L’Antitrust – che il 13 maggio 2009 aveva ricevuto una richiesta di intervento da parte dell’Associazione Avvocatideiconsumatori – ha infatti sanzionato per 70 mila euro la Società Acqua Minerale San Benedetto per “pratiche commerciali scorrette”.
Questo quanto si apprende dal bollettino dell’Autorità in cui si legge che non risulta che la società “abbia proceduto a effettuare studi per dimostrare e certificare la veridicità delle affermazioni” riportate negli spot pubblicitari delle “eco”-bottiglie: “prodotte con meno plastica, meno energia e più amore per l’ambiente”, risultato reso possibile dai “costanti investimenti in ricerca che dal 1983 hanno permesso di ridurre almeno del 30% la quantità di plastica impiegata e quindi di contenere il consumo di energia”.
L’azienda veneta ha già fatto ricorso al Tar. Tuttavia, al di là della multa e del caso specifico, appare particolarmente significativo ciò che si legge nella valutazione conclusiva dell’Antitrust:
“L’accresciuta sensibilità ambientale dei consumatori ha indotto i professionisti a conferire sempre maggior risalto, nella pianificazione delle proprie campagne pubblicitarie, alle caratteristiche di compatibilità ambientale dei prodotti o servizi offerti. I cd. claim ambientali o verdi, diretti a suggerire o, comunque, a lasciar intendere o anche solo evocare il minor o ridotto impatto ambientale del prodotto o servizio offerto, sono, quindi, diventati un potente strumento di marketing in grado di incidere significativamente sulle scelte di acquisto dei consumatori.
In un momento in cui il verde fa tendenza ed il prefisso “eco” viene abbinato a prodotti di qualsiasi genere, l’Antitrust fa dunque appello all’onestà ed alla buona fede delle aziende affinché queste si astengano da un’ingannevole propaganda ecologica.
L’attribuzione a prodotti e servizi di false qualità ecologiche al fine di creare un’immagine positiva dell’azienda (o distogliere l’attenzione da proprie responsabilità nei confronti di impatti ambientali negativi) viene definita “greenwashing”, letteralmente “lavare col verde”.
Soprattutto negli Stati Uniti questa pratica si è diffusa a tal punto che il governo americano, tramite la Federal Trade Commission, ha annunciato di voler intervenire per porvi un freno.
Nel frattempo, sul sito Greenwashing Index i consumatori possono visionare diverse campagne pubblicitarie e cercare di capire in quali casi dietro la facciata verde si nasconde un riprovevole eco-inganno.
11 Febbraio 2010 - Scrivi un commento
La cosa positiva è che se queste aziende cerchino di mettere etichette verdi vuol dire che i consumatori richiedono prodotti ecologici e a basso impatto ambientale.
L'importante è che esista un'informazione che faccia capire cosa sia ecologico e cosa lo sia meno.
Per quanto concerne l'acqua, diciamo che il metodo più ecologico non consiste in bottiglie da plastica riciclata o biodegradabile (tipo dal mais) ma bere l'acqua potabile del rubinetto, che comunque è di buona qualità.
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