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L’ABISSO DI MOROZZI. STORIA DI UNA CRESCITA
GIANLUCA MOROZZI

”Tra poco la mamma arriverà in Facoltà per festeggiare la laurea del suo unico figlio. Ma questa laurea è tutta un’invenzione e Gabriele è ancora fermo al quarto esame. Come uscirne?” Una situazione estrema è il pretesto per un racconto costruito attorno al disagio di diventare adulto, un ruolo sociale quantomai difficile per una generazione come quella attuale.

Nicola Francesco Dotti

Devo innanzitutto premettere che mi hanno regalato questo libro per la laurea. Lo premetto perché ciò ha influito moltissimo sul mio stato d’animo di lettore. L’Abisso racconta la storia di un ragazzo dell’Appennino bolognese che arriva a 48 ore dalla sua (presunta) laurea. Già, presunta perché lui, Gabriele da Monteritorto, ha dato solo 4 esami, gli altri li ha falsificati facendo vedere a casa un libretto ricolmo di bei voti.

Che fare ora? Cosa inventarsi stavolta per uscirne?

Tra poco l’anziana madre (per giunta vedova da quanto Gabriele era molto piccolo) sarà vestita di rosa confetto davanti alla Facoltà di Giurisprudenza in attesa che il figlio compia il sogno di ogni madre.

In questo quadro disperato, ci si aspetterebbe la fuga di Gabriele (quante storie – purtroppo vere - come questa), ma lui non può. Come ci resterebbe la madre? Probabilmente morirebbe di crepacuore sul portone della Facoltà…

In questo quadro Morozzi costruisce splendidamente la trama. Il travaglio interiore di Gabu è raccontato senza intellettualismi esistenzialisti, ma con quel pragmatismo quotidiano, quello dei personaggi reali. Gabriele non è un personaggio letterario, è un ragazzo. È il ragazzo che, come tutti noi, non si sente all’altezza delle aspettative.

Gabu non è un personaggio positivo, ha falsificato gli esami, ma ha un’innocenza di fondo, l’innocenza del fatto che un po’ tutti ci siamo ritrovati nella sua difficile situazione di dover rispondere alle grandi (seppur legittime) aspettative della famiglia.

L’Abisso di Gabriele è una storia molto concreta, quotidiana per chi ha tra i 20 ed i 25 anni. È quella nostra storia, non è quella lontana dei libri. Sfogliare questi capitoli in un affannoso conto alla rovescia verso l’ora in cui mamma Gelida arriverà sul portone della Facoltà è uno specchio delle ansie di un giovane, del giovane universitario di oggi.

Morozzi costruisce la storia in una trama estrema (tutti gli esami falsificati) per raccontare una storia invece molto più semplice, come gli studenti che affollano Bologna. L’estremizzazione del contesto serve per raccontare le ansie e le angosce di chi, abbandonando la protezione familiare (qui simboleggiata dal paese di Monteritorto), deve affrontare le sfide della vita, quel percorso di iniziazione all’età adulta simboleggiato dall’università. Gabriele fatica, come tutti, a sentirsi all’altezza e si perde nell’arrivo nella grande città, nelle distrazioni.

Un pensiero a parte merita Marianna, l’amore di Gabriele, che è - invece - l’idealtipo di ogni amore a vent’anni. Non quello da romanzo né da telenovela, ma l’amore semplice degli universitari, quello che visto da fuori sembra un po’ sfigato perché giri con una Marbella, ma se ci sei dentro è tutta la vita, la tua vita. E lo capisci soprattutto quando finisce. Vi lascio, invece, la curiosità di scoprire chi è Shuttertunder…

Gabriele non è un eroe, né tantomeno un anti-eroe. È la quotidianità degli universitari che passeggiano per Via Zamboni, la più universitaria di tutte le strade del mondo. L’Abisso è la paura di dover diventare adulti, ma si badi bene che non c’è una sindrome da Peter Pan. La condizione di Gabriele è quella di tutti i giovani chiamati all’università a studiare e diventare adulti. Dove adulti non è una condizione anagrafica, ma uno stato sociale che, in fondo, si riconosce come giusto, anche se arrivarci crea un certo disagio.

La condizione di Gabriele è così contemporanea, così attuale, così capace di comprendere le dinamiche giovanili di oggi da acquisire una validità che non ha età.

Il libro è consigliato a tutti i giovani, ma anche agli adulti che vogliono capire i loro figli. Sarei più restio a consigliarlo a dei liceali. Dal canto suo, Morozzi dimostra di essere un sicuro talento, anche se forse merita ancora un po’ di tempo prima di arrivare ad una piena maturazione letteraria.



(09/07/2007) - SCRIVI ALL'AUTORE


Amare l'arte è benessere

  
  
 
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