alti livelli vengano presi impegni immediati per la difesa del grande felino che più di ogni altro rappresenta in Asia la regalità, l'eleganza e la forza.
Due i fronti su cui combattere: la deforestazione, causa della progressiva distruzione dell'habitat naturale della tigre, e il commercio (che in Oriente è in crescita) di alcune parti dell'animale a scopo decorativo o come parte della medicina tradizionale asiatica.
I rapporti sono chiari: l'esiguità dei numeri rappresenta tutta la gravità della situazione. Solo cinquanta esemplari di tigre vivrebbero in Cina allo stato selvaggio: tigri siberiane, del bengala o indocinesi che sopravvivono isolate e assediate dalla deforestazione. Un'ecatombe, se si pensa che negli anni Sessanta si era nell'ordine delle migliaia di capi presenti sul territorio cinese.
La specie è a rischio anche in India, Bangladesh e Nepal – dove le tigri indiane in tutto sarebbero meno di 1.800 – e in Siberia, dove si contano circa 450 esemplari. In Indonesia, poi, sarebbero non più di 400 le tigri di Sumatrache vivono in libertà.
Il WWF denuncia che si è giunti a un triste paradosso: ci sono ormai più tigri d'allevamento che tigri in libertà. In Cina se ne contano più o meno 5.000 capi, sfruttati nella farmacia tradizionale appunto per sopperire alla scomparsa delle tigri falciate dal bracconaggio.
Il problema è che le tigri nate in cattività non possono più essere reinserite nel loro ambiente naturale. Pertanto, gli ecosistemi risultano danneggiati nel loro equilibrio dalla mancanza del predatore più importante, perdendo enormemente in biodiversità.
Si spera che iniziative di tale calibro possano convincere i governi a fare quel minimo indispensabile che ancora oggi sembra mancare nel tutelare la tigre.
Proprio di questi giorni una notizia shock secondo cui il governo indonesiano vorrebbe promuovere la “adozione”, vera e propria, di esemplari di tigri di Sumatra da parte di quei privati che desiderano un esotico animale da compagnia.
Il modo più deleterio per occuparsi dello splendido felino asiatico, che sta pericolosamente avvicinandosi al punto in cui non ci saranno più abbastanza esemplari liberi per la riproduzione.
Il governo indonesiano ha deciso di concedere l'adozione di tigri di Sumatra, una scelta spinta da motivazioni controverse e che sta suscitando diverse polemiche.
di Andrea Boretti
Hai presente quando con tuo figlio sei andato al canile e hai scelto un bel cucciolo da crescere e con il quale vivere insieme? Ora, in Indonesia, la stessa cosa può praticamente essere fatta con le tigri!
E' di questi giorni, infatti, l'idea del governo indonesiano di permettere l'adozione della famosa e tristemente in via d'estinzione tigre di Sumatra. Nell' isola a Nord di Java risiede una delle più grosse colonie di tigri del mondo, circa 400 esemplari secondo le stime del WWF, ma il felino contava circa 1000 esemplari negli anni ottanta ed era molto diffuso a inizio secolo. "Per le adozioni - dicono da Jakarta - bisogna disporre di uno spazio minimo di 60 metri quadrati. “Anche se è preferibile offrire loro un terreno di grandi dimensioni”, ha precisato un responsabile del ministero delle Foreste.
Magari una foresta?
Ovviamente la polemica è immediatamente montata tra gli ambientalisti che chiedono al governo di impegnarsi per la salvaguardia delle foreste piuttosto che avventurarsi in iniziative folkloristiche e dal dubbio gusto etico. "Quella del ministero non è certo una soluzione per salvare questi animali ", commenta Bustar Matair, portavoce di Greenpeace nell'sudest asiatico.
Dal canto suo il governo indonesiano ribadisce che non si tratta di noleggiare una tigre, ma di ottenere l'autorizzazione ad occuparsene, un po' come fosse un cavallo di razza. Per questo motivo chi “adotta” una tigre deve ovviamente essere disposto ad accettare alcune condizioni. Didi Wiryanto, un consulente del ministero, insiste sull'argomento affermando che l'idea è venuta dopo che alcuni uomini d'affari si sono detti disposti ad occuparsi delle tigri. Il ministero ha visto questa come una grande occasione per salvare i felini: "non sono i soldi quello che ci interessa, ma la preservazione degli animali". Sarà, ma tra le condizioni per accedere all'adozione c'è comunque quella di pagare centomila dollari.
La verità potrebbe essere legata invece - volendo fare un po' di dietrologia - al prossimo calendario cinese (al via il 14 Febbraio) che sarebbe l'anno della tigre. Questa ricorrenza ed il prestigio che una tigre (almeno in Asia) porta a chi la possiede, sarebbero le vere ragioni della scelta del governo Indonesiano.
Soldi, prestigio, superstizione, salvaguardia. Quale che sia la verità, non c'è niente ma veramente niente che spieghi perché chiudere una tigre in un grande giardino sarebbe meglio che lottare per permetterle di vivere nel suo habitat. Forse così avremo un enorme micione ammaestrato, forse il suo padrone (più povero di centomila dollari ma ricco di prestigio) avrà anche il favore degli dei e farà grandi affari quest'anno, ma di sicuro tutta questa fortuna sarà solo temporanea perché 400 esemplari non sono molti - già 30 pare siano disponibili per l'adozione - e se ora tocca alle tigri abbandonare il proprio habitat in nome di chissà quale motivazione, domani toccherà ad un'altra specie e poi ad un'altra e un'altra ancora. Alla fine rimarremo solo noi, "esseri ben poco umani", e l'Arca di Noè, questa volta, sarà tutta per noi.
27 Gennaio 2010 - Scrivi un commento