Lo si può immaginare avvolto in una calda vestaglia mentre, sbuffando, accomoda la sua mole corpulenta alla scrivania, pronto a scrivere qualche altra pagina delle sue memorie.
Barney Panofsky è ormai un uomo curvo e immalinconito da una vita dissipata. Il fumo spesso dei suoi Montecristo e gli inevitabili bicchieri di whisky lo accompagnano anche ora, mentre redige il suo estremo tentativo di difesa morale e materiale dall’accusa di omicidio del suo migliore amico.
Un’accusa dalla quale è stato prosciolto per insufficienza di prove, ma che è agitata dai suoi nemici con incrollabile convinzione e da troppi ritenuta credibile. E allora l’anziano Barney con la risolutezza e l’istrionismo di sempre, scrive per difendersi, per raccontare la sua versione dei fatti. Fra incursioni nel passato e riflessioni presenti Barney srotola la sua vita di ebreo – canadese, trascorsa fra tensioni letterarie e redditizie attività professionali, come l’import – export del formaggio e le produzioni televisive; punteggiata da una varietà di rapporti umani dai più intensi a quelli più ipocriti. E segnata da tre donne, delle quali l’ultima, “l’adorata Miriam”, ha lasciato un vuoto insostenibile nel suo letto e nella sua vecchiaia. Ora che è fuori tempo massimo, tra fantasie, rancori e malinconie, il vecchio Barney affida l’elaborazione di tutto questo a quattro dita di whisky e allo scorrere della penna.
Seguire i saliscendi della vita di Barney Panofsky è un po’ come fare un viaggio in aereo potendo stare nella cabina del comandante. Ed è un volo emozionante, costellato di virate, vuoti d’aria, tempeste; o forse il volo di un aereo acrobatico, di quelli da esibizione. Nel frattempo puoi dare sfogo alla curiosità: hai un punto di osservazione privilegiato e vedi come il pilota manovra la cloche, quali leve tocca, mentre lui ti racconta i come e i perché di quei gesti e di quel volo. Ci è dato di addentrarci, con una curiosità che è quasi voyeuristica, nella mente agile e imperfetta di un uomo che ha condotto una vita densa. Lungo le pagine Barney ingaggia una lotta con la sua memoria e la sua coscienza per far riaffiorare i ricordi di una vita. Spesso sbaglia, a volte esita e forse è addirittura reticente. Ma non importa, questa è la sua versione dei fatti. Ed è questo che ci piace. Perché anche noi abbiamo la nostra, sempre.
Ne esce un ritratto psicologico di una vivacità e di una profondità rare. E’ un personaggio contraddittorio, un uomo fallibile, spesso scomposto perché timoroso della sua mediocrità, esattamente come gli uomini veri. E’umano e ce lo racconta: è fazioso, scorretto e vendicativo, ma anche appassionato, fragile e, qualche volta, persino buono. E ancora: è sarcastico e uggioso, entusiasta e indolente, furbo e ingenuo. Non è certamente un eroe, ma neppure un anti–eroe, non possiamo identificarci pienamente con lui, ma è inevitabile avvertire un senso di complicità. Barney è vivo, diventa difficile credere che non esista. E per giunta ci assomiglia almeno un po’.
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