Marchi Dop e Igp: in difesa di gustose tradizioni

Il patrimonio agroalimentare italiano è l’indiscusso protagonista delle nostre tavole e non solo. Le radici, le identità e le tradizioni del Bel Paese si rispecchiano in prodotti alimentari “unici” difesi da rigidi disciplinari e da rigorose normative europee.

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Giovanni Boccati, Il banchetto di re Totila, 1473
La ricchezza culturale di un popolo è costituita non solo dalle realizzazioni della scienza, delle lettere e delle arti, ma anche da quel bagaglio esperienziale che, attingendo alla memoria del passato, passa da bocca ad orecchio e si cristallizza in una serie di comportamenti, di attività, di gesti rituali che accompagnano il ciclo della vita e l’alternarsi delle stagioni.

Nelle società preindustriali i mestieri erano un patrimonio ereditario e le loro pratiche di apprendimento venivano tramandate, spesso in segreto, di padre in figlio. I beni prodotti erano quindi originari e unici. Inoltre, dal punto di vista ambientale, le produzioni tipiche erano spesso – ed ancora lo sono – il frutto di attività svolte all’interno di aree svantaggiate rappresentando anche oggi una delle poche possibilità, se non l’unica, di sopravvivenza economica di quelle zone: una condizione fondamentale per evitarne lo spopolamento. L’ordinamento giuridico di qualche Stato europeo aveva previsto apposite norme per la salvaguardia di questi beni. Nel 1954, con una legge (la numero 125 di quell’anno), l’Italia aveva introdotto il marchio di denominazione di origine per alcuni formaggi. Successivamente avevano avuto una protezione giuridica i vini, i prosciutti e l’olio extravergine. Questa disciplina interessava, ovviamente, un campo d’applicazione ristretto, quello del territorio nazionale. Con l’abolizione delle frontiere ed il libero scambio delle merci occorreva nell’Europa unita una disciplina comune. Che senso ha la tutela in Italia di un marchio, ad esempio quello del Parmigiano, se poi, appena fuori delle Alpi, qualcuno mette in commercio un formaggio con lo stesso nome? Questa lacuna è stata colmata con un provvedimento della Comunità europea, il Regolamento n. 2081 del 1992, fortemente voluto dall’Italia, uno dei paesi promotori di una legislazione a livello comunitario. Il Regolamento, secondo le situazioni in atto, ha istituito, in alcuni casi integrato, in altri casi armonizzato, un sistema di protezione delle “Denominazioni d’Origine” e delle “Indicazioni Geografiche” dei prodotti agricoli e alimentari.

Il riconoscimento viene attribuito a quei prodotti alimentari che hanno profonde radici nel contesto culturale di una determinata località. Naturalmente fra i due marchi vi sono differenze. Quello a “Denominazione d’Origine Protetta” (DOP) garantisce che la produzione della materia prima e tutto il processo di trasformazione fino all’ottenimento del prodotto finale avvenga in un unico luogo. Il marchio “Indicazione Geografica Protetta” (IGP) assicura che almeno una fase del processo produttivo, se in grado di attribuire al prodotto determinate qualità o caratteristiche, sia stata espletata nella zona dichiarata. Il riconoscimento per la DOP o per la IGP non è né agevole né veloce. Ogni prodotto DOP o IGP risponde ad un rigido disciplinare che ne delimita le zone di produzione, le tecniche di lavorazione ed i caratteri organolettici e sensoriali, cioè i sapori, i profumi ed i colori propri del prodotto. Nello stesso tempo, poiché non esiste valorizzazione senza controllo, la legge prevede un sistema di controlli sulla qualità dei prodotti interessati affidandone l’incarico ad appositi organismi.

Anche la trafila amministrativa per il riconoscimento è lunga, con vari passaggi della pratica fra enti diversi (Camera di Commercio, Regione, Ministero, Unione europea). È lodevole, quindi, che i produttori italiani non si siano fatti scoraggiare dalle difficoltà burocratiche: dei 697 riconoscimenti conferiti al 30 settembre 2005 dall’Unione europea, 153 sono stati ottenuti dall’Italia. Per disporre di un parametro di valutazione, si consideri che, a parte la Francia che a quella data ha ottenuto 147 riconoscimenti (ma che ha una superficie quasi doppia di quella italiana), paesi assai più estesi dell’Italia, come la Germania e la Spagna, hanno avuto, alla stessa data del 30 settembre 2005, rispettivamente, 67 e 92 riconoscimenti.


Jsaak Wigant, Natura morta con boccali e formaggio, sec. XVII

I prodotti che al 30 settembre 2005 hanno ottenuto il riconoscimento in questione costituiscono un campionario di tutta la produzione agricola italiana: vi sono il latte e i suoi derivati (32 DOP), l’olio d’oliva (35 DOP e 1 IGP), la frutta, gli ortaggi e i prodotti cerealicoli (7 DOP e 35 IGP), la carne ed i suoi derivati (20 DOP e 10 IGP), l’aceto balsamico (2 DOP), lo zafferano (2 DOP), il pane (1 DOP e 2 IGP). Una DOP è stata riconosciuta anche al miele e al bergamotto.

