Oltre a quantitativi abnormi di anidride carbonica, la “megamacchina” che chiamiamo progresso produce invece un’enorme sequela di veleni che in varia misura contribuiscono, sia direttamente sia indirettamente, ad aggravare i mutamenti climatici attualmente in atto.
Molto interessanti a questo riguardo sono i risultati di uno studio condotto nell’ambito del programma per l’ambiente dell’ONU, concernenti gli effetti delle nubi brune atmosferiche.
Le nubi brune, presenti secondo lo studio soprattutto in Asia, ma anche in Nord America ed in Europa, Pianura Padana compresa, sono sostanzialmente enormi nuvole costituite dalla combustione delle energie fossili, che oscurano il cielo delle grandi metropoli per lunghi periodi dell’anno. Queste nubi, generate dall’attività umana, sono cariche di particolato e particelle inquinanti di ogni tipo e arrivano in alcuni casi a raggiungere i 3 km di spessore, determinando una serie di conseguenze estremamente rilevanti a livello climatico.
Secondo i risultati dello studio, tali nubi oltre ad avere un impatto pesante sulla qualità dell’aria e sull’agricoltura, aumentando i rischi sanitari ed alimentari per 3 miliardi di persone nel mondo, costituiscono una sorta di scudo che riflette la luce solare, diminuendo la quantità delle piogge e contribuendo al riscaldamento dell’atmosfera, mentre al contrario il suolo tende a raffreddarsi in virtù del diminuito irraggiamento solare.
In alcune grandi metropoli come Pechino, Shanghai e New Delhi dal 1970 ad oggi si è riscontrato un calo della luminosità superiore al 20%. Nel sud est asiatico dal 1950 ad oggi le precipitazioni monsoniche sono diminuite del 7%, mentre risultano raddoppiati i fenomeni meteorologici estremi. Più in generale la presenza delle nubi brune sembra incidere pesantemente determinando anomali mutamenti delle temperature e del regime delle precipitazioni che sommati alle conseguenze dell’accumulo di CO2 in atmosfera saranno in grado di produrre effetti potenzialmente catastrofici, la cui portata allo stato attuale delle ricerche non risulta ancora definita.
Se le dinamiche d’interazione fra i vari elementi che ingenerano i mutamenti climatici non sono ancora state sviscerate nella loro interezza (ammesso che possano esserlo in futuro) appare invece di una chiarezza adamantina l’individuazione dell’unica strada che può consentirci di rimediare (nel caso ci sia ancora il tempo per farlo) alla catastrofe imminente. Diminuire in maniera corposa l’incidenza della tecnosfera sulla biosfera (anziché incrementarla come stiamo continuando a fare), tentando di recuperare, almeno in parte, gli equilibri che abbiamo perduto o stiamo perdendo e imponendoci di preservare almeno quella parte di ambiente che non è ancora stato devastato in maniera irreversibile.
27 Novembre 2008 - Scrivi un commento