Costruire tre dighe in uno dei Paesi più aridi del continente africano ha il sapore di un bluff, di una truffa. Ha anche quei risvolti tipici, attesi e puntualmente verificatisi delle tragedie ambientali in cui a rimetterci non sono gli speculatori, ma quelle popolazioni cui le terre sono state scippate per costruire cattedrali al progresso. L’altra sfumatura, comune alle grandi opere, è quel gusto amaro ed insopportabile dell’inutilità che in Etiopia è diventata tre volte regola.
di Romina Arena - 10/2/10