Le cause sono ancora ignote ma, ancora una volta e a distanza di un mese dall’inquinamento da idrocarburi, il Delta del Po, uno degli ambienti più ricchi di biodiversità d’Italia per le sue estensioni di zone umide e lagune, è al centro delle cronache ambientali e, ancora una volta, emerge prepotentemente la sua estrema vulnerabilità.
Il WWF sottolinea come a un mese di distanza dall’emergenza Lambro-Po, caratterizzata dallo sversamento di circa 2800 tonnellate tra gasolio e oli combustibili, si sia ancora in attesa dell’ordinanza che avrebbe dovuto sbloccare e avviare un piano di monitoraggio per valutare le conseguenze sull’intero ecosistema dell’inquinamento di idrocarburi di marzo.
Come era prevedibile, ai proclami - peraltro esageratamente rassicuranti - della Protezione civile e del Ministero dell’Ambiente, non sono seguite le urgenti azioni necessarie e ad oggi non è dato sapere se siano disponibili o meno i “forse” 12 milioni di euro, che avrebbero costituito una prima tranche di contributi per coprire le spese delle prime azioni di bonifica, le indagini supplementari, l’avvio di un piano di monitoraggio integrato e la redazione di piano di bonifica.
Si è perso un mese che poteva essere importantissimo per verificare la situazione di alcune popolazioni di pesci, anfibi o molluschi, importanti indicatori per capire cosa sia realmente successo.
Ora per alcuni di questi animali si è in parte persa la possibilità di verificare eventuali conseguenze sulla stagione riproduttiva in corso. La Rana di Lataste, ad esempio, specie rara, protetta da Direttive europee, endemica della pianura padana, presente in diversi SIC (Siti d’importanza Comunitaria) lungo il Po e sul Delta e indicata tra le specie di cui valutare lo status, dovrebbe essere censita tra metà febbraio e metà marzo, cosa che finora non è stata fatta in modo sistematico.
- un piano di monitoraggio che preveda analisi chimiche delle acque e dei sedimenti;
- la valutazione dello stato di alcune popolazioni di specie protette soprattutto nei SIC del tratto di Po interessato dall’inquinamento di febbraio, l’individuazione di alcune particolari specie (molluschi, pesci, piante acquatiche) per verificare eventuali bioaccumuli di inquinanti nei tessuti e valutare le conseguenze dell’inquinamento nella catena trofica;
- predisporre urgentemente un sito internet per garantire in modo trasparente la disponibilità dei dati riguardanti l’inquinamento e i monitoraggi in corso;
- rendere pubblico il catasto degli impianti a rischio nelle fasce fluviali del Po e dei suoi affluenti, trattandosi di aree a rischio idrogeologico.
Intanto il WWF il prossimo 2 maggio organizza la Campagna “Liberafiumi” 2010, un grande censimento che consentirà di verificare lo stato di salute delle sponde delle principali ‘vene blu’ del nostro paese. Un migliaio di volontari verranno coinvolti per setacciare 25 fiumi italiani lungo l’intera penisola, grandi isole comprese, dal Piave al Tagliamento, dall’Arno al Tevere, dal Sarno alle fiumare Calabresi fino all’Adda in Lombardia.
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