Il biogas si forma spontaneamente in presenza di accumuli di tali residui di natura organica, ma stimolando l’azione dei batteri è possibile accelerare il processo; se poi si fa svolgere la fermentazione in appositi impianti, si può catturare il metano prodotto e quindi bruciarlo per produrre energia elettrica. Esso può infatti diventare il combustibile di caldaie per il riscaldamento o di motori a combustione interna.
Cosa dire riguardo all’anidride carbonica prodotta? Non è forse un gas serra che si diffonde nell’aria? Certo, ma si tratta della stessa CO2 fissata dalle piante durante la propria vita (nel caso dei resti animali, essa proviene dai vegetali mangiati) che durante la fermentazione è nuovamente liberata nell’aria. Nel caso della combustione delle fonti fossili, invece, l’anidride carbonica prodotta è in più, ossia un’aggiunta al già squilibrato sistema atmosferico.
Tra l’altro l’uso come sorgente di energia del metano prodotto nella fermentazione (che, come detto, sarebbe comunque prodotto spontaneamente) consente di evitare che esso raggiunga la troposfera: si ricordi infatti che anche il metano è un pericoloso gas serra.
I vantaggi illustrati, unitamente al costo nullo e l’inesauribilità della materia prima (ossia i resti organici), ha destato molto interesse tra scienziati e ambientalisti, cosicché ormai i biogas sono diffusamente utilizzati come sorgenti alternative.
John Regan, ricercatore alla Pennsylvania University, insieme a dei colleghi sta mettendo a punto delle celle microbiche in cui microorganismi producono energia elettrica digerendo rifiuti provenienti da acque reflue. I batteri generano elettroni con la digestione del cibo: se dotati di elettrodi nelle giuste posizioni, essi possono scaricare direttamente tali elettroni attraverso un circuito esterno, producendo quindi elettricità. Il processo viene accelerato aggiungendo alla materia prima una certa quantità di cellulosa. Ma Regan prevede che presto quest’ultima non sarà più necessaria e ci si potrà affidare al solo sfruttamento delle acque reflue: “Nel trattamento dei rifiuti, il prodotto in entrata è gratuito. Utilizzando questo materiale in celle a combustibile microbiche è possibile produrre discrete quantità di energia elettrica.”
Altrove, qualcun altro sta studiando la realizzazione di analoghe celle impiegando però esclusivamente il letame delle vacche, soluzione che potrebbe essere adottata particolarmente dagli allevatori. Ann Christy, della Ohio State University, sta conducendo ricerche per l’appunto sulla costruzione di celle microbiche in cui batteri, degradando la cellulosa presente in fieno, fogliame, erba, ma soprattutto letame di vacca, estraggano elettroni.
“Il nostro laboratorio ha prodotto abbastanza energia con queste celle a combustibile da far funzionare un piccolo dispositivo come un lettore mp3.” - afferma Christy - “Si tratta di una tensione modesta, ma resta il fatto che è davvero possibile creare energia elettrica dal letame di vacca”.
Il sistema di queste celle a combustibile potrebbe essere usato in territori di campagna o in zone disagiate in cui gli allevamenti non mancano mentre l’energia sì.
In tale ottica si inserisce il lodevole lavoro compiuto, dall’altra parte del pianeta, da un giovane maestro indiano, Harvansh Yadav, il quale insieme ai suoi studenti ha impiegato letame di mucca per realizzare una batteria in grado di accendere lampadine elettriche e piccoli elettrodomestici. Professore e allievi hanno raccolto lo sterco di vacca in contenitori di plastica, vi hanno inserito due batterie scariche e aggiunto una soluzione salina. Le cariche positive e negative prodotte sono immagazzinate dalle batterie e grazie alle proprietà conduttive della soluzione salina si genera una corrente. “Ogni unità produce 1.5 Volts di corrente” afferma uno dei membri del gruppo, “e il letame deve essere rimpiazzato solo una volta ogni 45 giorni.”
Finora gli impieghi delle celle microbiche non sembrano potersi estendere su vasta scala, quindi restano dispositivi per applicazioni secondarie. Potrebbero però senza dubbio rappresentare una soluzione per tante comunità che vivono in luoghi disagiati o isolati o che, a causa della povertà, non possono permettersi una rete elettrica convenzionale. Di necessità virtù.
Se non ci avevate mai pensato, fatelo ora: nel tirare lo scarico state gettando via una fonte di energia.
15 Marzo 2009 - Scrivi un commento