La filosofia stessa che ha ispirato la nascita di questo organismo nel 1957 – allora si chiamava Comunità Economica Europea – è di chiaro stampo economicista e mercantilista; in più di cinquanta anni ci sono state molte evoluzioni, è stato cambiato il nome – l’Unione Europea come la conosciamo oggi nasce a Maastricht nel 1992 – ma i problemi sono sempre gli stessi. Prima di tutto stiamo parlando di un organismo sopranazionale che si nutre della sovranità dei paesi che lo compongono accentrando nelle sue mani il potere legislativo, economico, politico e giudiziario.
Esso è strutturato espressamente per sottrarsi alla legittimità del consenso popolare.
Il Parlamento, unico organo elettivo dell’Unione, ha infatti un ruolo estremamente limitato: gode formalmente del potere legislativo, ma l’iniziativa di legge spetta alla Commissione Europea e il Parlamento si deve limitare a fornire un parere, peraltro solo nei casi più importanti; detiene il potere di bilancio, ma il consuntivo viene presentato dalla Commissione e il Parlamento, di concerto con il Consiglio dell’Unione Europea, lo può esaminare e respingere solo per gravi e importanti motivi; infine il Parlamento può esercitare una mozione di censura in sede di costituzione della Commissione Europea.
Le competenze più importanti sono attribuite al Consiglio dell’Unione Europea, formato dai Ministri dei paesi membri, e alla Commissione Europea, formata da commissari proposti ciascuno da un paese membro e nominati dal Presidente della Commissione, che a sua volta è selezionato dal Consiglio dell’Unione Europea. Da non dimenticare infine il ruolo della Banca Centrale Europea, depositaria di importantissimi compiti di natura economica e monetaria e composta dalle maggiori banche centrali europee, a loro volta di proprietà di banche commerciali private.
Ecco il quadro di una struttura esclusiva e oligarchica, in cui ogni organismo si appoggia all’altro senza mai passare però attraverso l’approvazione elettorale e popolare.
Niente di strano, a pensarci bene, che la Costituzione di un organismo che per anni ha agito nell’esclusivo interesse delle grandi aziende, delle lobby finanziarie e dei poteri forti di oltreoceano, dimostrandosi estraneo ai bisogni dei popoli europei, proprio da essi sia stata respinta con decisione.
La prima proposta di Costituzione europea risale al 2004 ed era formalmente denominata Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa. La firma della carta è avvenuta il 28 ottobre 2004 a Roma e ha preceduto l’iter di ratifica presso ciascun paese membro. Com’è noto, questo processo è stato bruscamente interrotto nel 2005 dalla netta bocciatura di Francia e Olanda, gli unici due Stati (insieme alla Spagna) che avevano deciso di ricorrere al referendum popolare. Il 54,7% dei francesi e il 63,3 % degli olandesi ha infatti rifiutato la proposta costituzionale.
Il pesante insuccesso ha indotto le istituzioni europee ad attuare un’opera di revisione e modifica della carta costituzionale presentata, anche tenendo conto delle aspre critiche avanzate da alcuni paesi in fase di Conferenza Inter-Governativa.
Nonostante questo sforzo di convergenza – finalizzato fra l’altro a eliminare resistenze e intoppi nel corso del processo di ratifica – permangono diverse criticità anche nel nuovo Trattato di Riforma: per quanto riguarda la politica estera, la nuova figura del Ministro degli Esteri viene eliminata ma l’Alto Rappresentante per la PESC (Politica Estera e di Sicurezza Comune) godrà comunque dell’ampliamento dei poteri che sarebbe dovuto spettare al Ministro. Viene abolita la struttura a tre pilastri che era stata presentata come una grande conquista ai tempi del Trattato di Maastricht. Viene notevolmente ridotta la frequenza di avvicendamento alla presidenza del Consiglio: da sei mesi a due anni e mezzo. Vengono ridotti i componenti della Commissione Europea, che rappresenteranno non più tutti i paesi membri ma solo due terzi di essi, con la possibilità di operare esclusioni e selezioni. Fortunatamente alcune modifiche - come per esempio l’introduzione della possibilità di recesso dall’UE o la facilitazione dell’esame delle proposte comunitarie da parte dei parlamenti nazionali - possono essere anche considerate come un passo avanti rispetto al precedente trattato.
Per quanto riguarda l’iter di ratifica del Trattato di Riforma (meglio noto come Trattato di Lisbona), è stato accuratamente evitato da tutti i paesi il ricorso al referendum. Giunto il turno dell’Irlanda però, che è obbligata dalla sua costituzione alla consultazione popolare, è sorto un nuovo intoppo poiché il 53,4% degli irlandesi si è dichiarato contrario anche a questa proposta. E il problema non è solo legato alla credibilità politica dell’Unione, ma anche al fatto che impalcatura strutturale dell’UE, che aveva dato per scontata l’approvazione del Trattato di Riforma entro il 2009, si trova ora in una imbarazzante situazione di empasse operativo.
