Esiste un luogo dove si può mettere in scena un autore lucido e magmatico come Muller, il teatro dell' Elfo.
Capace di contenere tutta la tensione che questo dramma in tre atti sprigiona, sanguinario e sanguinante di parole pesanti che hanno la capacità di prendere lo spettatore e non lasciarlo più, fino alla fine.
Una scena enorme, una palude, uno stagno con rive coperte di foglie, alberi, una parete metallica illuminata da neon tremolanti, delle amache dove dormono i figli di Medea, un'armatura in pezzi sullo sfondo, questa è la scena ideata da Carlo Sala, efficace per acuire il senso di straniamento che la storia porta con sé.
Heiner Muller è considerato l'erede eretico ( e post moderno) di Bertol Brecht e come lui diresse il Berliner Ensemble.
La sua è una visione lucida, paradossale e fatalista della storia, tanto che fu accusato di cinismo dai suoi contemporanei a causa della collaborazione con la Stasi, la polizia segreta della RDT.
Cosciente del destino apocalittico della società occidentale considerata incapace di creare un futuro concreto e con un passato ingombro di delitti e sangue, insofferente verso il quotidiano è stato capace di riportare in scena lo straniamento brechtiano grazie al rifiuto del reale e alla genesi di un' altra dimensione.
Questa pièce ci sorprende per la sua inquietante attualità, è stata rappresentata per la prima volta nel 1983 a Bochum, ma nasce dall’assemblaggio di materiali composti in momenti lontani tra loro. Riva abbandonata fu scritta trent’anni prima della sua andata in scena, Materiale per Medea circa quindici anni prima; solo Paesaggio con Argonauti venne composto per l'occasione.
Il tutto si è saldato in un’opera che ha una forza unica, forse proprio grazie a questa strana genesi che non la cristallizza in un tempo di cronaca, ma la dilata in un tempo storico fino a noi.
È centrale in questa rilettura del mito di Giasone, della spedizione degli Argonauti e della tragedia di Medea, accanto al tema del tradimento, quello della guerra di conquista.
Seguendo questa traccia nello spettacolo di Elio De Capitani le guerre di ieri e di oggi si materializzano nell’inusuale paesaggio scenografico e riecheggiano nelle suggestioni di una fitta colonna sonora. Il canto ancestrale di Francesca Breschi richiama Medea, interpretata da Cristina Crippa; la maga ripete riti di vendetta, lottando con Giasone, che si sdoppia nelle interpretazioni di Cristian Giammarini e Fabiano Fantini. Immagini di infiniti soldati di infinite epoche popolano i video di Francesco Frongia.
Amare l'arte è benessere
|
|