Poi tutto d’un colpo, dopo che ti hanno abituato alla città, alla possibilità che essa offre, dopo che ti hanno imbonito la testa con sovrane sciocchezze circa le decine di cose che ci sono da fare e da disfare nella “grande città”, ti trovi accaldato.
Un caldo appiccicoso, micidiale. Da svenire. Le gambe sembrano pali fondati nella sabbia di chissà quale profondo mare, solo un miraggio da veder svanire. I piedi pulsano gonfi nelle scarpe. Il sudore lascia sul viso madido un’immagine inopportuna a quella cura tanto dedicata solo poche ore prima. Il caldo, l’appannaggio.
E se svenissi? Se d’un colpo cadessi in terra e mi svegliassi altrove? L’altrove della vacanza, dello spazio dove si respira. Dove il suono dei condizionatori d’aria non ronza come sciame di mosche giorno e notte. Vacanza dal suono, incessante uguale in estate e in inverno, delle automobili sgassanti. Suono cittadino di motorini elaborati. Gli stessi motorini che in vacanza trasportano piacere e leggerezza. Motorini che di norma lasciano passare aria tra vestiti bianchi e sale.
Se svenissi?
Se mi risvegliassi con in mano quella granita, quel fresco che sembra solo un’idea lontana?
Perfino la grande biblioteca chiude. È un ente pubblico, mi devo stupire?
Eppure qualcuno resta, resta e va al lavoro, come sempre.
La vera desolazione sta nel vedere che le cose più semplici e banali, quelle a cui in un’altra stagione non si fa caso, non esistono. La pizza a domicilio. Decine e decine di pubblicità accumulate in nove mesi: tutte chiuse. Anche il pakistano del negozio sotto casa, pensa di andare in vacanza. Lui, che non ci va mai!
Il caldo, il nulla. La città sembra addormentarsi sotto il sole incalzante e insofferente di agosto.
“Ci vediamo tra un mese!”, “Buone vacanze, allora…”. Cercare nella solitudine da far west un’idea, un’illuminazione, non so. Qualcosa che non permetta di affossarsi nel caldo dozzinale di chi non si porta via la sua quota andando in vacanza.
Perché sono in molti a restare. La città non si ferma. Tira dritta inesorabile verso una meta ben precisa: efficienza provvisoria. Anche quando tutto sembra sopito, nulla lo è per davvero. Basta uscire al mattino presto per rendersi conto che ancora c’è ben più di un singolo che si spinge stanco al lavoro. Non solo ragazzi che rientrano dalla serata passata in piazza. No, loro sono in vacanza. Resta chi lavora, e tra questi anche io, guardo i miei simili, per scelta imposta o meditata restiamo qui, rimandando o attendendo ancora un po’ quel sano diritto che sono le ferie, ancora di più il meritato riposo. Solo chiudere gli occhi un attimo, un respiro profondo e non avvertire intorno l’angoscia infantile del caldo solo.
31 Agosto 2009 - Scrivi un commento