Due giorni di incontro e di confronto tra le diverse realtà che operano nel settore. Quel che ha colpito di più chi scrive è la passione e l’entusiasmo che contraddistinguono Michele Dotti e che fanno sperare nella possibilità concreta che quanto appena avvenuto sia davvero l’inizio di qualcosa di importante.
Michele Dotti, è appena finito il workshop di due giorni sulle buone notizie. Come è nata l’idea? Perché l’avete organizzato? Sei soddisfatto?
Sono molto soddisfatto di questi due giorni ad Alcatraz perché abbiamo raccolto il lavoro fatto nell’ultimo anno insieme a Buone notizie, all’associazione e al sito. Tutto partì dal desiderio mio e di Silvio Malvolti di mettere intorno ad un tavolo tutte le esperienze che in Italia operano nel campo delle buone notizie. E non sono poche!
C’è Buone notizie, c’è Good news agency, c’è sicuramente Cacao, diretto da Simone Canova e ideato da Jacopo Fo.
Tutte queste esperienze finora hanno operato in maniera straordinaria ma sempre singolarmente, seppure in grande sintonia. Abbiamo cercato di fare rete, di mettere tutto insieme, di unire le forze.
Il prossimo passo deve essere la costituzione di una rete stabile attraverso un portale, un sito aggregatore o cose del genere. Vogliamo unire le forze non soltanto in maniera occasionale ma più stabile e strutturata perché comunque l’unione fa la forza e come dicono in Burkina Faso “quando le formiche uniscono le loro bocche possono trasportare un elefante”.
Credo quindi che possiamo realizzare un qualcosa che non è soltanto che può sembrare apparentemente impossibile: proporre le buone notizie in un mondo in cui prevale in maniera assoluta la cattiva notizia, la notizia tragica, il catastrofismo, l’allarmismo, la cronaca nera (che ormai è diventata imperante).
Tutto questo secondo me è fondamentale non solo per un dovere di verità e di onestà, per rendere conto della complessità della realtà, in cui ci sono tanti problemi ma ogni giorno anche meravigliose notizie che meritano di essere raccontate, ma anche per educare al cambiamento, per alimentare soprattutto nei nostri giovani la capacità di sperare, di sognare, la fiducia nelle proprie capacità di cambiare il mondo, senza la quale mi sembra difficile che questi sogni poi possano tradursi in realtà.
In due parole, che cos’è una buona notizia per Michele Dotti?
La buona notizia è una fotografia di uno scorcio della storia, di ciò che accade. Ogni giorno ci sono milioni, forse miliardi, di notizie che meriterebbero di essere raccontate, questo non è possibile evidentemente. Nella fase di selezione io credo che sia giusto dare spazio anche alle tante notizie di percorsi virtuosi che ogni giorno nel nord e nel sud del mondo vengono promossi da tante persone di buona volontà che stanno già cambiando il mondo ed hanno portato a grandissimi progressi spesso invisibili ma significativi per milioni di persone, per l’ambiente, per l’occupazione.
Io credo che dare voce a questi percorsi possa permettere di diffonderli, di vederli replicare ovunque e questo può portare ad un cambiamento enorme in tutti gli ambiti di cui ci si occupa.
Intanto a me piace la verità a qualunque costo, non sopporto le bugie; sentivo quindi l’esigenza di colmare lo scarto tra la realtà e la percezione della realtà. Avevo alcuni elementi e dati che mi sottolineavano una forte discordanza rispetto alla percezione diffusa nella società. Da qui è nato lo spunto di riflessione, l’idea iniziale del libro. Quando poi sono andato ad approfondire anche altri ambiti mi sono accorto che questo vale praticamente per tutti i settori. E qui mi è venuta un po’ la domanda che suggerisco anche nel libro: allora da dove nasce tanto catastrofismo? Nel libro, tutto sommato, suggerisco anche una risposta: tutto ciò non è casuale.
Io penso che la paura, come sempre è stato nel corso della storia, sia uno strumento di controllo che il potere gestisce abilmente per orientare le scelte e quindi in qualche modo diffonderla a larghe mani come sta accadendo soprattutto nell’ultimo anno, non solo in Italia, ma in generale nel Pianeta, è uno strumento utile da parte dei poteri forti per legittimare certe scelte.
Pensiamo ad esempio - come ha spiegato magnificamente anche il professor Arlacchi nel suo ultimo libro “L’inganno e la paura” – a come diffondere insicurezza e paura sia funzionale per legittimare gli aumenti degli investimenti nelle armi da parte di tutti i Paesi.
Oppure pensiamo ai fini elettorali e a quanto l’allarme sicurezza, assolutamente infondato da un punto di vista statistico, abbia giocato a favore di un certo esito nelle elezioni nel nostro Paese.
Io credo che occorra riportare le cose al loro posto facendo una ricerca seria da un punto di vista scientifico e sociologico, andando oltre le chiacchiere da bar e quella percezione che viene soltanto dallo stomaco. Dobbiamo riportare la testa e il cuore al centro della nostra capacità di leggere la realtà agendo quindi di conseguenza.
Difficile dire quali sono più importanti, è una questione di sensibilità personale.
Considerando il mio percorso personale che viene dal volontariato con Mani Tese nel Burkina Faso, io sono inevitabilmente colpito dalla diminuzione significativa della fame, dell’analfabetismo e della povertà.
In particolare trovo importantissima la diminuzione dell’analfabetismo; l’alfabetizzazione di massa , infatti, porterebbe a risolvere dall’interno in maniera endogena in tutti questi Paesi tanti altri problemi! Il fatto di assistere ad un crollo drastico dell’analfabetismo, per di più in pochi decenni, credo che sia una testimonianza straordinaria di come non sia vero che tutto vada peggio.
Oltre a questo libro, proprio di questi giorni è l’uscita di un nuovo libro scritto con Marco Boschini, “L’anticasta”. Il titolo può essere eloquente, comunque come lo presenteresti? Perché qualcuno dovrebbe leggerlo e comprarlo?
Io credo che il volume splendido pubblicato da Rizzo e Stella avesse in un primo momento alimentato in molti una grande speranza di cambiamento che non si è concretizzata perché purtroppo la casta ha saputo reagire in maniera pronta e ha legittimato in qualche modo se stessa facendo credere, attraverso il controllo dei mass media, che tutta l’Italia sia un Paese malato, viziato, che condivide le carenze, che cerca scorciatoie, privilegi e raccomandazioni. In questo modo ha legittimato se stessa facendo credere di essere essenzialmente rappresentativa del Paese che governa.
Pensate come queste cifre possano essere ridistribuite in servizi ai cittadini, ai giovani, agli anziani, ai bambini, alla sanità, all’istruzione. E pensate se tutti i comuni d’Italia facessero questo che cosa succederebbe, quante risorse libereremmo per servizi, quanti posti di lavoro creeremmo. Ecco quindi io credo che la casta non abbia nessuna legittimazione, non rappresenta il paese e la sua moralità, rappresenta soltanto se stessa e i propri interessi.
Noi lo vogliamo dire con forza: va delegittimata alla base, dobbiamo fare oggi quello che fecero i rivoluzionari francesi quando arrivarono a concepire una forte delegittimazione dei privilegi della nobiltà e a creare quei valori che stanno alla base della divisa della Francia che sono liberté, égalité, fraternité che ancora oggi possono essere considerati alla base della dichiarazione dei diritti dell’uomo di cui il nostro Paese forse ha ancora bisogno.
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