Se poi si ipotizzasse quest’isola situata al centro dell’oceano Atlantico, più di qualcuno, sicuramente potrebbe pensare nientemeno che ad una modernizzata versione leggendaria dello scomparso continente atlantideo. Invece, in questo caso la mitologia diventa geografia e l’isola in questione diventa reale.
Tanto reale da essere, nelle dimensioni, la seconda isola d’Europa dopo la Gran Bretagna. Distante solo 3 km dal circolo polare artico, l’Islanda sembrerebbe essere destinata, da qui a poco tempo, ad un ruolo da protagonista assoluta nell’ambito del riassestamento energetico mondiale.
Un vero epicentro per quello che riguarda gli esempi pratici di sviluppo sostenibile ed una via alternativa alle nocive e limitate risorse energetiche, quali carbone e petrolio. Infatti, come mostrato da un interessante reportage del Guardian, il giorno che il petrolio dovesse esaurirsi, la nazione a soffrirne di meno sarebbe proprio la fredda Islanda.
L’isola in questione, infatti, possiede ingenti riserve energetiche quasi completamente intatte. Forme di energia peraltro ambitissime, dopo il nuovo assetto imposto all’economia mondiale dal protocollo di Kyoto: idroelettrica e geotermica. Il 100% del fabbisogno insulare di elettricità e di riscaldamento è già adesso soddisfatto con fonti rinnovabili. I corsi d’acqua che scendono dai ghiacciai dell’isola forniscono l’80% dell’elettricità, mentre il restante 20% viene ottenuto da centrali geotermiche.
Adesso, complici altri fattori che hanno accelerato questo processo –quali l’inesorabile decrescita del mercato del pesce o l’innalzamento del prezzo dei combustibili fossili, dopo un decennio di trattative - il governo islandese ha deciso di avviare un piano di sviluppo industriale volto a sfruttare in maniera più redditizia le sue risorse energetiche.
Secondo i geologi le potenzialità del paese in termini di fonti rinnovabili sono ancora più grandi: l’Autorità nazionale per l’energia islandese stima che solo il 20-25% dell’idroelettrico tecnicamente e ambientalmente realizzabile sia stato finora imbrigliato e che solo il 20% del potenziale geotermico sia sfruttato.
Tutto questo grazie, anche, alla esigua popolazione dell’isola, appena 300.000 abitanti –il 65% dei quali vive nella capitale Reykjavik. L’Islanda è uno dei paesi industrializzati meno inquinati del pianeta, che grazie alla ridottissima densità abitativa conserva ancora perfettamente intatto gran parte del suo patrimonio naturale.
Fiumi e cascate (alimentate per buona parte dal Vatnajokull, il più grande ghiacciaio d’Europa) scorrono indisturbati da secoli in zone vulcaniche inaccessibili, mentre le regioni interne portano ancora i segni della propria genesi, intaccate solamente dall’erosione del vento e dei ghiacci.
Questa situazione è una grande occasione per le industrie interessate alle energie rinnovabili. Infatti, visto che l’Islanda - causa la particolare posizione geografica - non può esportare all’estero, si potrebbero portare sul posto le sedi di grandi industrie energetiche; per facilitare ciò il governo locale ha tagliato del 15% le tasse alle società e si è impegnato a posare nuovi cavi sottomarini per trasmettere dati sul know how ad alta velocità verso Europa e America. Un invito in piena regola al banchetto di energia pulita islandese. Cosa aspettare?
11 Maggio 2008 - Scrivi un commento
Buona vita a tutti e sprecate poco.