Eppure è la realtà. Stiamo attraversando in questi anni una forte crisi dell’acqua che, viste le attuali tendenze, non accenna a migliorare ma induce piuttosto a formulare ipotesi pessimistiche.
L’acqua e la Terra
Che la Terra sia quasi del tutto ricoperta d’acqua non è certo un segreto per nessuno. Tuttavia circa il 97,5 per cento di questa acqua appartiene al mare e, dunque, è salata. Soltanto il 2,53 per cento dell’acqua del mondo è per così dire dolce, in teoria utilizzabile dall’uomo per sopperire ai suoi bisogni. Tuttavia di questa piccola percentuale, i due terzi appartiene a ghiacciai e alla neve permanente: di acqua a cui l’uomo ha propriamente accesso ne rimane ben poca. La maggior risorsa proviene dalle precipitazioni, ma i cambiamenti climatici combinati a una cattiva gestione della risorsa idrica fanno sì che in gran parte del mondo l’acqua scarseggi e rapprensenti un problema grave e una minaccia per la vita.
La maggior parte dell’acqua dolce che abbiamo a disposizione viene costantemente sottoposta agli sprechi personali, agricoli e dell’industria, che contribuisce non poco a inquinare questa preziosa risorsa rendendola inutilizzabile. All’inquinamento e alla mancanza di una corretta amministrazione si aggiungono i cambiamenti che il clima sta avendo da diversi anni a questa parte. Se in alcune zone del mondo piove di più, altre, come le zone tropicali e sub tropicali, vedranno probabilmente nel corso degli anni diminuire le precipitazioni. La desertificazione che sta avvenendo in certe parti del pianeta non aiuterà a risolvere questo delicato quanto vitale problema.
Popolazioni all’asciutto
Moltissimi sono i paesi a dover fronteggiare il problema dell’acqua, anche tra i più insospettabili (per citarne alcuni: Israele, India, Cina, Bolivia, Canada, Messico, Ghana e Stati Uniti). Tuttavia, le popolazioni che maggiormente vivono la crisi dell’acqua, e in cui la risorsa idrica scarseggia maggiormente, sono proprio le più povere, appartenenti principalmente alle nazioni dei cosiddetti Terzo e Quarto Mondo. Un rapporto sullo sviluppo delle risorse idriche delle Nazioni Unite (WWDR– World Water Development Report), da cui questo articolo prende spunto, segnala che addirittura il 50 per cento della popolazione che vive nei paesi in via di sviluppo è esposta ad acqua inquinata.
Le cifre parlano di almeno un miliardo e mezzo di persone che soffrono la sete e non hanno accesso all’acqua pulita. Numeri allarmanti, soprattutto se si pensa che gli esperti ritengono che nel corso di questo secolo siano destinati a incrementarsi drasticamente. Le persone che rimarranno senz’acqua saranno dai due miliardi (secondo una visione ottimistica) ai sette miliardi.
Già oggi la scarsità d’acqua è un problema da non sottovalutare, che coinvolge numerosi popoli e che causa una serie incredibile di conseguenze.
Numerose sono state e sono ancora oggi le guerre per l’acqua che sono scoppiate in vari paesi del mondo. La risorsa idrica sta sempre più assumendo nel corso degli anni una valenza politica che le ha valso il soprannome di oro blu. L’acqua come il petrolio insomma. O più del petrolio. “Se le guerre di questo secolo (ventesimo, ndr) sono state combattute per il petrolio, quelle del prossimo secolo avranno come oggetto del contendere l’acqua” diceva nel 1995 Ismael Serageldin, vicepresidente della Banca Mondiale. E non si sbagliava. In Africa, in Asia ma non solo: i paesi e le popolazioni coinvolte in conflitti più o meno dichiarati sono numerosi, e i protagonisti non sono solamente le nazioni in via di sviluppo. Tensioni esterne e guerre civili interne scoppiano a causa dell’usufrutto di un bene che dovrebbe appartenere a tutti, come sostiene Vandana Shiva, scrittrice indiana, nonché rinomata scienziata e attivista ambientalista, autrice del libro Le guerre dell’acqua (Feltrinelli 2003).
