“Che cos’è il tempo? Se nessuno me lo chiede, lo so; se voglio, però, spiegarlo a chi me lo chiede, allora non lo so più”. Questa è una frase celeberrima che evidenzia il carattere di soggettività del tempo, concetto che Agostino ribadisce negando che il tempo si identifichi con il movimento degli astri. La parola “tempo” è di origine indoeuropea e deriva dalla radice greca temno, che significa “dividere”, la stessa radice che ritroviamo nella parola “tempio” (dividere lo spazio).
Nella nostra società e in tutte quelle tecnologiche, l'orologio rappresenta l'oggettività del tempo. Gli orologi, come tutti gli altri strumenti di misura, ci servono a creare un movimento standard come misura degli altri movimenti; tuttavia noi non possiamo vedere il tempo, come una cosa tangibile; si misura la lunghezza di una giornata di lavoro, la durata di un viaggio, la velocità di un atleta che percorre i cento metri.
Quando non esistevano gli orologi erano i cicli della natura a scandire il tempo dell'uomo: l'alternarsi imperterrito e ineccepibile del giorno e della notte, delle stagioni (anche se ultimamente queste danno segni di squilibrio, ma non dipende certo da loro), così come dei cicli lunari.
Ed erano soprattutto i contadini ad osservare questi eventi: l'armonia del tempo che ritorna nella sua ciclicità con costante mutevolezza. I contadini lavorando nei campi, prendevano come riferimento l’ombra della zappa o quella che il dito medio lasciava sulla mano. Quando era più corta voleva dire che il sole era a metà cammino e quindi indicava il mezzogiorno. Lo stesso potevano fare le donne con l’ombra della casa per organizzare il pranzo. Più complicato era tenere sotto controllo periodi più ampi. Se il giorno andava “da un buio a un altro”, la settimana, invece, non era legata a eventi naturali; la sua scansione durava all'incirca il tempo di una fase lunare senza necessariamente coincidere con essa. Il ritmo della settimana scandiva il tempo del lavoro e della festa, alternando un giorno di riposo a sei di fatica.
Lo spazio di un mese, invece, si estendeva da una luna nuova all'altra, con in mezzo l'osservazione delle fasi lunari. La luce notturna della luna aveva un'incidenza notevole nella vita dei campi, così come quella del sole.
Il ritornare delle stagioni, il sorgere ed il tramontare del sole, della luna e degli astri, ha reso possibile la nascita dei calendari, un diverso mezzo per orientarsi tra il mondo sociale e naturale. I calendari, così come gli odierni orologi, sono stati e sono degli strumenti per scandire e misurare il tempo. Nel susseguirsi di secoli sono stati tanti i modi di orientarsi e di considerare la concezione del tempo e degli eventi, l'esistenza di una varietà di calendari ne è una testimonianza.
Se provassimo anche oggi a seguire i ritmi della natura, la nostra vita avrebbe qualcosa di più naturale e affine al “tempo” cosmico dell'universo; un tutt'uno e un'armonia da fare invidia a qualsiasi orologio di alta tecnologia.
7 Marzo 2010 - Scrivi un commento