Innanzitutto, c’è da considerare il fatto che, seppur in tantissimi ed in costante aumento, siamo per il momento una minoranza rispetto al resto della popolazione del cosiddetto mondo industrializzato.
A quanti di voi sarà capitato, anche fra parenti o amici, di essere guardato con aria interrogativa, o addirittura preso per fondamentalista, estremista o pazzo, nel momento in cui vi siete avventurati a parlargli della Decrescita Felice…
Basta molto poco a spaventare le persone, soprattutto quando queste hanno subìto un lavaggio del cervello lungo più di due secoli. Produttivismo, consumismo, dipendenza dal mercato, carriera ecc. Come ce li si può scrostare di dosso dall’oggi al domani?
Immaginate di essere da sempre convinti che la vostra meritata ricompensa per aver dedicato la maggior parte del vostro tempo al lavoro, un lavoro che magari odiate, è il consumo. Immaginate adesso che qualcuno arrivi e vi dica, o vi faccia più o meno cortesemente notare, che il consumo è proprio fra le cause che vi portano a spendere la maggior parte del vostro tempo alle prese col lavoro di cui sopra.
Di sicuro ciò vi potrebbe creare qualche problema, o comunque non vi farebbe sentire a vostro agio. È come credere da una vita a Babbo Natale e sentire qualcuno che vi dice (o vi dimostra) che Babbo Natale non esiste.
Come vi sentireste?
La Decrescita Felice è, soprattutto per le masse, qualcosa da metabolizzare un po’ alla volta, con calma.
Il fatto, e il problema, è che il tempo stringe, sia a livello economico, che sociale, che ambientale. La famigerata recessione dell’economia globale non si farà gli scrupoli che si sta facendo il sottoscritto, ed imporrà bruscamente a moltissima gente degli stili di vita molto diversi da quelli a cui si è abituata negli ultimi anni, determinando così una serie di reazioni e problematiche sociali sotto certi aspetti inquietanti.
E l’ambiente? Beh, ancor più dell’economia o della società, si saprà regolare e “proteggere” da solo, quando per nostra sfortuna lo vorrà fare. Del resto ha già iniziato a darci espliciti segnali, e non aspetterà che dei minuscoli, giovanissimi, irrispettosi e parecchio presuntuosi esseri “salvino il pianeta”, quando non sono nemmeno in grado di salvare se stessi.
Un altro importante aspetto da considerare quando si propone a qualcuno di seguire ciò che la Decrescita Felice “insegna” (o spesso semplicemente “riscopre”), è che non tutti hanno avuto lo stesso percorso.
A quanti amici e/o colleghi provenienti dall’est europeo, dal sud America, dall’Africa e dalla Cina stessa ho parlato della Decrescita Felice! Bene, a quanti credete sia passato per la testa, nonostante in molti abbiano sinceramente condiviso le mie parole ed idee, di abbandonare gli stili di vita che avevano sognato da una vita (quelli consumistici occidentali) e che erano appena riusciti a fare propri?
Ci vorrà del tempo prima che si rendano conto, cellulare dopo cellulare, auto dopo auto, debito dopo debito, che la luccicante società dei consumi alla fine non porta a vivere tanto meglio di quanto potessero fare i folli regimi sotto i quali molti di loro sono cresciuti, e che passare da un estremo all’altro non è certo la scelta più saggia.
È per questo che ritengo fondamentale parlare della Decrescita Felice alla maggior quantità di persone possibile, cercando però di evitare moralismi o prediche a chi non la pensa come noi, o a chi non può ancora permettersi di farlo. Perché come diceva tempo fa Andy Riley, vignettista dell’inglese “Observer”, è irritante «leggere sui giornali quanto è bello “rallentare” prima ancora di aver potuto “accelerare” ».
Per molta gente, anche nei Paesi “sviluppati”, non ha ancora senso parlare di decrescita, o comunque non gliene importa nulla visto che, appunto, non ha ancora avuto modo di “crescere”, secondo i canoni forniti da questo tipo di società.
Insomma, è per diversi motivi che, per portare chi ci circonda al cambiamento in cui tutti speriamo, dobbiamo innanzitutto cambiare noi stessi (“Sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo!”), perché sono indispensabili umiltà, costanza, lucidità e tanta pazienza. Ci si può augurare, ma non certo aspettare, che questi cambiamenti avvengano in fretta. Ma così non sarà.
E se la pazienza a volte si perde (cosa umana e sacrosanta, soprattutto in un mondo che ci dà sempre più motivi per farlo), facciamo almeno in modo che ci porti ad incanalare le nostre energie nella giusta direzione, e non a chiuderci a riccio nell’indisposizione a comunicare, nella presunzione di aver capito tutto o, caratteristica tuttora molto italiana, nella tendenza ad ideologizzare.
26 Febbraio 2009 - Scrivi un commento
Credo che sensibilizzare serva, ma non corrisponde a cambiare effettivamente le cose. Ci vorrebbe un vero e proprio esempio da seguire, una dimostrazione vera e sotto gli occhi di tutti, in modo da far capire cosa si possa ottenere. Sul come farlo, io non posso suggerire soluzioni, non è purtroppo nelle mie capacità. Comunque il fatto che ci sia già così tanta gente interessata è già un ottimo punto di partenza, ora si dovrebbe investire sul pragmatismo effettivo del nostro mondo di idee...
E ripeto, parlo di caratteri generali, applicabili a qualsiasi "idea di cambiamento"...