The No Impact Man, l’Uomo a Impatto Zero, si chiama Colin Beavan, vive a Manhattan con la moglie Michelle, la figlioletta Isabella e un cane, insieme ai quali condivide un appartamento di circa 70mq. Dopo personali riflessioni sulla necessità di frenare i cambiamenti climatici e la distruzione della Terra, tramite la riduzione della nostra impronta ecologica su di essa, Beavan decide di sperimentare cosa possa significa oggi vivere a New York City a impatto zero. Ovviamente la famiglia viene coinvolta nell’avventura.
L’esperimento ebbe inizio nell’autunno del 2006, con una prima “settimana di prova”. A quel tempo Colin e Michelle, entrambi scrittori di professione, avevano rispettivamente 43 e 39 anni, mentre la piccola Isabella solo 18 mesi. Sebbene le difficoltà da affrontare apparvero subito numerose, la coppia decise di andare avanti e impegnarsi nel progetto di condurre un intero anno di vita a impatto zero.
Per abituarsi al cambiamento e scoprire le alternative o le strategie più adeguate (e più eco-friendly) Colin e Michelle hanno strutturato il percorso in passi successivi. Si sono concentrati dapprima sulla problematica dei trasporti, poi quella della riduzione dei rifiuti, in seguito sulla scelta adeguata dei cibi e così via.
Le deroghe a tale regime di “disconnessione dalla rete” (non solo internet, bensì proprio la rete elettrica), come lo definisce lo stesso Beavan, prevedevano che in casa di amici fosse lecito guardare la tv, come anche usare il computer a lavoro.
Rendendosi conto che eliminare del tutto la propria impronta sul pianeta non è possibile, la famiglia newyorkese decise di intraprendere anche azioni attive che compensassero ciò che restava del loro impatto. Hanno pertanto preso parte a progetti di riqualifica ambientale, ad esempio la riforestazione di alcune aree degli Stati Uniti, e prestato servizio volontario in occasione di interventi come pulizia delle spiagge dai rifiuti e simili.
Tutto ciò con l’obiettivo di realizzare il seguente bilancio:
Impatto negativo + Azioni positive = Zero, ossia Impatto netto nullo.
Durante l’anno di esperimento, Colin Beavan ha tenuto in piedi un blog in cui ha reso testimonianza delle sfide cui giorno per giorno ha dovuto far fronte insieme alla sua famiglia, chiedendo talvolta anche consigli e opinioni ai lettori. E di opinioni ne sono giunte tante, alcune molto incoraggianti, altre critiche, da parte di gente scettica riguardo al suo progetto e alla sua buona fede.
A soli tre mesi dall’inizio dell’esperimento, Beavan aveva già firmato un contratto con una nota casa editrice statunitense per la redazione di un libro in cui il progetto e la singolare esperienza della famiglia sarebbero state raccontate in maniera dettagliata.
Caso vuole che Laura Gabbert, la migliore amica di Michelle (che conosce la donna fin dai tempi della scuola superiore, secondo quanto afferma Beavan) sia una realizzatrice di film indipendenti. Dopo l’idea del libro, arriva dunque quella di un film che mostri agli spettatori, con un taglio quasi da reality show, come si svolge la vita quotidiana della temeraria famiglia newyorkese.
Il libro e il film-documentario sono già in distribuzione negli Stati Uniti, forse tra un anno approderanno anche qui da noi. Per il momento ci è dato solo di leggere il revival del blog di Beavan, il quale mantiene in piedi il diario sul sito ripubblicando stralci di quanto scriveva durante l’anno di esperimento.
Quand’anche così fosse, comunque, l’iniziativa resta molto interessante. In primo luogo essa apre o alimenta riflessioni e discussioni non solo riguardo ciò che si dovrebbe fare per arrestare i disastri ambientali in corso, ma anche sui comportamenti che si possono realmente assumere nella vita di tutti i giorni.
Non solo, la testimonianza diretta, circostanziata ad una specifica situazione, ad una vicenda familiare i cui attori hanno nomi e cognomi precisi, vivono in un determinano contesto e trascorrono giornate “reali” di vita quotidiana, può avvicinare i lettori o spettatori alla tematica ambientalista in maniera meno astratta.
Attraverso la visione ravvicinata, l’immedesimazione che l’opera documentaristica rende possibile, altri cittadini possono sentirsi stimolati ad applicare nella propria vita alcuni dei dettami proposti da Colin e Michelle.
Chi poi fosse già ad un livello più avanzato di coscienza e azione nell’ambito della riduzione dell’impronta ecologica, può comunque scoprire nell’esperienza di Beavan soluzioni ad alcuni problemi pratici, nuovi suggerimenti e ancora occasioni di riflessione.
Non è chiaro quante delle scelte intraprese durante il periodo di esperimento siano state poi perpetrate al termine di questo. Sicuramente non tutte, visto che lo stesso No Impact Man nella descrizione della sua idea aveva dichiarato: “Quando avremo finito, potremo rientrare nel mondo dei normali consumatori, ma forniti di strumenti per decidere quali componenti del nostro stile di vita a impatto zero vorremo mantenere e quali no”.
Ad ogni modo l’interesse riguardo all’esperimento di Colin e famiglia è cresciuto, pertanto dalle pagine del suo sito Beavan ha lanciato un nuovo progetto, chiamato per l’appunto “No Impact Project”. Esso è volto a riunire i soggetti interessati alla conversione ad una vita a basso impatto e aiutarli durante tale percorso, nonché nella scoperta di quali siano gli adattamenti all’ambiente in grado di migliorare loro la vita, rendendoli anche più felici.
Questo No Impact Man forse è un po’ troppo “americano” negli estremismi, l’infervorazione e la capitalizzazione mediatica. Ma l’impresa resta interessante e gli spunti che se ne possono trarre numerosi.
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