Il progetto prevede la costruzione di un terminal terrestre nella zona di Zaule, all’interno della baia di Muggia. La responsabilità dell’edificazione è di Gas Natural, potente holding spagnola. Si tratterebbe di un rigassificatore, ossia di un impianto che riporta il gas naturale dalla fase liquida a quella gassosa.
I gas vengono infatti trasportati sottoforma di liquido, perché ciò ne riduce notevolmente il volume e rende più agevole lo spostamento: in tal modo, infatti, 600 litri di gas possono essere condensati in circa un litro di GNL (gas naturale liquefatto). Ma per far ciò occorre raffreddare la sostanza che si vuole liquefare e, nel caso del gas naturale, la temperatura da raggiungere e poi mantenere è di circa -163°C. Prima di essere immesso nella rete, il combustibile viene riportato nel suo stato originario: questo è il ruolo dei rigassificatori. Il riscaldamento del liquido (processo che è in grado di riportarlo in fase gassosa) avviene tramite contatto con acque calde, o meglio di temperatura superiore a quella del gas liquefatto. Per tale motivo i rigassificatori vengono costruiti al largo della costa, in acque marine.
E’ evidente, però, che lo scambio di calore tra l’acqua del mare e il gas liquefatto provoca un notevole raffreddamento del bacino in cui il rigassificatore è collocato, cosa che altera significativamente l’ecosistema ivi presente. Per tale motivo è necessario che l’area marittima in questione presenti una profondità elevata e che sia soggetta a un ricambio molto frequente con l’acqua del mare aperto. Condizioni entrambe che fanno sì che questo tipo di impianti trovino naturale collocazioni ad almeno 15km di distanza dalle coste.
L’impianto che l’Italia vorrebbe costruire nel golfo di Trieste rispetterebbe queste norme di tutela ambientale e sicurezza pubblica?
Secondo l’organizzazione ambientalista italo-sloveno-croata AAG (Alpe Adria Green) esso sarebbe tutt’altro che conforme e, per ottenere le autorizzazioni necessarie, la Natural Gas avrebbe falsificato i dati della valutazione d’impatto ambientale e sicurezza, con il beneplacito di alcuni ambienti politici triestini e non solo.
La AAG, in una conferenza stampa tenuta a Lubiana lo scorso 21 agosto, mise in evidenza prima di tutto come l’impianto verrebbe a trovarsi ad una distanza insufficiente dalla costa, in un’area interessata da intensissimi traffici marini: sarebbe dunque impossibile interdire alla navigazione una zona abbastanza ampia intorno ad esso. Sulla base delle valutazioni della IMO (Internationa Maritime Organization), per il caso in questione la regione interna dovrebbe avere un raggio di 2,8 km, mentre quella esterna, destinata alle operazioni di sicurezza, di altri 2km.
Inoltre, afferma la Alpe Adria Green, i dati riportati nel dossier di valutazione di impatto ambientale presentato dalla Natural Gas sono errati, in quanto indicano una profondità maggiore ed una temperatura minore di quelle reali. Esse risultano infatti coincidere con le medie valutate su tutta l’area dell’alto Adriatico, non del Golfo in particolare, che ha caratteristiche diverse. Risulta difficile che si tratti di negligenza o disattenzione, è molto più probabile che ci sia un intento doloso, ossia la falsificazione al fine di ottenere i permessi di edificazione.
Un ulteriore elemento da considerare è la possibilità di un effetto a catena nel caso in cui un rigassificatore si trovi in prossimità di altri impianti pericolosi. La direttiva comunitaria 96/82/CE vieta per l’appunto la concentrazione nella stessa area di strutture di questo tipo.
Alpe Adria Green fa osservare che tale prescrizione non sarebbe rispettata nel caso in esame, in quanto il terminal di Zaule verrebbe a trovarsi poco distante dall’oleodotto transalpino, nonché dalla zona industriale presso il porto nella quale sono presenti numerosi depositi e fabbriche che fanno uso di sostanze tossiche e/o infiammabili. Non si dimentichi poi che varie navi cariche di sostanze pericolose transitano quotidianamente nell’area.
