Vita in campagna

Guerrilla Making, l'evoluzione del guerrilla gardening

Oggi parlare di ecologia e ambiente va molto di moda. In alcuni casi dalla teoria si passa alla pratica riuscendo a concretizzare quanto si dice. È successo con i Guerrilla gardening negli anni '70. Adesso non basta più, è necessaria un'evoluzione. La "guerrilla" del fare e dell'insegnare a fare è la vera rivoluzione, soprattutto se si coinvolgono più persone possibili.

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di Nicola Savio

guerrilla gardening aiuola
Nato negli USA negli anni '70, Il Guerrilla Gardening prevedeva “l'assalto” di aree urbane degradate e la loro “piantumazione abusiva”
Siamo sinceri: la verdura va di moda.

Non che questo sia un male di per sé. Anzi, se si riesce a sbrogliarsi in situazioni imbarazzanti, a non farsi fregare da una serie di snobismi sterili mantenendo saldi i piedi sui contenuti e non solo sulle immagini, questo è un buon momento in cui fare “casino”.

Spesso e volentieri le “mode” sono riuscite ad oltrepassare lo status di “frivolezza” e “vuoto” mondano per diventare abitudini consolidate.

Purtroppo, nella maggior parte dei casi questo è stato reso possibile da forme di interesse economico o di marketing sociale.

Questo è in parte il caso del Guerrilla Gardening.

Nato negli USA negli anni '70, Il Guerrilla Gardening prevedeva “l'assalto” di aree urbane degradate e la loro “piantumazione abusiva”.

Un sistema divertente ed efficace per ricreare socialità e spazi a misura d'uomo in un'ottica di dadaistica rivoluzione “verde”.

Ad oggi della carica rivoluzionaria rimane ben poco.

Date all'assessore sotto elezioni un'aiuola di periferia e lui la trasformerà in un “green attack”, novello Michelle Obama alle prese con petunie e tulipani (ma, probabilmente con una mise meno trendy). Prendete qualche grosso centro commerciale e sarà più che felice di promuovere la vostra azione di Guerrilla.

Non sono più gli anni '70. Le nostre città sono frammentate in mille individualità che cercano costantemente unioni (fisiche o virtuali) in un moto browniano di aggregazione e repulsione.

In un contesto come questo il Guerrilla Gardening diventa quasi esclusivamente il sistema più rapido ed economico per dare sfogo per un giorno “alla signora delle camelie” che c'è in noi o, peggio, per qualsiasi operazione di GreenWashing politico-economica che capiti a tiro.

Il Guerrilla Gardening è stato assorbito, metabolizzato dai comunicatori, svuotato del vero senso di “improvvisazione destabilizzante” ed occupazione pacifica. E' stato, più o meno improvvisamente, assorbito nel novero del folklore rassicurante: “vedete che bella società che vi abbiamo creato? Ci sono anche gruppi di cittadini fantasiosi che vanno a piantare fiorellini e a pulire le aiuole!”

Il Guerrilla Gardening è diventato una comoda pezza per coscienze sociali.

Sia ben chiaro: anche se immeritatamente, come partecipante al progetto di agricoltura urbana Rizomi, io mi considero un Guerrilla Gardener. Se no mica me la prenderei tanto!

guerrilla gardening
Il Guerrilla Gardening è diventato una comoda pezza per coscienze sociali
Quindi il Guerrilla Gardening è morto schiacciato dall'ecologia affettata dei TalkShow e delle vetrine mediatiche? Si... almeno in parte. Almeno fino a quando non si vanno a toccare i contenuti “veri” e a parlare fuori dal proprio recinto, dalla propria “Nazione Indiana”. Lì, allora, la Guerrilla fa ancora male e l'establishment (un po' da operetta ad essere sinceri) si rivolta.

Ma cosa fa ancora male all'establishment? Cosa destabilizza e, potenzialmente, viene vissuto come un contagio? Non sicuramente la semina di 30 tulipani in uno spartitraffico dimenticato che tornerà ad essere dimenticato dopo qualche giorno.

Il fare.

Il fare, l'insegnare a fare. L'azione non su un'anonima collettività, ma sui singoli individui.

Non l'azione estemporanea, ma l'acquisizione di competenze creative.

Lo “sparare il cambiamento solo quando si vede il bianco degli occhi” (e ogni tanto anche a caso tra la folla che non fa mai male...)

Ecco, questa potrebbe essere una valida evoluzione, una nuova (ma neanche tanto) vita per il Guerrilla Gardening: Il Guerrilla Making. La Guerrilla del Fare e dell'insegnare a Fare. Che sia il pane a lievitazione naturale, l'orto su un terrazzo, il sabotaggio dell'impianto idraulico per il recupero delle acque grigie, l'autocostruzione di una pala eolica o l'istallazione di un sistema operativo open source.

Scegliete una “vittima” ed insegnategli a fare e, se potete, costringetelo ad insegnarvi qualcosa. Fate progetti chiari che abbiano una loro possibilità di evoluzione nel tempo.

Legate le persone a cui avete insegnato a fare a dipendere dalle nuove competenze, legatele al gusto ed alla meraviglia di essere in grado di creare.

E non di consumare.

guerrilla gardening tombino strada
Ma cosa fa ancora male all'establishment? Non sicuramente la semina di 30 tulipani in uno spartitraffico dimenticato
Le regole del Guerrilla Maker:

- Non comprare mai nulla che, una volta “morto”, non possa essere smontato e riutilizzato tutto o in parte.

- Non accettare consigli da nessuno, prima prova a farlo. Se funziona: raccontalo.

- Se hai bisogno di qualcosa prima pensa a come puoi ottenerlo gratis.

- Se una cosa ti piace, prima di comprarla pensa a come potresti farla tu. Poi fanne uno per un tuo amico.

- Se sai fare qualcosa chiedi a qualcuno se gli interessa e se ha delle competenze da scambiare.

- Se non lo sai fare tu... da qualche parte c'è qualcuno che lo sa fare.

Post Scriptum - questo scritto è stato profondamente ispirato da un post pubblicato sul Blog Fili di Paglia. Grazie

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21 Aprile 2010 - Scrivi un commento
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2 lettori hanno commentato questo articolo:
6/5/10 16:29, Nicola ha scritto:
Grazie! ;)
6/5/10 15:20, Selvatici ha scritto:
Grande Nicola, questo mi è veramente piaciuto perchè vitale e energetico. Condivido!
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