Kingsnorth è, e rimarrà per anni, una trincea del movimento ecologista, non solo inglese. Aperta nel 1973, per anni ha fornito elettricità a una parte di Londra, bruciando sia carbone che petrolio e iniettando CO2 nell’atmosfera. Ora il governo di Gordon Brown è sul punto di autorizzare “Kingsnorth 2”, un imponente ampliamento della centrale originaria, che di fatto rappresenterebbe (nel 2012) la prima nuova centrale a carbone realizzata sul suolo britannico dopo oltre vent’anni.
E’ in questo clima che si era consumata l’iniziativa dei cinque improvvisati scalatori (più un compagno ad aiutarli da terra). Avevano con loro provviste di acqua e cibo per stare appollaiati sulla ciminiera a duecento metri d’altezza per quattro giorni. Qualcosa però non deve avere funzionato al meglio, inducendoli a scendere dopo trenta ore senza avere completato la loro protesta, nemmeno per iscritto. Ma per il nome Gordon dipinto a caratteri cubitali è stato stimato dalla E.ON. un danno di quasi 40 mila euro.
Gli attivisti non hanno respinto l’accusa, né hanno contestato la cifra ipotizzata per rimediare al danno. Pur avendo usato vernice ad acqua, che probabilmente sarebbe venuta via in poche settimane, gli avvocati non si sono focalizzati sulla sproporzione della stima economica. La linea difensiva scelta è stata un’azzardata ma consapevole provocazione: pur ammettendo di avere causato un danno - era la teoria -, i sei sarebbero stati legalmente giustificati perchè agivano per prevenire danni più gravi, come la morte di essere viventi o danni a proprietà, sia nel Kent che nel resto del mondo, dovuti alle emissioni di Kingsnorth.
Nel processo sono stati sentiti come testimoni diversi scienziati. Il professor James Hansen, consulente della Nasa e collaboratore di Al Gore, ha sostenuto che Brown dovrebbe impegnarsi per una moratoria sulla costruzione di nuove centrali a carbone. Fra i passaggi della testimonianza: “C’è un potenziale sufficiente nelle fonti rinnovabili. […] L’aumento della concentrazione di CO2 in atmosfera a causa di attività umane è diecimila volte più alta del livello naturale. […] Se non facciamo qualcosa, lasceremo ai nostri figli, nipoti e discendenti una situazione ingestibile”.
Quando la giuria ha emesso il verdetto di non colpevolezza gli stessi attivisti di Greenpeace erano stupiti. Nel passato recente gli ambientalisti sono riusciti a vincere diverse cause, ma per la prima volta un tribunale inglese ha riconosciuto la “lawful excuse”, una “scusante legittima” per un’azione dimostrativa non legale, motivata in punta di scienza ambientale.
Si vedrà se la sentenza sarà confermata in appello, ma per il governo Brown il messaggio suona più chiaro anche di quello che si voleva lasciare sulla ciminiera di Kingsnorth. L’interesse vivo dell’opinione pubblica, il rischio di uno scavalcamento ambientalista da parte della destra, e ora una storica sentenza di tribunale richiamano Brown ai propri passati proclami di lotta al riscaldamento globale, al ruolo di guida che reclamava per la Gran Bretagna. “Ma come potremo coinvolgere cinesi e indiani, se non cominciamo noi una nuova politica?”, chiedeva Hansen durante il processo. Intanto in giro per l’Inghilterra si moltiplicano i messaggi di attivisti galvanizzati dalla sentenza pro-Greenpeace: “Gordon Brown farebbe bene a preoccuparsi”.
17 Settembre 2008 - Scrivi un commento