Il Consiglio di Stato conferma, dunque, quanto Legambiente e la passata Giunta Regionale vanno dicendo da anni, ossia che le autorizzazioni edilizie richieste allo stato attuale, debbano tenere conto sia del vincolo paesaggistico del 1997, sia del Codice del Paesaggio (D. lgs. N.42 del 2004) e del Piano Paesaggistico della Regione Sardegna del 2006, che aveva appunto ricompreso Tuvixeddu e Tuvumannu. In sostanza, l’autorizzazione paesaggistica del 1999, riferita al Piano Generale, costituisce solo una cornice di riferimento ma non fa discendere automaticamente le autorizzazioni edilizie.
Vittorio Cogliati-Dezza, presidente nazionale di Legambiente, ribadisce pertanto l’impegno dell’associazione, rafforzato da questa sentenza, a sollecitare l’intervento del Ministro dei Beni Culturali in merito alla questione.
“Ci auguriamo che il comparto annullato non sia più presente nella campagna pubblicitaria che inonda quotidianamente la carta stampata – aggiunge Tiana – e sollecitiamo nuovamente l’invito al Presidente della Regione per un confronto che permetta di illustrare i propri approfonditi studi sulla necessità di realizzare un grande parco archeologico-ambientale e sulle conseguenze negative del progetto in essere”.
Si riporta uno stralcio della sentenza:
“Fermo, dunque, che, a valle rispetto all’approvazione del piano, occorre pur sempre una valutazione di compatibilità paesaggistica del singolo intervento edilizio adeguatamente motivata con riguardo al modo di essere ed alle concrete modalità esecutive del manufatto da realizzare (…) a fronte di una valutazione meno dettagliata, se non generica, resa a monte, si impone un più incisivo apprezzamento di coerenza paesaggistica a valle, volto a verificare, dandone adeguatamente conto in sede motivazionale, se con le ragioni di tutela sottese all’apposizione del vincolo siano coerenti quelle modalità realizzative dei singoli interventi edilizi non dettagliatamente prese in considerazione nel giudizio sul piano".
"Orbene, nel caso di specie il giudizio di compatibilità paesaggistica (…) poggia su un apparato motivazionale davvero stringato. (…) la compatibilità dell’intervento con il contesto urbano sulla base di argomentazioni superficiali (…), senza spendere, quindi, alcuna motivazione relativa “al contesto, alla interversibilità delle previsioni edificatorie con i luoghi vincolati, alla morfologia dell’area, che possa giustificare l’asserito mancato contrasto del poderoso intervento con i riconosciuti “pregevoli valori paesaggistici tutelati” (..) Invero, l’attitudine dell’autorizzazione paesaggistica resa con riferimento al piano a circoscrivere i confini esterni entro i quali va resa la valutazione di coerenza paesaggistica dei singoli interventi ricompresi nel piano non può certo discendere da una mera elencazione, peraltro generica e di chiusura, delle caratteristiche che quegli interventi presenteranno, essendo viceversa necessario un effettivo (ed adeguatamente motivato) apprezzamento di compatibilità di quelle stesse caratteristiche con le ragioni sottese all’apposizione del vincolo. Altrimenti opinando, si introdurrebbe una troppo agevole modalità elusiva del sistema di controllo, tanto più significativa in considerazione di quanto sopra illustrato in merito alla mancata, specifica sottoposizione al vaglio statuale della autorizzazione paesaggistica resa in ordine al piano.”
Il Partito del Cemento
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