Un esempio su tutti è il Sudan: questo paese si contende con l’Uganda l’utilizzo delle acque del Nilo causando contrasti elevati. All’interno, invece, una guerriglia tra governo islamico e ribelli del sud di religione cristiana e animista devasta il paese da anni utilizzando il conteso dominio sulle risorse idriche come vera e propria arma.
Nemmeno l’opulento Occidente, tuttavia, è alieno al problema se è vero che il fiume Colorado è causa di tensioni ormai decennali fra USA e Messico.
Gli effetti sulla scolarizzazione
La ricerca dell’acqua è di vitale importanza. Senz’acqua non si può sopravvivere. È per questo motivo che giornalmente donne e bambini dei villaggi più poveri, in Africa, per esempio, si incamminano alla ricerca di acqua. Per cercare il prezioso bene camminano otto ore al giorno, portando pesanti carichi.
Questo fenomeno ha una conseguenza negativa sulla scolarizzazione e sull’alfabetismo. I bambini sono costretti a saltare la scuola per cercare l’acqua. Mentre le donne, per il medesimo motivo, devono rinunciare a occuparsi dei propri figli da vicino o a cercare un lavoro redditizio che permetta loro di far fronte alle tasse scolastiche.
Un pozzo è privilegio di pochi villaggi, eppure la sua presenza sarebbe fondamentale per permettere una vita di qualità sensibilmente migliore.
Le malattie dell’acqua
La mortalità nei paesi in via di sviluppo è, com’è noto, molto alta. Non tutti, però, forse sanno che l’80 per cento delle malattie che colpiscono le popolazioni che abitano in questi paesi sono dovute all’acqua. O meglio, alla scarsità di acqua o alla presenza di acqua inquinata.
A causa di acqua contaminata, infatti, hanno facile diffusione le malattie gastro-intestinali, come la diarrea, che mietono costantemente vittime. Per non parlare di malanni dovuti a punture di insetti che vivono in acque non bonificate, come la malaria. O dell’igiene insufficiente dovuta non a una questione culturale, ma alla scarsità d’acqua o alla presenza di acqua inquinata.
La realtà, già di per sé dura, colpisce ancora di più se si pensa che questo alto tasso di mortalità riguarda soprattutto i più piccoli, ovvero i bambini sotto i cinque anni.
A tutto ciò si aggiunge la mancanza di vaccinazioni contro alcune malattie mortali, ma prevenibili e potenzialmente curabili, come la malaria e la resistenza sempre più elevata di batteri e parassiti alle medicine.
Cosa si può fare
Si calcola che un contadino africano abbia a disposizione 20 litri di acqua al giorno. L’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) ha stabilito che il
Ma scoprire cosa fare non è difficile. Numerose sono le associazioni no profit che si occupano del problema dell’acqua a cui è possibile offrire il proprio contributo. A titolo di esempio citiamo AMREF, un’organizzazione operante in Africa che si occupa delle problematiche del continente nero e che da tempo porta avanti una campagna di sensibilizzazione sull’acqua e un progetto di aiuto concreto, dal titolo “AMREF porta l’acqua”, che promuove la costruzione di pozzi e di acquedotti.
Ciò che potrebbero fare i governi, poi, è molto di più, come ben evidenziano le sfide lanciate dalle Nazioni Unite nel sopracitato WWDR: i governi delle nazioni mondiali potrebbero apportare una vera svolta alla questione proteggendo l’ecosistema, promuovendo un’industria più pulita, dividendo le risorse, governando la risorsa idrica in maniera più equa.
Articolo a cura di Laura Sarotto
23 Settembre 2008 - Scrivi un commento