Non so quale sia la vostra esperienza in proposito, ma la mia è a dir poco drammatica. Da qualche anno a questa parte camminare per le vie del mio quartiere equivale a fare un vero percorso a ostacoli, e non sto esagerando. Ogni giorno, prestando a dove appoggio i piedi la stessa attenzione che vi porrei attraversando un campo minato, mi chiedo: “Quanti cani risiederanno in questa zona? Ed è mai possibile che i tutti i padroni siano dei simili zozzoni?” .
Proprio a pochi metri da casa mia abita un parlamentare verde, la cui moglie possiede notoriamente un numero elevato di piccoli mostri che la natura, in un momento di inspiegabile crudeltà, ha voluto assimilare alla razza canina. Ebbene, il tratto di marciapiede di fronte al suo portone è sempre particolarmente tempestato di deizioni canine, ma, non essendo ancora riuscita a coglierla in flagrante, non posso fare altro che illazioni. D’altronde, per quanto numerosi, quei gremlins non potrebbero da soli rendere inagibile tutto il quartiere, come di fatto accade.
Fin da quando giravo da mattina a sera con carrozzina e passeggino, incappando quasi quotidianamente nella mia dose di cacca sulle ruote, mi sono dotata di un kit formato da: n. 5 spazzole a setole dure - le vecchie spazzole da bucato –, la cui scorta provvedo a reintegrare ogni volta che ne uso una -; guanti in lattice usa e getta (decisamente anti-ecologici, ma infilare le mani negli escrementi dei cani altrui richiederebbe una resistenza psicologica superiore alla mia); prodotto detergente antibatterico; carta di giornali usati; stuzzicadenti per pulire nelle parti a carro armato sottile sotto la suola. Così equipaggiata, con sconfortante frequenza mi siedo sul terrazzino e passo una mezz’ora delle mie preziose serate a grattare, pulire, disinfettare, scrostare e via dicendo, sorbendomi i poco piacevoli effluvi che le scarpe così ridotte emanano impietose.
Nel frattempo medito sull’inciviltà dei proprietari dei cani e mi pongo quesiti del tipo: “Ma dopo aver imbrattato tutto il marciapiede, non capita anche a loro di pestare?” . A questa domanda mi sono risposta che di certo simili individui non girano mai a piedi, ma entrano direttamente dentro casa con il loro suv, che parcheggiano lanciandolo dalla finestra nella strada sottostante. O ancora: “Un briciolo di senso del dovere e di rispetto per il prossimo avrà mai sfiorato questi soggetti o vivono beatamente indifferenti a qualsiasi danno o fastidio provochino agli altri?” . La fiducia nel genere umano vorrebbe farmi propendere per la prima ipotesi, ma l’esperienza inclina la bilancia verso la seconda.
D’altronde sto parlando dell’inciviltà di chi possiede un cane, ma è sufficiente entrare in una qualsiasi toilette pubblica italiana per rendersi conto che la sporcizia e la maleducazione non sono esclusivo appannaggio degli amanti degli animali, ma universalmente condivise dal resto della popolazione del nostro Paese, dato che quasi nessuno si preoccupa di tirare l’acqua, non tenendo quindi in alcun conto la poco piacevole sorpresa che riceverà il successivo utente al suo ingresso.
Dato che desideravo farmi delle foto con mio figlio, mi sono recata in un noto parco della Capitale con mio padre in versione paparazzo. Chiarisco subito che non mi sono allontanata dai viali adibiti al passeggio, quindi non si cerchino giustificazioni per i padroni dei nostri amici a quattro zampe.
Come sempre, ho tolto gli occhiali perchè detesto vedermi in foto con quatt'occhi. Dopo un nanosecondo credo di essermi tuffata con entrambi i piedi in un'enorme deposito di cacca di cane, ma ovviamente, senza occhiali, non me ne sono accorta. Ho invece continuato a saltellare qua e là, leggiadra ninfa dei boschi, atteggiandomi in varie pose plastiche per il mio personale book con bambino. Ad un certo punto il piccolo ha visto una casetta di legno per i bimbi e ha detto: "Mamma, facciamo le foto lì!" ed io: "Certo!" .
Saliamo dunque nella casetta e facciamo le prime foto in piedi, dandomi modo di cospargere l'intero basamento della casetta di cacca; poi siamo passati alle foto seduti, cambiando varie volte posizione e quindi strofinandoci a più non posso su tutta quella materia gentile, mentre io, più cieca di una talpa cieca, non mi accorgevo di nulla, e la mia ingenua creatura mi seguiva a ruota.
Ad un tratto una zaffata inequivocabile ha colpito le mie narici - in verità avevo già ignorato vari avvertimenti attribuendoli a depositi nelle vicinanze -, avvicino le suole delle mie scarpe agli occhi e, a dieci centimetri dal bulbo oculare, finalmente metto a fuoco e scopro che la suola delle mie scarpe (entrambe) era ricoperta da una seconda suola, interamente fatta di C...A!!!
Sul seguito calo un velo pietoso. Vi dico solo che per rientrare ho dovuto mettere carta di giornale sui sedili del bus e, una volta a casa, ho fatto cinque lavatrici, due docce e ho pulito cacca dalle scarpe fino alle nove di sera.
Credo che ricorderò quest’esperienza per tutta la vita e a tutti lancio il mio monito: munitevi di paletta e sacchetta ecologica e assumetevi le vostre responsabilità nei confronti degl’incolpevoli animali, anche perchè potrebbe capitarvi di incontrarmi e quello che vi direi non sarebbe troppo piacevole...
Tuttavia per consolarmi torno a un pensiero cui ricorro abitualmente e a questo punto mi chiedo: se pestare una cacca porta fortuna, rotolarsi letteralmente nella cacca per mezz'ora quale meraviglioso destino potrebbe schiudermi???
16 Settembre 2008 - Scrivi un commento