Con una nota Legambiente ha commentato le indiscrezioni secondo cui il rinvio della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del Decreto Legge approvato il 30 Aprile dipende da perplessità rispetto alla copertura di spesa prevista dal provvedimento.
In concreto, i 250 milioni di Euro che il Governo ha previsto di pagare per gli impianti entrati in funzione dal gennaio 2009, attraverso l’Autorità per l’energia elettrica e il gas, non avrebbero una copertura certa, poiché dipendono dalla vendita all’asta di quote di emissioni che dovrebbe avvenire nel 2013. Secondo Legambiente si tratta di una soluzione "pasticciata", che regala soldi alle imprese più inquinanti e che, ancora una volta, risulta in evidente contrasto con le politiche europee di riduzione della CO2 e di spinta all’efficienza energetica.
Il decreto dà il via libera a un finanziamento pubblico diretto alle imprese che, invece di pagare per la CO2 emessa come prevede la Direttiva ETS, beneficeranno di fondi che a partire dal 2013 saranno messi a disposizione da Bruxelles per adottare politiche a favore del clima.
“Una vera beffa - commenta Legambiente - perché quelle risorse dovrebbero servire proprio a promuovere interventi di riduzione delle emissioni di Gas serra. E un evidente infrazione delle Direttive Europee perché regalando quote gratuite si viola la direttiva europea sugli aiuti di Stato e la concorrenza tra le imprese. Dunque, anche se dovesse superare l’impasse di bilancio ci sono tutte le premesse perché il provvedimento venga impugnato dalla Commissione europea”.
Rispetto alla quota gratuita che il Piano italiano doveva distribuire, si aggiunge ora una nuova quantità non prevista e in contrasto con le indicazioni di Bruxelles. Questa situazione dipende anche dall’errore commesso nel 2008 dall’allora Governo Prodi che, per rimanere sotto la quota massima complessiva indicata dalla Commissione Europea, fu generosa con gli impianti esistenti e invece tagliò la quota prevista per i nuovi.
“Il vero problema dell’Italia - sottolinea l’associazione - è l’entrata in funzione nel 2009 di nuove centrali iper inquinanti e in particolare dell’impianto a carbone di Civitavecchia che, con i suoi 10 milioni di tonnellate di anidride carbonica generate ogni anno, ha letteralmente prosciugato le quote di CO2 previste per tutti gli impianti. Se il Governo Berlusconi avesse avuto il coraggio di applicare ai nuovi impianti il criterio del chi più inquina più paga, invece di questo pasticcio avrebbe negoziato con Bruxelles i criteri per garantire un accesso più equo alle quote riservate ai nuovi entranti”.
Il soccorso italiano alle imprese più inquinanti giunge poi, proprio mentre si stanno finendo i conti sull’andamento del mercato europeo della CO2 del 2009. Conti da cui emerge un dato sorprendente: nel complesso le imprese italiane che a causa della crisi hanno inquinato meno del previsto, potrebbero ricavare fino a 250 milioni di Euro dalla vendita dei permessi ad inquinare non “consumati”.
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