I rigassificatori sono impianti dal costo estremamente elevato, nell’ordine dei miliardi di euro, determinano impatti ambientali di una certa rilevanza, ma soprattutto risultano potenzialmente pericolosissimi in caso di esplosione. Nel mondo i rigassificatori sono in totale una cinquantina, la metà dei quali concentrati in Giappone, dove la morfologia del territorio rende problematica la costruzione dei gasdotti.
A fronte della finora scarsa diffusione di questo tipo d’impianti a livello mondiale (in particolare le strutture off shore come quella inaugurata in autunno al largo di Rovigo o quella in progetto al largo di Livorno sono fra le prime al mondo nel loro genere) occorre sottolineare come l’unico incidente catastrofico accaduto in un rigassificatore fino ad oggi, rimanga quello di Cleveland nel 1944 che determinò la morte di 130 persone.
Ciò nonostante la maggior parte degli esperti, pur non ritenendo probabile l’eventualità di un’esplosione, ammette la possibilità che questa possa verificarsi e concorda nel considerare potenzialmente catastrofiche le conseguenze della stessa, soprattutto nel caso esistano insediamenti abitati nell’area interessata dall’incidente.
I primi progetti ad andare in cantiere dovrebbero essere il rigassificatore off shore di Livorno costruito dalla tedesca Eon, il rigassificatore di Trieste appannaggio del colosso iberico dell’energia Gas Natural, quello di Augusta che sarà costruito dalla Erg, il rigassificatore di Porto Empedocle di competenza dell’Enel, l’impianto di Porto Recanati che sarà realizzato da Gaz de France ed il rigassificatore di Falconara appannaggio dell’Api.
La scelta italiana di puntare in maniera così massiccia su questo genere d’impianti (se tutti i progetti venissero realizzati diventeremmo il secondo paese al mondo per numero di rigassificatori alle spalle del Giappone) è stata fino ad oggi motivata con l’ambizione di diversificare le fonti di approvvigionamento del gas, nell’ambito di una costante crescita dei consumi energetici del nostro paese nei decenni futuri.
Tale giustificazione si manifesta priva di fondamento, non solamente alla luce della pesante congiuntura economica, che rende assai poco probabile una crescita esponenziale del fabbisogno energetico italiano nei prossimi anni, ma anche e soprattutto in virtù del fatto che l’Italia ha creato e sta continuando a sviluppare una rete di gasdotti in grado di soddisfare abbondantemente le esigenze presenti e future del nostro paese nell’ambito dell’importazione del gas.
Basti pensare che soltanto ragionando a breve e medio termine è attualmente in fase di completamento il potenziamento del gasdotto algerino Ttpc che trasporterà 6,5 miliardi di metri cubi di gas in più l’anno; l’ENI, inoltre, ha già iniziato il potenziamento del gasdotto Tag che trasporta in Austria il metano estratto dai giacimenti siberiani per consentire il trasporto aggiuntivo di 3,2 miliardi di metri cubi annui.Entro la fine del 2012 la società Galsi s.p.a. della quale fanno parte Edison, Enel ed Hera, dovrebbe terminare la costruzione di una nuova pipeline di 2280 km che via Sardegna trasporterà annualmente 8,5 miliardi di metri cubi di metano aggiuntivo dall’Algeria a Piombino, in Toscana e nel corso del 2013 dovrebbe essere inaugurato il gasdotto South Stream che attraverso la Grecia trasporterà il gas russo fino in Puglia.
In realtà, il complesso programma energetico basato sulla costruzione di un così grande numero d’impianti di rigassificazione, fortemente osteggiato dai cittadini che si ritroveranno a dover convivere con queste strutture pericolose ed impattanti, non mira alla diversificazione delle fonti di approvvigionamento, né tanto meno intende rispondere ad una futura crescita della domanda italiana che non avrebbe ragione di esistere.
Semplicemente la scelta dei rigassificatori costituirà uno strumento a disposizione delle grandi multinazionali dell’energia per costruire enormi profitti, trasformando l’Italia in una sorta di hub energetico attraverso il quale distribuire il gas negli altri paesi europei. Come sempre profitti in larga parte privati, costruiti sulle spalle dei cittadini, senza essersi neppure premurati di chiedere loro il permesso.
29 Gennaio 2009 - Scrivi un commento
Se si vogliono notizie o se si ritiene di poter essere utile con qualsivoglia notizia mi può contattare: giorgiosciarra@alice.it