E se vi dicessi che ecologia e lavoro non sono mondi separati e che proprio affrontando la questione ambientale si favorisce il benessere economico di ogni cittadino e dell’intero paese? In effetti è proprio così e ad affermarlo non sono di certo io, che mi limito a riportarlo, ma una voce ben più autorevole. Una voce che giunge da oltreoceano, più precisamente da Berkeley, cittadina californiana poco distante da San Francisco.
30 anni di politiche contro gli sprechi energetici hanno generato nello stato americano circa un milione e mezzo di posti di lavoro: questo lo straordinario esito dello studio realizzato dall’università di Berkeley, uno degli atenei più prestigiosi della California.
A guidare la ricerca è stato Roland-Holst, economista del Center for Energy, Resources and Economic Sustainability dell’università, che ha pubblicato "Energy Efficiency, Innovation, and Job Creation in California", resoconto dello studio.
Dal 1977, anno dello shock petrolifero, la California ha introdotto altissimi standard di efficienza energetica nell’ambito degli edifici e degli elettrodomestici.
L’introduzione di tali misure ha avuto come conseguenza la creazione di un milione e mezzo di nuovi posti di lavoro a fronte dei 25.000 persi, la produzione di oltre 45 miliardi di dollari ed un risparmio di 56 miliardi sulle bollette.
Ma come si è riusciti ad ottenere tali risultati?
Il notevole risparmio sulle bollette ha permesso ai cittadini di destinare il denaro alla domanda di beni diversi dall’energia, quali i generi alimentari, le manifatture ed i servizi: settori che prevedono un elevato numero di lavoratori.
Prendiamo ad esempio il settore alimentare: se la gente chiede più minestre, occorre il lavoro di più coltivatori di verdure, di più impiegati nell’industria della trasformazione, di più grossisti e di più rivenditori di minestre.
Lo stesso iter ha riguardato l’ambito delle manifatture e dei servizi ed è così che nell’ultimo trentennio l’economia californiana ha visto crescere il volume d’affari complessivo di 44,6 miliardi di dollari: cifra che permette ora alla California di essere meno vulnerabile dinanzi alla crisi economica che si è abbattuta su tanti altri paesi del mondo, tra cui, purtroppo, anche il nostro.
Il risultato dello studio dell’università di Berkeley è un’ulteriore conferma del fatto che eco-sostenibilità non è la parola d’ordine di un movimento a sé stante di stravaganti individui che decidono di rinnegare il progresso e condurre uno stile di vita ascetico. Al contrario, eco-sostenibilità è progresso.
A confermarlo, oltre alla estremamente significativa realtà californiana, è uno studio dell’UNEP (Programma Onu per l’ambiente) che ha avviato, insieme ad economisti di fama mondiale, la Green economy Initiative. Secondo lo studio i settori che con grandi probabilità produrranno la più grande transizione in termini di ritorno economico, di sostenibilità ambientale e di creazione di posti di lavoro sono quelli legati alle energie e tecnologie “pulite”, all’agricoltura sostenibile ed alle eco-città (pianificazione, trasporti e costruzioni ecologiche). Dal caso della California si desume che queste previsioni sono assolutamente fondate.
L’economia californiana grazie alla sua politica basata sull’ efficienza energetica sta affrontando a testa alta la crisi economica che si è abbattuta su tanti paesi. L’Italia, al contrario, nella crisi ci sguazza tristemente. Ciò che però è ancora più triste è che il nostro paese sembra volersi dirigere molto lontano dal modello californiano: ultima testimonianza di ciò è la contestazione presentata dal capo del governo agli obiettivi del pacchetto 20-20-20.
Per sapere cosa succederà in tal senso bisognerà attendere l’esito del «tavolo tecnico» che prenderà il via la prossima settimana. Nel frattempo possiamo aspettare “sognando la California”, come titola un film, e sperare che il sogno diventi realtà…
23 Ottobre 2008 - Scrivi un commento