E invece lo siamo, e non “pedoni” come amiamo appellarci da dietro le lamiere delle nostre automobili. “Pedoni”, quasi fossimo pedine fastidiose da lasciare ai margini del guard rail. E così progettiamo strade a misura di veicoli, e non di persone, strade sprovviste delle misure minime per la sicurezza di chi va a piedi, e che oggi sempre più spesso viene definito “utenza debole”, quasi gli mancasse qualcosa nel corredo cromosomico.
Niente attraversamenti pedonali sulle strade ad alta velocità in prossimità di centri abitati, niente marciapiedi, niente dossi, niente segnaletica orizzontale o verticale che inviti in qualsiasi modo gli automobilisti a rallentare. Niente piste ciclabili, pretenderle sarebbe troppo! Questa la situazione delle nostre strade statali e provinciali, non appena varchiamo la facciata delle grandi città.
Così, ogni giorno circa 60 persone vengono investite sulle strade italiane, oltre 2 perdono la vita, circa 58 finiscono in ospedale per lesioni più o meno gravi; dove quel “più” può significare anche restare invalidi in modo irreversibile.
Gli ultimi dati ASAPS relativi al 2006 parlano chiaro: le vittime a piedi sono state 758 in un anno, pari al 13,4% delle vittime stradali totali, con un incremento dello 0,7% rispetto al 2000. Fra i pedoni, gli anziani e i bambini rappresentano i più deboli fra i deboli: “gli over 65 totalizzano da soli il 54,4% delle vittime mortali e il 29,9% dei feriti; le vittime fra i bambini da 0 a 15 anni nel 2006 sono state 40 segnando un drammatico incremento pari al 60% rispetto ai 25 piccoli pedoni uccisi nel 2005”. Ai primi posti per il numero di vittime: Lombardia, Lazio, Piemonte, Emilia Romagna, Veneto. Regioni grandi e popolate, è vero, regioni che ci rappresentano, in Italia, nel mondo.
Per fronteggiare questa emergenza l’ACI – che per il 2008 sarà capofila del progetto EuroTest dedicato alla sicurezza dei pedoni – ha addirittura proposto di introdurre nel Codice della Strada l’obbligo per i conducenti di dare la precedenza non solo ai pedoni che attraversano sulle strisce, ma anche a quelli che si accingono ad attraversare, come già avviene in altri paesi UE.
Quello che fa male, però, oltre alle singole vite spezzate, è che stiamo uccidendo quello che siamo, quello che abbiamo conquistato in quanto uomini lungo il corso della nostra evoluzione: la posizione eretta, la liberazione della mano, del viso, tutte le conseguenze che questo ha comportato per un’articolazione comunicativa ed una manipolazione dell’ambiente esterno sempre più complesse. Ora, ci sembra di poterne fare benissimo a meno. E una strana amarezza ci coglie se pensiamo che facciamo di tutto pur di restare seduti su una sedia a quattro rotelle, ma ci manca il respiro all'idea di restar seduti su due…
26 Marzo 2008 - Scrivi un commento