Lasciamo la macchina all’Eur e prendiamo la metro, come al solito. Da Eur Palasport arriviamo a Termini, insieme ai turisti tedeschi e austriaci che scorrono gli indici sulle guide cercando di incastrare quanti più luoghi possibili nei loro itinerari frenetici. Da Termini prendiamo la linea A, quella arancione, ora bianca, da quando ci sono i vagoni nuovi con l’aria condizionata. E sbuchiamo a Flaminio.
Siamo all’ingresso principale del grande polmone verde di questa città improbabile. Camminiamo. Camminiamo sotto gli alberi fino in cima alla collina. Finalmente un po’ di passi in questa estate stagnante.
Arriviamo al laghetto. Abbiamo sete ma l’unica fontana porta sopra un cartello con su scritto “non potabile” e l’unico chiosco vende bottigliette da mezzo litro a due euro. No. Possiamo anche tenerci la sete, grazie.
Finalmente troviamo un posto che ci piace, stendiamo l’asciugamano e cominciamo a leggere il libro. Ognuno il suo. Ci immergiamo in un silenzio di pace, contornato solo dalla melodia delle foglie che dolci si sfiorano sopra le nostre teste. È bellissimo, se smetti di leggere e rimani sdraiato a pancia in su, le cime degli alberi fanno un cerchio grande, e ti gira la testa. È come guardare le stelle in campagna, la vertigine è simile. E sotto c'è Roma.
È molto romantico, se non fosse che alle nostre spalle c’è una lamiera enorme che ha occupato tutto il piazzale. Una scritta dice “SCAVI ARCHEOLOGICI IN CORSO”. Bah. Guardiamo meglio ed è uno scavo immenso, mastodontico. È grosso come tutta la terrazza. Poi capiamo che è questo il famoso progetto del parcheggio interrato di Villa Borghese. Ma possibile? Le ruspe sono arrivate fin qui, sul Pincio per…? Ma no, dai.
E invece sì. Le ruspe ci sono arrivate sul Pincio. Incredibile. Per costruire un parcheggio di 7 piani e più di 700 posti nel cuore del polmone verde. Perché gli automuniti devono avere la possibilità di parcheggiare in centro. Quelli che girano in uno, massimo due per macchina. Quelli che la prendono anche per andare in edicola. Quelli che la prenderanno per andare a vedere il tramonto.
Torniamo a casa. Pensierosi, a piedi riscendiamo tutta la collina. Le scale di Trinità dei Monti. Attraversiamo Piazza di Spagna e riprendiamo la metro. Di nuovo a Termini direzione Laurentina. La linea blu ci porta fino all’Eur, in periferia, dove abbiamo lasciato l’automobile che riprenderemo per rimboccare la SR148 e tornare alle nostre quattro mura, nell’agro pontino.
Oggi è settembre. Quella domenica è già lontana. Veltroni scrive una lettera al direttore del Corriere per precisare una volta per tutte a cosa serve quel parcheggio. Per dare un senso a chi questo senso proprio non lo vede. Quel parcheggio sarà al 90% per i residenti. Servirà a togliere le lamiere dalle strade del Tridente che diventeranno chiuse al traffico. Servirà a lasciare che le lamiere vengano inghiottite dalla pancia della terra. Dalla pancia di un parco, per la precisione.
Se l’attuale sindaco volesse rescindere il contratto del parking avrebbe una penale di circa 6 milioni di euro da pagare. Ecco che anche l’integrità del polmone è stata quantificata in numeri. Non bastava il buon senso? Non bastava utilizzare quei 30 milioni per migliorare l’efficienza della rete di trasporto urbano? Non bastava immaginare che il mega parcheggio sarebbe diventato l’ennesima megascusa per non prendere i mezzi pubblici? Che sarebbe stato come darla vinta ancora una volta ai barbari pigroni e arroganti delle quattro ruote? No.
Conoscendo Roma il discorso non mi convince. Il 90% di 700 fa 630. Quindi circa 70 posti resteranno una speranza per le migliaia di barbari pigroni che comunque arriveranno fin lì con l’auto. E poi chissà che anche i residenti non siano un po’ barbari. Di quante macchine ha bisogno una famiglia che vive nel centro della metropoli? E quante ne ha di fatto? Due, tre, quattro, cinque?
Non lo so. Ma il modo migliore per farle sparire dalla testa delle persone non mi sembra quello di nasconderle sottoterra.
4 Settembre 2008 - Scrivi un commento