In questi ultimi mesi è facile che molti genitori con figlie intorno ai 12 anni (ma anche 10!) abbiano ricevuto a casa una lettera o addirittura una raccomandata dell'Asl che li invita esplicitamente a far vaccinare in questo senso la propria bambina.
Spesso non viene nemmeno citata la non obbligatorietà di tale profilassi, ma in alcune regioni si è pensato di inserire nella comunicazione semplicemente un modulo (chiamiamolo di “dissenso informato”, sebbene non sia il termine esatto) che il genitore deve firmare e spedire se decide di non avvalersi di tale misura sanitaria.
Questo ovviamente rappresenta una sorta di forzatura psicologica di non poco conto in un mondo dove le persone sono sempre più spinte ad omologarsi che non a ragionare con la propria testa.
In effetti, i dati per domandarsi se davvero ci siano buone ragioni per sottoporsi a questa vaccinazione ci sono eccome. E sono il risultato di studi scientifici medici ufficiali e non certo spacconate di ciarlatani o leggende metropolitane come talvolta vorrebbero farci credere.
Due medici italiani, Roberto Gava, farmacologo e tossicologo di Padova, ed Eugenio Serravalle, pediatra di Pisa, hanno pensato bene di raccogliere in un agile libretto tutta questa documentazione scientifica e di commentarla con riflessioni adeguate che derivano dalla loro professione ed esperienza quotidiane per rendere un po' più chiara la problematica a quei genitori che si sentono in dovere di informarsi bene prima di accedere a questo servizio, sbandierato come gratuito, necessario, innocuo ed efficace ma che non ha invece nessuna delle caratteristiche che gli si vorrebbe attribuire. Anzi.
I due medici analizzano in questo testo l'insieme delle varianti che intervengono partendo dal rischio effettivo di infezione e suoi fattori, i dati epidemiologici e la patogenesi del virus che, secondo l'opinione dominante, sarebbe causa di infezioni vaginali che porterebbero poi allo sviluppo di forme tumorali alla cervice dell'utero. In altri casi invece possono dare origine a condilomi.
Nel libro vengono poi illustrate anche situazioni di “contorno” che sono molto utili per considerare il problema nel suo insieme: rapporti sessuali, gravidanza, diagnostica del carcinoma uterino (e Pap-test), norme igieniche ecc. Analizzati anche gli studi di efficacia del vaccino, i suoi effetti indesiderati (anche gravi), le controindicazioni, la durata della presunta copertura e i rischi futuri cui andiamo incontro come quello di mutazioni dei ceppi virali non coperti dal vaccino (ne copre solo quattro tipi su più di cento).
«Più specificatamente, sono possibili tre evoluzioni dell'infezione da HPV:
- regressione spontanea (nel 90% dei casi);
- persistenza prolungata e spesso asintomatica del virus nelle cellule infettate (in circa il 10% dei casi);
- progressione delle lesioni precancerose verso lesioni cancerose (nell'1% delle lesioni precancerose - cioè 1 caso ogni 10.000 - e solo in presenza di una grave alterazione del sistema immunitario).
Quindi la maggior parte delle infezioni da HPV (90%) si risolve spontaneamente in circa 12-18 mesi e anche le infezioni ad alto rischio tumorale guariscono da sole senza lasciare conseguenze per la salute della donna nel giro di pochi mesi.
Nel 10% dei casi, invece, il virus convive per tutta la vita del soggetto che lo ospita e non crea alcun problema (in questi casi il test per l'HPV sarà positivo, ma ciò non significa assolutamente che si formi una malattia e infatti questo gruppo di donne non si ammala e il Pap-test risulta sempre negativo.
Circa l'1% delle infezioni da HPV dà luogo a lesioni precancerose che, se non identificate e/o non opportunamente trattate, in organismi immunologicamente deboli e in una percentuale inferiore all'1% delle donne che le presentano, possono progredire nell'arco di 20-50 anni in tumori cervicali.
Infatti se un'infezione virale molto comune come quella da HPV conduce allo sviluppo di un tumore così raro, significa che la probabilità che l'HPV ha di causare un carcinoma è veramente eccezionale. In ogni caso, comunque, questo eccezionale processo richiede molti anni per svilupparsi e abbisogna di una particolare e cronica deficienza immunitaria.
Quindi, l'infezione da HPV non è una malattia, ma solo un fattore di rischio e anche un rischio basso e la storia naturale dell'infezione dipende essenzialmente dalla risposta immunitaria linfocitaria (specialmente la risposta mediata dai linfociti T) ed è quindi condizionata dall'equilibrio che s'instaura tra ospite e HPV.
Si tende ad attribuire grande importanza ai virus come causa del tumore, senza sottolineare mai che questa è una condizione necessaria ma non sufficiente. L'International Agency for Research on Cancer (IARC) di Lione afferma che il tumore del collo dell'utero è “la conseguenza rara di una infezione comune” (pp. 39-40).
Indovinato?
Bravi.
L'alto costo del vaccino (circa 500 euro per le tre dosi che spettano ad ogni individuo) proposto nel nostro paese “gratuitamente” a 280.000 dodicenni (senza contare tutte le altre donne spinte a farlo) rappresenta per le multinazionali farmaceutiche che lo producono un affare strepitoso e incassi da capogiro. Un affare che alla fin fine paghiamo noi contribuenti. Sia in termini di costi economici che di salute e umani (i danni derivanti dall'uso di questo vaccino sono talvolta gravi e possono comprendere anche la morte - sino ad ora 10 casi documentati).
Non lasciamoci dunque condizionare dalle campagne di marketing abilmente orchestrate dalle case farmaceutiche e dalle istituzioni mediche conniventi che vivono appunto delle loro sponsorizzazioni, ma raccogliamo informazioni da fonti indipendenti e decidiamo in autonomia. In effetti, ne va del futuro dei nostri figli. Non so se esiste qualcosa di più importante, per noi e per l'umanità nel suo insieme.
8 Luglio 2009 - Scrivi un commento