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Amazzonia: una vittoria per Greenpeace (e per tutti noi)

I giganti della carne e della pelle hanno unito le loro forze per mettere al bando l’acquisto di capi di bestiame provenienti da aree recentemente deforestate.

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Amazzonia
Amazzonia: rinasce la speranza!
BRASILE, 7 ottobre 2009 – Nel corso di una conferenza stampa organizzata da Greenpeace a San Paolo, le aziende più importanti al mondo nel settore della produzione della carne e della pelle hanno unito le loro forze per mettere al bando l’acquisto di capi di bestiame provenienti da aree recentemente deforestate. JBS-Friboi, Bertin, Minerva e Marfrig hanno finalmente risposto alla richiesta di Greenpeace per fermare la deforestazione in Amazzonia. Un passo da gigante verso la protezione del clima.

L’importante decisione di queste aziende avviene a soli quattro mesi dal lancio del rapporto di Greenpeace “Amazzonia, che Macello” che denunciava la diretta connessione tra la distruzione dell’ultimo polmone del mondo e l’espansione delle attività di allevamento bovino in Amazzonia, legate anche a gravissimi fenomeni di nuove schiavitù.

“Ha funzionato! - afferma Chiara Campione, responsabile della campagna Foreste di Greenpeace Italia – La nostra strategia è stata quella di fare pressione sui marchi globali che, attraverso azioni dirette e il coinvolgimento di decine di migliaia di consumatori, si sono convinti a spingere i propri fornitori brasiliani verso una soluzione sostenibile per non mettere a rischio importanti rapporti commerciali”.

A seguito del lancio del rapporto, infatti, Greenpeace ha raccolto le pronte risposte di aziende italiane come il Gruppo Natuzzi (Divani&Divani), Gucci e Geox ed altre internazionali come Adidas, Timberland e Nike. Questi marchi si sono impegnati a cancellare contratti a tutti quei fornitori non in grado di garantire che i loro prodotti non provenissero da fenomeni di deforestazione in Amazzonia.

Nel corso dell’evento a San Paolo, JBS-Friboi, Bertin, Minerva e Marfrig hanno formalmente dichiarato l’adozione di standard ambientali e sociali che assicureranno che i propri prodotti non provengano da allevamenti o mattatoi responsabili di fenomeni come la deforestazione, l’occupazione di territori indigeni e forme di lavoro schiavile. Anche l’Associazione Brasiliana dei Supermercati (ABRAS) e il Governatore dello stato del Mato Grosso, Blairo Maggi, hanno presenziato all’evento sostenendo fortemente l’obbiettivo “Deforestazione Zero” di Greenpeace.

“Tra 10 settimane soltanto i governanti del mondo si incontreranno a Copenhagen per concordare un efficace patto sul clima. Il 20% delle emissioni di gas serra (GHG) viene causato proprio dalla deforestazione in aree come l’Amazzonia, l’Indonesia o le antiche foreste africane. – continua Campione - Un vero accordo sul clima deve prevedere la fine della deforestazione e l’abbattimento delle emissioni. È l’unica chance per il pianeta e per tutti i suoi abitanti.”

8 Ottobre 2009 - Scrivi un commento
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Un lettore ha commentato questo articolo:
9/10/09 15:51, Marco Grassilli ha scritto:
Mi chiedo perché Greenpeace, WWF e simili continuano a "dimenticarsi", nelle loro campagne, che l'industria della carne (allevamenti intensivi, allevamenti estensivi, macelli) è tra le dirette responsabili del riscaldamento terrestre, con l'emissione - da sola - del 18% della CO2 prodotta a livello mondiale: il 18% delle emissioni globali di gas serra (33% in più rispetto all'intero settore dei trasporti) deriva, infatti, dagli animali allevati...!
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