Dylan e Mingus sono totalmente immersi in questa cultura/controcultura che li unisce nella loro adolescenza. E che poi li divide: perché di questo mondo fa parte anche la droga, protagonista dell'episodio-chiave che chiude la prima parte del romanzo e sancisce una rottura, fra Dylan e Mingus e nelle vite di ognuno dei due. Mingus conoscerà la prigione, mentre Dylan rientrerà nei ranghi della normale vita da “ragazzo bianco”: la ribellione vissuta ora alla maniera dei bianchi – cioè attraverso una musica “bianca” come il punk; Brooklyn lasciata per Manhattan; il college; le fidanzate; un futuro da giornalista musicale.
Ma le vite di Dylan e Mingus sono troppo saldamente intrecciate perché la separazione duri per sempre: i due si ritroveranno ancora una volta, in un epilogo che ribadisce l'importanza delle esperienze e dei sogni condivisi in quell'età di mezzo fra infanzia e vita adulta. Qualcosa che si tiene dentro per sempre, al di là del passare degli anni e dello scorrere impetuoso della vita.
Parallela alle vite di Dylan e Mingus scorre la storia dell'America: non la Storia dei grandi eventi politici, ma quella della società e della cultura, dell'arte e della musica. La fortezza della solitudine è infatti anche un viaggio dentro trent'anni di musica americana: dal soul al funky, dal punk alla disco music, fino al rap e all'hip-hop; generi musicali che portano nel loro dna la ribellione e l'anima dei diversi gruppi sociali ed etnici che li hanno creati, ancora una volta seguendo quella distinzione che è la base di tutto il romanzo: bianco o nero.
Bianco o nero è anche un certo modo di vivere l'arte. Ritirarti a dipingere in un eremo; o urlare la tua rabbia sui muri della città; o riunire il tuo vecchio gruppo r'n'b; o ancora stare a guardare e a descrivere, da giornalista, le vite degli altri: è questione di scelte, e di vissuto personale, e anche di razza.
Ma parallelo a tutto questo scorre un altro grande fiume, nelle cui acque tutti si bagnano: quello della droga, che nelle diverse sue forme (erba, cocaina, crack) e nelle diverse sue facce (da quella seducente e psichedelica di inizio anni '70 a quella scopertamente feroce e distruttiva degli anni '80) inonda le vite di ognuno, determinando le svolte più importanti. Qui non c'è bianco o nero, ma un destino comune.
Amare l'arte è benessere
|
|