Sono presenti anche tutte le regioni italiane. I riconoscimenti sono: 4 per la Valle d’Aosta, 12 per il Piemonte, 1 per la Liguria, 18 per la Lombardia, 8 per il Trentino Alto Adige, 19 per il Veneto, 4 per il Friuli Venezia Giulia, 25 per l’Emilia Romagna, 5 per le Marche, 19 per la Toscana, 6 per l’Umbria, 12 per il Lazio, 5 per l’Abruzzo, 3 per il Molise, 12 per la Campania, 9 per la Puglia, 3 per la Basilicata, 10 per la Calabria, 15 per la Sicilia e 4 per la Sardegna.

Il significato dei riconoscimenti ottenuti va rapportato alla dimensione della regione, cioè alla sua superficie: i quattro riconoscimenti ottenuti dalla Valle d’Aosta, in relazione all’estensione del suo territorio (3362 kmq, un settimo di alcune regioni italiane), sono infatti altamente significativi.

Molti di questi prodotti mutuano il loro nome dalla regione o dal comune che ospita i luoghi di produzione. Altri prodotti, come l’olio extravergine della Sabina o quello del Cilento, prendono il nome dalla regione geografica. Altri ancora, come i formaggi Bitto e Raschera, da un elemento fisico che caratterizza la zona di produzione: per il Bitto l’omonimo corso d’acqua che, dalle Alpi Orobiche, confluisce nell’Adda all’altezza di Morbegno; per il Raschera un laghetto ubicato alle pendici del monte Mongioie, un rilievo in provincia di Cuneo che raggiunge i 2630 metri.

La situazione è tutt’altro che statica: dopo il 30 settembre altri prodotti si sono aggiunti a quelli che hanno avuto il riconoscimento da parte dell’Unione europea: è il caso, ad esempio, della Dop per il Basilico genovese; altri, invece, hanno quasi raggiunto il traguardo del riconoscimento come la Farina di Castagne della Lunigiana e il Pomodorino del piennolo del Vesuvio.

La disciplina europea costituisce, dunque, una garanzia per le scelte del consumatore, particolarmente nei momenti di introduzione di nuovi prodotti sul mercato. Da un anno a questa parte (Decreto Legislativo 19 novembre 2004, n. 297), vengono infatti comminate multe salatissime a chi utilizzi i marchi DOP e IGP senza averne pieno titolo.

Uno dei sistemi migliori per apprezzare questo patrimonio alimentare e culturale può essere quello di andare a conoscere uno o più prodotti tutelati in uno degli agriturismi ubicati nella zona di produzione dove, accompagnati da chi se ne intende, c’è l’opportunità di “ispezionare” i luoghi di produzione. Di più, già dal 2004, molti agriturismi hanno stabilmente inserito nei menu i piatti sperimentati nelle “Giornate delle DOP e delle IGP”.


Jsaak Wigant, Natura morta con boccali e prosciutto, sec.XII

Queste ultime sono manifestazioni indette dall’Agriturist sotto il patrocinio del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali. In tali occasioni, nelle aziende associate, è stato possibile gustare la bontà dei prodotti segnalati e, al tempo stesso, acquisire gli strumenti culturali idonei per riconoscerli. Una iniziativa, questa promossa dell’Agriturist, volta a favorire lo sviluppo di una cultura e di una educazione al gusto atta a proteggerci dalla tendenza all’appiattimento su tonalità alimentari neutre, su cibi dal sapore “buono per tutti”, su prodotti che tendono a far scomparire la diversità, l’originalità, la storia e la creatività della tradizione agroalimentare italiana.

Alimenti, credenze e curiosità

Molti prodotti (asparago, fagioli, formaggio, funghi, lardo, limone, mela, miele, olio, pane, peperone, pomodoro, prosciutto, salame, uva), praticamente quasi tutti, possiedono proprietà terapeutiche. Alcuni di essi dispongono anche di “proprietà particolari” che in dottrina1 sono qualificate “magiche”, in quanto non riconducibili alla scienza o a un credo religioso (carciofo, fagioli, formaggio, funghi, lenticchie, limone, mela, miele, olio, pane, uva). Per rendere l’idea di cosa significhi “proprietà particolari”, ricordiamo, ad esempio, quelle del miele. A questa dolcissima soluzione zuccherina si attribuisce a Guayaquil (Ecuador) il potere di aumentare il desiderio sessuale; in Italia, Colombia, Cuba e Tunisia quello di favorire un amore, a Santiago di Cuba il potere di favorire il matrimonio. A Durazzo il miele costituisce la materia prima con la quale la sposa segna, con l’indice della mano destra, la porta della nuova casa: l’unione sarà contrassegnata dalla dolcezza.

16 Agosto 2009 - Scrivi un commento
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