Il Sogno europeo
Il Sogno americano, figlio del mito della frontiera e modello di vita per molte generazioni di diversi paesi,... Continua... |
Il Futuro dell'Europa
Non v'è dubbio che, in questi ultimi anni, il progetto europeo talvolta è apparso difficilmente... Continua... |
Caro Francesco,
nulla mi toglie dalla mente che l'avversione all'UE di persone intelligenti come quelle del tuo sito sia cieca.
Ovvero sia determinata da una "naturale" avversione verso ciò che è lontano, sovranazionale, SENZA un motivo vero, di fondo, di contrasto verso un'istituzione non capita e non studiata fino in fondo.
Eppure l'UE ha garantito un periodo di pace e prosperità senza guerre. E ora voglio combattere nel campionato globale con USA, Cina, India, Brasile: nel XXI secolo o saremo Europa o non saremo.
Paolos
Ciao paolos; ho individuato nelle tue considerazioni un passaggio che è emblematico della nostra divergenza di pensiero: al "campionato globale" in cui tu ti vuoi battere io mi guardo bene dal partecipare, anzi cerco di fare in modo che non si svolga neanche.
l'unione europea ha a mio avviso un compito molto difficile che è quello di recuperare attraverso l'affratellamento il retaggio storico e spirituale comune che costituisce la "vera europa" e che - in questo sono d'accordissimo con te - è la nostra unica speranza di sopravvivere in uno scenario geopolitico in cui noi siamo un vaso di terracotta in mezzo ai vasi di ferro di USA, cina, GB e altri (facendo un pò di fantapolitico ti confesso che vedo con simpatia la russia di putin).
per quanto sia arduo tuttavia, l'UE è ben lontana da svolgere al meglio questo compito. già il fatto he sia nata da un trattato esclusivamente mercantile è un campanello d'allarme (mi riferisco al CECA del 1950); e infatti è facile notare come la maggior parte delle decisioni siano prese con criteri economici, poichè l'economia è la sfera che mantiene il primato su tutti gli altri ambiti (quello sociale, politico, culturale eccetera).
addolcendo un pò la pillola potrei dirti che l'unione europea rappresenta una rappresentazione in scala maggiorata di tutte le storture che caraterizzano la politica italiana (concorderai che non sono poche...) e tiene un atteggiamento che mai ci potrà portare alla tanto agognata indipendenza economica e politica dal mondo atlantico (penso per esempio allo scandalo sloveno delle intercettazioni di fried, vice di condy rice, proprio mentre jansa era presidente di turno del consiglio europeo; oppure della precipitosa ritrattazione di topolanek delle sue affermazioni su israele e "piombo fuso").
un saluto e ancora un ringraziamento per la passione con cui ti confronti con noi su questi temi importanti e interessanti.
francesco
Le considerazioni sul campionato sono le stesse che ho fatto prima: questo atteggiamento è cieco. Far finta di non vedere un campionato che già esiste non ha molto senso.
L'UE ha iniziato la sua vita dal lato economico? Ma tutti sappiamo anche che questo approccio è figlio di un fallimento: ovvero del falimento della CED, cioè quello di far partire l'integrazione partendo dalla difesa, dagli eserciti che fallì per colpa dei francesi. E allora la strada individuata per far partire una qualche forma d'i integrazione era ripartire dalle macerie del dopoguuerra, ovvero affrontare insieme la questione dell'acciaio: non appena possibile l'integrazione europea si è spostata sul lato politico (che peraltro è quello che critichi di più).
Che poi l'UE non sia il massimo possibile posso essere d'accordo. Non vanno alcune politiche, non vanno alcuni uomini, potrebbero essere migliorate alcune architetture istituzionali.
Ma andrebbe analizzato meglio anche quello che va dell'UE. Prendi per esempio il "metodo comunitario": una forza potente che ha contribuito a dare una speranza di pace e prosperità nel dopoguerra a tutte le popolazioni europee e che non ha ancora finito di esaurire il suo compito visto che tutte le nazioni europee tendono naturalmente a migliorarsi da tutti i punti di vista pur di entrare a far parte dell'UE (vedi Croazia, Macedonia, Albania, etc).
E andrebbe meglio analizzato Lisbona che è un punto di svolta a mio parere fondamentale nell'evoluzione dell'UE e che (ti cito) "è la nostra unica speranza di sopravvivere in uno scenario geopolitico in cui noi siamo un vaso di terracotta in mezzo ai vasi di ferro".
Ciao e grazie anche a te del confronto interessante!
Paolos