A proposito di ciò, ancora secondo quanto dichiarato da AAG, nella documentazione presentata sarebbe stata omessa l’esistenza di alcuni degli impianti energetici o pericolosi in effetti presenti in vicinanza del (futuro) terminal di Zaule.
L’organizzazione, anche per come si sono sviluppate le vicende relative alle valutazioni effettuale e alle posizioni prese dal Governo italiano, ipotizza legami poco leciti tra ambienti politici ed imprenditoriali friulani e non solo.
Sulla base di queste dichiarazioni e delle prove connesse fornite dalla Alpe Adria Green, già al termine dello scorso agosto la Commissione Interministeriale slovena responsabile del caso espresse parere negativo ed invitò il ministro dell’ambiente Karl Erjavec a scrivere al Governo italiano (in particolare a Stefania Prestigiacomo) per chiedere spiegazioni riguardo alle denunce fatte da AAG, nonché i dati relativi al gasdotto che dovrebbe connettere il rigassificatore alla rete nazionale, anch’essi mancanti nella documentazione presentata da Gas Natural.
In seguito a tale parere negativo, a inizio settembre il Governo Sloveno ha deciso di negare il permesso, dichiarando che il progetto, che interessa i porti di Trieste e Capodistria, è inadatto alla zona del Golfo. Inoltre esso si è dichiarato scontento del modo in cui l’Italia ha gestito la faccenda, in quanto in un memorandum italo-sloveno - sottoscritto nel settembre 2008 - i due paesi si accordavano per svolgere insieme le valutazioni dell’impatto ambientale e sulla sicurezza del progetto e quindi prendere una decisione comune.
Un incontro tra i ministri degli esteri dei due paesi si sarebbe dovuto tenere la seconda settimana di settembre, ma esso è stato annullato per impegni in Italia di Frattini. Tale cancellazione era stata percepita come una mossa politica del nostro governo, seguente l’espressione di un parere negativo da parte della Slovenia.
L’incontro è stato dunque rimandato ad ottobre. In tale occasione l’Italia dovrà presumibilmente chiarire alcuni aspetti della vicenda e dare ascolto alle posizioni prese dal Governo sloveno. Nel frattempo quest’ultimo sta conducendo delle proprie valutazioni dell’impatto ambientale, da affiancare o contrapporre a quelle presentate dalla Natural Gas.
Se le dichiarazioni fatte dall’organizzazione Alpe Adria Green sono affidabili, la situazione del porto di Trieste è piuttosto delicata e c’è da augurarsi che il progetto venga bocciato. Ma Slovenia e Italia sono legate da vari interessi economici, tra cui quelli relativi ad un possibile potenziamento della centrale nucleare di Krsko, situata a poca distanza dal confine. Ne segue che sia ben probabile che alla fine i nostri vicini concedano il nulla-osta e che il rigassificatore venga edificato.
In tal caso ci si dovrà dolere di ben due cose. Prima di tutto della costruzione di un impianto che perturba un ecosistema, mettendone a repentaglio la sopravvivenza, e che sottopone i cittadini ad un elevato rischio in caso di incidenti. In secondo luogo, che ancora una volta un Paese straniero abbia avuto da lamentarsi della legalità con cui in Italia vengono svolte le valutazioni dell’impatto ambientale e della sicurezza pubblica delle infrastrutture: gli interessi economici e politici vengono sempre messi al primo posto rispetto al bene comune. Viva il “bel Paese”!
27 Settembre 2009 - Scrivi un commento
Il mare del golfo noi lo viviamo da generazioni e le sue caratteristiche, è risaputo essere particolari e non sicuramente paragonabili al valore medio dell'alto adriatico;E poi abbiamo un laboratorio di biologia marina che poteva essere interpellato con più cognizione di causa in materia; se ce ne fosse stata la volontà.
Concludo dicendo che ci siamo spinti nell'Unione Europea non essendone ancora preparati; chissà... fra alcune generazioni.... forse grazie ai nuovi extra-comunitari.
Complimenti e cordiali saluti.