Per fissare un obiettivo comune, i paesi del G8 e del G5 (Cina, Brasile, India, Messico e Sud Africa) hanno firmato un accordo per limitare l’innalzamento della temperatura globale a un massimo di due gradi rispetto all’epoca preindustriale.
Da anni gli scienziati del clima raccomandano questo limite, la temperatura media terrestre però, è già salita di 0,8 gradi e salirà di almeno altri 0,6 con i soli gas serra attualmente presenti nell’atmosfera, spiega Alden Meyer del gruppo americano Concerned Scientists.
Lo scienziato aggiunge che se si volesse realmente contenere l’innalzamento della temperatura globale a due gradi, bisognerebbe immediatamente ridurre in modo radicale le emissioni di questi gas.
L’obiettivo proposto dai paesi del G8 è di dimezzare le emissioni entro il 2050. “L’ostacolo maggiore resta il fatto che il G8 e le altre nazioni sviluppate continuano a rifiutarsi di adottare collettivamente rigidi obiettivi a medio termine”, afferma Ban Ki-Moon, Segretario Generale dell’ONU. I politici attuali danno indicazioni ai loro nipoti, ma non parlano di quello che dovrebbero fare loro stessi, oggi.
La controproposta dei G5 era una riduzione più immediata (entro il 2020) del 40% dei gas serra. Il rifiuto di questo progetto da parte dei paesi sviluppati, però, ha ostacolato la firma di un accordo comune: alla fine solo i paesi del G7, senza la Cina, hanno siglato il documento sulla riduzione di emissioni.
Il nostro premier ha criticato l’astensione dei cinesi: “L'Europa vuole una legislazione di avanguardia, ma la Cina sta facendo resistenza.” Giuseppe Onufrio, direttore esecutivo di Greenpeace Italia, replica: “Cercano di dar la colpa a India e Cina per il loro fallimento, una bugia degna di Pinocchio. Questo fallimento è il fallimento del G8”.
La Cina ricorda che siamo stati noi, i paesi più ricchi, ad aver prodotto gran parte dell’inquinamento atmosferico. Considerando le nazioni a seconda delle quantità di gas serra che emettono, il Major Economies Forum si può ancora suddividere in due gruppi: da una parte i paesi del G8, che emettono la metà dei gas inquinanti del mondo, dall’altra i paesi in via di sviluppo (il G5 più Corea del Sud, Australia e Indonesia) che non arrivano a un quarto delle emissioni totali.
Federico Rampini ricorda inoltre che “le nostre multinazionali hanno un ruolo decisivo nel trasferire verso le nazioni emergenti le produzioni più distruttive per l’ambiente”. Alla conferenza ONU del 2007 a Bali, i paesi industrializzati si erano impegnati ad aiutare le nazioni emergenti a sviluppare tecnologie pulite. È il mancato rispetto di questi progetti a destare sfiducia nei paesi del G5.
“Tra vecchi paesi ricchi e nazioni emergenti non è stato superato il grande fossato della diffidenza”, osserva Kim Carstensen del Wwf. Europa, Stati Uniti ed altre nazioni industrializzate dovrebbero dare ai paesi emergenti 150 miliardi di dollari l’anno fino al 2020, per sostenere tecnologie pulite, ridurre la deforestazione e prevenire danni causati dai cambiamenti climatici, stima Meyer.
Sebbene gli argomenti della Cina siano comprensibili e per quanto l’accordo sul dimezzamento dei gas entro il 2050 assomigli più che altro a un rinvio, il fatto che la Cina non l’abbia firmato resta uno dei principali fallimenti di quest’incontro.
Da un anno essa emette più gas serra di qualsiasi altro paese, avendo tolto il primato agli Stati Uniti. Quella che dovrebbe essere quindi una delle prime nazioni a partecipare a tali iniziative, si è limitata a firmare l’accordo sui due gradi di innalzamento della temperatura.
All’incontro di dicembre a Copenhagen verrà approvato il nuovo protocollo sul clima (Kyoto II). Restano cinque mesi per determinare le basi di questo trattato, che avrebbero potuto venir fissate al summit del G8.
12 Luglio 2009 - Scrivi un commento